IL FUTURO DELLA PEDIATRIA IN ITALIA

Quale pediatra per quale perdiatria: il Forum di Pisa
domenica, 2 Luglio 2006, ore 12:00
Quale pediatra per quale perdiatria: il Forum di Pisa
L'editoriale di F. Marchetti e F. Panizon
Medico e Bambino 2006;8:483-84

Su Area Pediatrica di giugno1, il presidente della SIP, prof. Giuseppe Saggese, ha scritto un editoriale che è al tempo stesso la sintesi del Forum 'Quale pediatra per quale pediatria'. Un editoriale e un Forum che contengono molte interessanti risposte condivise ad alcuni quesiti che Medico e Bambino, ma in realtà tutti i pediatri italiani, si sono posti in questi anni e ancora si pongono, di fronte al continuo cambiamento dei bisogni assistenziali e alla relativa rigidità delle risposte e delle strutture2. L’editoriale, e le conclusioni del Forum, costituiscono il punto di riferimento per ogni prossima discussione (o operazione) sull’argomento; e, sebbene siano stati sicuramente letti dalla maggior parte dei pediatri italiani, ci sembra più che opportuno che anche questa Rivista ne dia (con l’invito a leggerla in extenso) una sintesi, e le dedichi un breve commento; o, se volete, una nuova, difficile, apertura di discussione, per andare avanti, per fare in modo che l’applicazione sul campo delle importanti conclusioni del Forum si accompagnino a un percorso di riflessione, di verifica e di studio.

Le ragioni del Forum
I punti critici dell’assistenza/formazione pediatrica italiana, che rappresentano i motivi e i presupposti del Forum sono così riassunti, in apertura: Il Sistema sanitario italiano prevede che, per i bambini fino a 14 anni, il medico di riferimento sul territorio sia il pediatra e non il medico dell’adulto. Una scelta che rappresenta un grande progresso culturale, sociale e assistenziale, differenziandoci in positivo dal resto dell’Europa. In ospedale, il nostro sistema prevede che i bambini siano assistiti in area pediatrica fino ai 18 anni. Purtroppo, il mantenimento di questo modello è messo a rischio dal ridotto numero di nuovi ingressi alla Scuola di specializzazione in Pediatria, per cui si formano meno pediatri di quanti ne vadano in pensione.

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Le proposte del Forum
Si è convenuto sui seguenti punti:
Per l’assistenza:
a) ridimensionare la rete pediatrica ospedaliera convertendo le piccole UO in strutture di assistenza diurna di supporto alle cure primarie e chiudendo i punti nascita con meno di 500 parti;
b) trattare i codici bianchi fuori dell’ospedale, ottimizzando la presenza del pediatra di famiglia dalle 8 alle 20 per 7 giorni alla settimana;
c) assicurare la continuità assistenziale realizzando una rete pediatrica regionale dell’emergenza-urgenza, mediante una migliore integrazione Ospedale-Territorio, con il coinvolgimento del Pronto Soccorso generale e pediatrico, dei medici del servizio di continuità assistenziale e del 118;
d) migliorare l’offerta di salute all’adolescente (Progetto Salute Adolescente);
e) realizzare un’assistenza multisettoriale e integrata per i bambini e gli adolescenti con patologia cronica e rara, potenziando i servizi alle famiglie. Per la formazione:
a) a livello di diploma universitario dare maggiore peso (in crediti) al Corso integrato di pediatria, considerando che riguarda il 20% della popolazione;
b) implementare l’insegnamento e l’attività clinica concernenti la neurologia pediatrica, il comportamento e lo sviluppo;
c) richiedere alle Facoltà di Medicina che ne siano sprovviste un corso di laurea infermieristica pediatrica;
d) dotare le Scuole di specializzazione di standard omogenei e in linea con i requisiti europei, orientando maggiormente la formazione agli aspetti professionalizzanti;
e) adoperarsi per ottenere un maggiore numero di specializzandi onde evitare la futura carenza di pediatri.

