Quale pediatra per quale perdiatria: il Forum di PisaL'editoriale di F. Marchetti e F. Panizon
Medico e Bambino 2006;8:483-84
Su Area Pediatrica di giugno
1, il presidente della SIP, prof.
Giuseppe Saggese, ha scritto un editoriale che è al tempo
stesso la sintesi del Forum 'Quale pediatra per quale pediatria'.
Un editoriale e un Forum che contengono molte interessanti
risposte condivise ad alcuni quesiti che Medico e
Bambino, ma in realtà tutti i pediatri italiani, si sono posti in
questi anni e ancora si pongono, di fronte al continuo cambiamento
dei bisogni assistenziali e alla relativa rigidità delle
risposte e delle strutture
2. L’editoriale, e le conclusioni del
Forum, costituiscono il punto di riferimento per ogni prossima
discussione (o operazione) sull’argomento; e, sebbene siano
stati sicuramente letti dalla maggior parte dei pediatri italiani,
ci sembra più che opportuno che anche questa Rivista ne
dia (con l’invito a leggerla in extenso) una sintesi, e le dedichi
un breve commento; o, se volete, una nuova, difficile,
apertura di discussione, per andare avanti, per fare in modo
che l’applicazione sul campo delle importanti conclusioni del
Forum si accompagnino a un percorso di riflessione, di verifica
e di studio.
Le ragioni del Forum
I punti critici dell’assistenza/formazione pediatrica italiana,
che rappresentano i motivi e i presupposti del Forum sono
così riassunti, in apertura: Il Sistema sanitario italiano prevede
che, per i bambini fino a 14 anni, il medico di riferimento
sul territorio sia il pediatra e non il medico dell’adulto.
Una scelta che rappresenta un grande progresso culturale, sociale
e assistenziale, differenziandoci in positivo dal resto
dell’Europa. In ospedale, il nostro sistema prevede che i bambini
siano assistiti in area pediatrica fino ai 18 anni. Purtroppo,
il mantenimento di questo modello è messo a rischio
dal ridotto numero di nuovi ingressi alla Scuola di specializzazione
in Pediatria, per cui si formano meno pediatri di
quanti ne vadano in pensione.
inizio
Le proposte del Forum
Si è convenuto sui seguenti punti:
Per l’assistenza:
a) ridimensionare la rete pediatrica ospedaliera
convertendo le piccole UO in strutture di assistenza diurna
di supporto alle cure primarie e chiudendo i punti nascita
con meno di 500 parti;
b) trattare i codici bianchi fuori dell’ospedale,
ottimizzando la presenza del pediatra di famiglia
dalle 8 alle 20 per 7 giorni alla settimana;
c) assicurare
la continuità assistenziale realizzando una rete pediatrica regionale
dell’emergenza-urgenza, mediante una migliore integrazione
Ospedale-Territorio, con il coinvolgimento del
Pronto Soccorso generale e pediatrico, dei medici del servizio
di continuità assistenziale e del 118;
d) migliorare l’offerta di
salute all’adolescente (Progetto Salute Adolescente);
e) realizzare
un’assistenza multisettoriale e integrata per i bambini
e gli adolescenti con patologia cronica e rara, potenziando
i servizi alle famiglie.
Per la formazione:
a) a livello di diploma universitario dare
maggiore peso (in crediti) al Corso integrato di pediatria,
considerando che riguarda il 20% della popolazione;
b) implementare
l’insegnamento e l’attività clinica concernenti la
neurologia pediatrica, il comportamento e lo sviluppo;
c) richiedere
alle Facoltà di Medicina che ne siano sprovviste un
corso di laurea infermieristica pediatrica;
d) dotare le Scuole
di specializzazione di standard omogenei e in linea con i
requisiti europei, orientando maggiormente la formazione
agli aspetti professionalizzanti;
e) adoperarsi per ottenere un
maggiore numero di specializzandi onde evitare la futura
carenza di pediatri.
inizio
Novità importanti che richiedono qualche riflessione
La maggior parte dei singoli orientamenti indicati, nessuno
dei quali è peraltro né indolore né di facile realizzazione,
meno che meno in una 'Italia delle regioni', quale il nostro
Paese è diventato e sta diventando, corrispondono certamente
a un 'sentire comune' e sono il risultato di una discussione
e condivisione democratica, importante anche nel metodo
con cui è stata realizzata (definizione dei bisogni, gruppi
di lavoro, 'concertazione'). Per molti aspetti alcune delle
conclusioni a cui si è giunti sono “rivoluzionarie”: chiusura dei
reparti con meno di 500 parti/anno, riconversione dell’assistenza
pediatrica ospedaliera, rete di emergenza (sull’esempio
di sistemi avanzati presenti in altri Paesi europei)3, assistenza
integrata al bambino e alla famiglia con patologia
cronica.
