domenica, 1 Aprile 2007, ore 12:00
Ho letto con interesse le riflessioni di
Mariarita Cajani (Medico e Bambino 2007;26:83-4), collega attenta e impegnata,
sul significato, il ruolo e le responsabilità
del pediatra di famiglia nell’attuale contesto
dell’assistenza e della salute infantile.
Ho letto però con una sorta di inquietudine
la testimonianza allegata, espressione
del senso di smarrimento cui si fa riferimento
nella lettera. Essa ripropone una responsabilità
cruciale, precisa, difficile, propria
in particolare di noi pediatri di famiglia,
che è quella della definizione degli
ambiti del nostro intervento e della nostra
consulenza. In una relazione di aiuto, quale
è quella che si instaura nel contesto
quotidiano in cui operiamo, è cruciale la
consapevolezza di quello che sta succedendo
e di alcuni aspetti e situazioni che,
se non controllati, possono vincolare e
rendere davvero poco tollerabile ed estenuante
una professione che, svolta singolarmente
o in gruppo, è comunque impegnativa
ma anche, ogni giorno, ricca di stimoli.
Ci sono delle regole, degli aspetti organizzativi
e burocratici in cui, come pediatri,
siamo inseriti e di cui anche la famiglia
è importante tenga conto: reperibilità, disponibilità
telefonica - non illimitata, ma
congrua e garantita in orari precisi - modalità
di svolgimento dell’ambulatorio devono
essere comunicate con chiarezza e rese
comprensibili, capite e utilizzabili dai propri
interlocutori. La consultazione telefonica
è un “atto medico” qualificato, da utilizzare
in maniera corretta da parte della famiglia
e in modo costruttivo da parte del
pediatra, con domande precise che mettano
in luce il problema reale di salute e l’entità
del bisogno portato in quel momento
da quella famiglia. Tempo e fretta, soprattutto
se collegati a obiettivi troppo grandi
rispetto al tempo reale che il pediatra ha a
disposizione per ciascuna consultazione,
sono aspetti da gestire attentamente: il voler
troppo fare spesso non consente quel
tempo interno, psicologico, mentale, che è
cruciale per “mettersi in armonia con se
stessi e con gli altri”, come è ben scritto
nella lettera di Mariarita. E poi c’è il rischio,
sempre in agguato, della contrapposizione,
per lo stato emotivo del momento,
per antipatia, per sfiducia. E allora tutto diventa
impraticabile se, nell’ambito di una
situazione professionale, non vengono
adottati accorgimenti comunicativi atti a
“mettere in movimento” un ascolto, altrimenti
spontaneamente impossibile.
É ancora, è sempre una nostra responsabilità
rendere l’ambulatorio lo spazio accogliente
della cura, della prevenzione,
dell’informazione rigorosa e corretta. Lo è
anche, non meno impegnativo, il saper indicare
alla famiglia con chiarezza, correttezza
e coerenza, come è possibile utilizzare
nel modo migliore la nostra professionalità.
Zanetto
Pediatra di famiglia, Vimercate (Milano)