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Novità importanti che richiedono qualche riflessione
La maggior parte dei singoli orientamenti indicati, nessuno dei quali è peraltro né indolore né di facile realizzazione, meno che meno in una 'Italia delle regioni', quale il nostro Paese è diventato e sta diventando, corrispondono certamente a un 'sentire comune' e sono il risultato di una discussione e condivisione democratica, importante anche nel metodo con cui è stata realizzata (definizione dei bisogni, gruppi di lavoro, 'concertazione'). Per molti aspetti alcune delle conclusioni a cui si è giunti sono “rivoluzionarie”: chiusura dei reparti con meno di 500 parti/anno, riconversione dell’assistenza pediatrica ospedaliera, rete di emergenza (sull’esempio di sistemi avanzati presenti in altri Paesi europei)3, assistenza integrata al bambino e alla famiglia con patologia cronica. Tuttavia, su alcuni temi (che poi sono trasversali al modello di assistenza pediatrica italiana), è forse mancata, o era troppo difficile, una discussione più radicale. Confessiamo che si tratta di una discussione 'troppo a monte' (e forse troppo teorica) per essere utile; ma nello stesso tempo ci sembra che sia impossibile non farla.

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Le trappole del sistema: insicurezza delle famiglie e mancato ricambio dei pediatri
Le trappole, o i colli di bottiglia di fronte ai quali si trova la pediatria italiana, e che si percepiscono chiaramente dai temi del consenso, sono sostanzialmente due.
La prima è rappresentata dal continuo aumento del senso di insicurezza delle famiglie, in un tempo, in un Paese, e per una età anagrafica in cui la sicurezza sanitaria è più che largamente garantita; questo rende la urgenza-emergenza fatta di codici bianchi il problema centrale dell’oggi. Un ricorso dei codici bianchi (ma anche dei codici verdi nel modello assistenziale auspicato) alla figura del pediatra di famiglia (PdF) (con disponibilità per 12 ore al giorno e 7 giorni su 7) ha il doveroso senso di ricondurre il bambino (e la famiglia) in un ambito assistenziale più ragionevole ed efficace (quello del medico di fiducia), con una ricaduta inevitabile in termini di migliore organizzazione delle cure, di risparmio economico e di risorse. Ma è lecito chiedersi se un’assistenza ambulatoriale più continuativa possa davvero garantire, con il tempo, un migliore progresso culturale, sociale e assistenziale. Occorrerà attrezzarsi per verificarlo, con indicatori forti in termini di salute e bisogni. Una sfida per la PdF che in questo momento ha la necessità (e forse il dovere) di cambiare, associandosi (sinora così non è stato) e lavorando in una prospettiva socio-sanitaria2.
L’altra trappola (che si ricollega in qualche modo alla prima) è rappresentata dal mancato ricambio generazionale dei pediatri, che sta dietro alla richiesta di un accesso allargato alla specialità.
Entrambi i problemi hanno una radice comune nell’anomalia italiana. Il modello italiano dell’assistenza e della formazione pediatrica è rimasto un’esperienza isolata non solo in Europa, ma nel mondo. Tutti lo abbiamo sempre considerato un enorme progresso (appunto culturale, sociale e assistenziale) e ne siamo ancora profondamente convinti. Ma, per dire che sia veramente così, è necessario avere prove oggettive, prove “esterne” al corpo pediatrico; e forse sarebbe il caso di cercarle, per noi stessi, o meglio ancora di produrle. Non possediamo indici forti che lo confermino. Se guardiamo all’indice più grossolano (poiché la mortalità infantile non differisce significativamente tra i Paesi europei), cioè al tasso dei ricoveri, certamente non è così (103,6 per 1000 bambini, il doppio e più del doppio rispetto a Inghilterra e a Stati Uniti). Se guardiamo al desiderio e alle capacità di essere genitori, certamente non è così; se guardiamo all’allattamento al seno, non è così; se si guarda all’obesità, non è così.

La formazione
Resta ancora da domandarci se per il nostro modello vadano perfettamente bene gli standard europei di formazione e di ingaggio dei pediatri e dei medici. Il dare un peso maggiore alla pediatria nel curriculum universitario è desiderio di tutti i pediatri, ma è in controtendenza rispetto al fatto che, in Italia, sono solo i pediatri che fanno la pediatria. Il proporre un allargamento del numero dei pediatri, alla fine di un ventennio di denatalità, e di una critica riduzione della morbilità pediatrica grave deve avere una motivazione che ragiona, più che sulle carenze dei posti da coprire attuale, sugli aspetti organizzativi futuri che il Forum ha discusso e che propone con molta concretezza e precisione: chiusura dei reparti inutili, accorpamento, rete di emergenza, assistenza integrata ai malati cronici. Se tutto questo davvero avverrà e se la PdF sarà davvero di gruppo (per aree territoriali ragionevoli e non per singola unità per numero di bambini), di quanti pediatri avremo davvero bisogno?