Tuttavia, su alcuni temi (che poi sono trasversali al modello di
assistenza pediatrica italiana), è forse mancata, o era troppo
difficile, una discussione più radicale. Confessiamo che si
tratta di una discussione 'troppo a monte' (e forse troppo
teorica) per essere utile; ma nello stesso tempo ci sembra che
sia impossibile non farla.
inizio
Le trappole del sistema: insicurezza delle famiglie
e mancato ricambio dei pediatri
Le trappole, o i colli di bottiglia di fronte ai quali si trova la pediatria
italiana, e che si percepiscono chiaramente dai temi
del consenso, sono sostanzialmente due.
La prima è rappresentata dal continuo aumento del senso di
insicurezza delle famiglie, in un tempo, in un Paese, e per una
età anagrafica in cui la sicurezza sanitaria è più che largamente
garantita; questo rende la urgenza-emergenza fatta di
codici bianchi il problema centrale dell’oggi. Un ricorso dei
codici bianchi (ma anche dei codici verdi nel modello assistenziale
auspicato) alla figura del pediatra di famiglia (PdF)
(con disponibilità per 12 ore al giorno e 7 giorni su 7) ha il
doveroso senso di ricondurre il bambino (e la famiglia) in un
ambito assistenziale più ragionevole ed efficace (quello del
medico di fiducia), con una ricaduta inevitabile in termini di
migliore organizzazione delle cure, di risparmio economico
e di risorse. Ma è lecito chiedersi se un’assistenza ambulatoriale
più continuativa possa davvero garantire, con il tempo,
un migliore progresso culturale, sociale e assistenziale. Occorrerà
attrezzarsi per verificarlo, con indicatori forti in termini
di salute e bisogni. Una sfida per la PdF che in questo
momento ha la necessità (e forse il dovere) di cambiare, associandosi
(sinora così non è stato) e lavorando in una prospettiva
socio-sanitaria2.
L’altra trappola (che si ricollega in qualche modo alla prima)
è rappresentata dal mancato ricambio generazionale dei pediatri,
che sta dietro alla richiesta di un accesso allargato alla specialità.
Entrambi i problemi hanno una radice comune
nell’anomalia italiana. Il modello italiano dell’assistenza e
della formazione pediatrica è rimasto un’esperienza isolata
non solo in Europa, ma nel mondo. Tutti lo abbiamo sempre
considerato un enorme progresso (appunto culturale, sociale
e assistenziale) e ne siamo ancora profondamente convinti.
Ma, per dire che sia veramente così, è necessario avere prove
oggettive, prove “esterne” al corpo pediatrico; e forse sarebbe
il caso di cercarle, per noi stessi, o meglio ancora di
produrle. Non possediamo indici forti che lo confermino. Se
guardiamo all’indice più grossolano (poiché la mortalità infantile
non differisce significativamente tra i Paesi europei),
cioè al tasso dei ricoveri, certamente non è così (103,6 per
1000 bambini, il doppio e più del doppio rispetto a Inghilterra
e a Stati Uniti). Se guardiamo al desiderio e alle capacità
di essere genitori, certamente non è così; se guardiamo
all’allattamento al seno, non è così; se si guarda all’obesità,
non è così.
La formazione
Resta ancora da domandarci se per il nostro modello vadano
perfettamente bene gli standard europei di formazione e di ingaggio
dei pediatri e dei medici. Il dare un peso maggiore alla
pediatria nel curriculum universitario è desiderio di tutti i
pediatri, ma è in controtendenza rispetto al fatto che, in Italia,
sono solo i pediatri che fanno la pediatria. Il proporre un
allargamento del numero dei pediatri, alla fine di un ventennio
di denatalità, e di una critica riduzione della morbilità
pediatrica grave deve avere una motivazione che ragiona,
più che sulle carenze dei posti da coprire attuale, sugli aspetti
organizzativi futuri che il Forum ha discusso e che propone
con molta concretezza e precisione: chiusura dei reparti inutili,
accorpamento, rete di emergenza, assistenza integrata ai
malati cronici. Se tutto questo davvero avverrà e se la PdF
sarà davvero di gruppo (per aree territoriali ragionevoli e
non per singola unità per numero di bambini), di quanti pediatri
avremo davvero bisogno?
inizio
La pediatria ospedaliera
Un ultimo aspetto riguarda la pediatria ospedaliera (PO), che
si dichiara in crisi: di identità, di rapporti, di ruolo. A tale riguardo
esistono, per ogni ambito territoriale e regionale, bisogni
di assistenza che devono essere modulati e razionalizzati.
È più facile pensare che la pediatria garantisca servizi efficienti
e che ci si adoperi per migliorare la qualità delle cure,
occupandosi di misurarne i risultati. Da questo dipende la
struttura organizzativa che si richiede a un determinato reparto
di pediatria (che dovrebbe rientrare in un piano programmatico
regionale). Al contrario, la pratica dell’aziendalizzazione
si occupa di utilizzare i dati disponibili solo per
misurare “fatturati”. Riteniamo che si potrebbe trovare uno
spazio interno a ciascuna realtà ospedaliera-territoriale per
far fronte “autonomamente” alla crisi denunciata: questo, a
partire da misure di concretezza assistenziale, e iniziando
proprio dalla organizzazione del Pronto Soccorso e dalla
possibilità di gestire la maggior parte dei pazienti mediante
l’osservazione breve (gestita da pediatri) anziché mediante il
più remunerativo ricovero formalizzato4. Ci sembra ancora
che un progetto territoriale comune, di cui si parla nel Forum
(nella disponibilità di orari flessibili, in reti di gruppo, in ruoli
di interscambio), potrebbe riuscire di giovamento e di alleggerimento
del lavoro sia ai PdF che agli ospedali. Un recente
progetto sperimentale parla di funzioni del PdF svolte
dai pediatri ospedalieri; di inserimento dei PdF in attività
ospedaliere; di sviluppo di progetti specifici su bisogni di salute
speciali; di sussidiarietà reciproca tra ospedale e pediatria
di gruppo.
La crisi della PO non è tuttavia solo organizzativa, economica,
e di una medicina rivolta sempre di più “a difendersi”. La
motivazione è imprescindibile (nella vita e in particolare nel
lavoro) dalla qualità di quello che si fa. La pediatria in Italia
ha vissuto una rapida crescita, che ha escluso per molti aspetti
proprio la PO di I livello. Una pediatria indispensabile per
la qualità assistenziale, ma che ha sofferto e continua a soffrire
della sudditanza dalle PO di II livello (quelle ad alta complessità
assistenziale) e della difficile integrazione con la PdF.
Spesso ci si è adagiati su livelli di qualità appena sufficienti,
senza uno sguardo rivolto oltre le proprie mura ospedaliere.
Eppure sono tanti gli esempi che vanno nella direzione opposta:
reparti di pediatria aperti ai PdF, riunioni settimanali su
casi clinici, aggiornamento efficace per problemi, lettere di dimissione
davvero informative, riscontro da parte dell’utenza
di una buona qualità assistenziale, ricoveri sempre più appropriati5.
Parliamone ancora
Alla conclusione di queste lunghe riflessioni, di possibile integrazione
(più culturale e ideale che pratica) alla sintesi del
documento del Forum, ci sembra fondamentale richiamare i
lettori a una discussione allargata, che ci auguriamo ragioni
in senso generale e di prospettive per la pediatria italiana,
piuttosto che al particolare o alla riaffermazione di un ruolo
che ci sentiamo di riconoscere e a cui in qualche modo Medico
e Bambino ha contribuito in questi anni. Ma è tempo ormai
di guardare avanti, in una prospettiva necessariamente
integrata, di programmazione e di risultati. Il Forum “Quale
pediatra per quale pediatria” rappresenta un importante passo
avanti in questa direzione.
Bibliografia
1. Saggese G. Editoriale. Area Pediatrica 2006;7(6):3-4.
2. Marchetti F. Possono i pediatri accettare un cambiamento nella loro
pratica? Medico e Bambino 2005;24(8):499-500.
3. Jewkes F. Prehospital management of the acutely ill child. Arch Dis
Child 2006;91:462-4.
4. Guglia E, Marchi AG, Bassanese, S, Norbedo S, Messi G. Osservazione
temporanea: ruolo e prospettive tra Ospedale e territorio. Medico
e Bambino 2004;23(9):567-70.
5. Parizzi F, D’Andrea N, Mastroiacovo PP, et al. Appropriatezza dei ricoveri
in pediatria. Studio prospettico multicentrico nell’anno 2003. Quaderni
acp 2006;13(4):141-5.
Federico Marchetti, Franco Panizon