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La pediatria ospedaliera
Un ultimo aspetto riguarda la pediatria ospedaliera (PO), che si dichiara in crisi: di identità, di rapporti, di ruolo. A tale riguardo esistono, per ogni ambito territoriale e regionale, bisogni di assistenza che devono essere modulati e razionalizzati. È più facile pensare che la pediatria garantisca servizi efficienti e che ci si adoperi per migliorare la qualità delle cure, occupandosi di misurarne i risultati. Da questo dipende la struttura organizzativa che si richiede a un determinato reparto di pediatria (che dovrebbe rientrare in un piano programmatico regionale). Al contrario, la pratica dell’aziendalizzazione si occupa di utilizzare i dati disponibili solo per misurare “fatturati”. Riteniamo che si potrebbe trovare uno spazio interno a ciascuna realtà ospedaliera-territoriale per far fronte “autonomamente” alla crisi denunciata: questo, a partire da misure di concretezza assistenziale, e iniziando proprio dalla organizzazione del Pronto Soccorso e dalla possibilità di gestire la maggior parte dei pazienti mediante l’osservazione breve (gestita da pediatri) anziché mediante il più remunerativo ricovero formalizzato4. Ci sembra ancora che un progetto territoriale comune, di cui si parla nel Forum (nella disponibilità di orari flessibili, in reti di gruppo, in ruoli di interscambio), potrebbe riuscire di giovamento e di alleggerimento del lavoro sia ai PdF che agli ospedali. Un recente progetto sperimentale parla di funzioni del PdF svolte dai pediatri ospedalieri; di inserimento dei PdF in attività ospedaliere; di sviluppo di progetti specifici su bisogni di salute speciali; di sussidiarietà reciproca tra ospedale e pediatria di gruppo.
La crisi della PO non è tuttavia solo organizzativa, economica, e di una medicina rivolta sempre di più “a difendersi”. La motivazione è imprescindibile (nella vita e in particolare nel lavoro) dalla qualità di quello che si fa. La pediatria in Italia ha vissuto una rapida crescita, che ha escluso per molti aspetti proprio la PO di I livello. Una pediatria indispensabile per la qualità assistenziale, ma che ha sofferto e continua a soffrire della sudditanza dalle PO di II livello (quelle ad alta complessità assistenziale) e della difficile integrazione con la PdF. Spesso ci si è adagiati su livelli di qualità appena sufficienti, senza uno sguardo rivolto oltre le proprie mura ospedaliere. Eppure sono tanti gli esempi che vanno nella direzione opposta: reparti di pediatria aperti ai PdF, riunioni settimanali su casi clinici, aggiornamento efficace per problemi, lettere di dimissione davvero informative, riscontro da parte dell’utenza di una buona qualità assistenziale, ricoveri sempre più appropriati5.

Parliamone ancora
Alla conclusione di queste lunghe riflessioni, di possibile integrazione (più culturale e ideale che pratica) alla sintesi del documento del Forum, ci sembra fondamentale richiamare i lettori a una discussione allargata, che ci auguriamo ragioni in senso generale e di prospettive per la pediatria italiana, piuttosto che al particolare o alla riaffermazione di un ruolo che ci sentiamo di riconoscere e a cui in qualche modo Medico e Bambino ha contribuito in questi anni. Ma è tempo ormai di guardare avanti, in una prospettiva necessariamente integrata, di programmazione e di risultati. Il Forum “Quale pediatra per quale pediatria” rappresenta un importante passo avanti in questa direzione.

Bibliografia
1. Saggese G. Editoriale. Area Pediatrica 2006;7(6):3-4.
2. Marchetti F. Possono i pediatri accettare un cambiamento nella loro pratica? Medico e Bambino 2005;24(8):499-500.
3. Jewkes F. Prehospital management of the acutely ill child. Arch Dis Child 2006;91:462-4.
4. Guglia E, Marchi AG, Bassanese, S, Norbedo S, Messi G. Osservazione temporanea: ruolo e prospettive tra Ospedale e territorio. Medico e Bambino 2004;23(9):567-70.
5. Parizzi F, D’Andrea N, Mastroiacovo PP, et al. Appropriatezza dei ricoveri in pediatria. Studio prospettico multicentrico nell’anno 2003. Quaderni acp 2006;13(4):141-5.



Federico Marchetti, Franco Panizon
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