IL FUTURO DELLA PEDIATRIA IN ITALIA

Il contributo del dott. Angelo Spataro
mercoled�, 3 Gennaio 2007, ore 12:00
Argomento vasto, del quale si è molto parlato, per il quale si sono cercate negli anni diverse soluzioni e del quale si continua oggi a parlare senza però riuscire a ottenere alcuna forma di cambiamento (Medico e Bambino 2006;25:483).
Ho molto riflettuto negli anni passati su questo argomento e ho cercato di dare, nel mio piccolo, delle soluzioni al problema, occupandomi a Palermo, città dove lavoro, di dislessia e di disturbi del linguaggio e, successivamente, di ADHD e di screening dell’autismo e, successivamente, di tutto ciò che consegue a questi disturbi quando questi disturbi, come spesso accade, non vengono diagnosticati e quindi trattati: bassa autostima, difficoltà di inserimento nel gruppo dei coetanei, depressione, ansia, disturbi della personalità. Alla fine sono arrivato a una conclusione che purtroppo è questa: non ci sono ancora (almeno a Palermo, ma credo in quasi tutto il territorio nazionale) le condizione affinché non solo il pediatra di famiglia (PdF), ma anche il neuropsichiatra infantile e l’insegnante si occupino in modo completo ed efficace di questi argomenti.
E questo per vari motivi: perché manca una preparazione adeguata, perché manca la disponibilità dei medici sia materiale che spirituale, perché si è sopraffatti da una richiesta di prestazioni esagerata per problemi banali o addirittura inesistenti, che non permette al PdF di affrontare argomenti molto più importanti.
Non sono un pessimista, ma credo fermamente che sia molto difficile che il PdF riesca, nel prossimo futuro, ad adeguarsi ai nuovi bisogni di salute del bambino: i disturbi dello sviluppo, del comportamento, del comportamento alimentare, l’obesità, le difficoltà scolastiche, le difficoltà a socializzare, i disturbi di personalità, la depressione. Occorrerebbe un cambiamento, non solo della pediatria di famiglia ma della società in genere e della famiglia in modo particolare, per ottenere dei risultati in termini di assistenza appropriata ed efficace a vantaggio dei bambini e degli adolescenti. La mamma dovrebbe recuperare il suo ruolo e la sua serenità che ha perso per vari motivi: per la mancanza di qualsiasi forma di sostegno, per le difficoltà economiche che l’hanno condotta a entrare nel mondo del lavoro, per la disinformazione a cui è sottoposta quotidianamente soprattutto dai mass madia. Anche il padre dovrebbe recuperare il suo ruolo che è quello di dare sicurezza e protezione. Oggi il papà è ansioso quanto la mamma, e questa è una situazione paradossale perché oggi si diventa genitori molto più tardi, senza che ci sia però quella sicurezza e quella saggezza che dovrebbero derivare da una età più matura.
Oggi nascono pochi figli, e questi pochi figli sono considerati dai genitori dei “beni preziosi”. L’idea che un figlio possa ammalarsi o addirittura morire non è più accettata dai genitori come avveniva in passato, quando in una famiglia vi erano anche cinque o sei figli.
Oggi i figli devono “stare bene, subito e a tutti i costi”.
Anche noi medici abbiamo contribuito a creare questo stato di paura nella mente dei genitori: perché abbiamo prescritto e continuiamo a prescrivere farmaci per qualsiasi cosa, perché consigliamo vaccini per tutte le malattie, anche per quelle che non hanno complicazioni, che sono rare o che sono curabili con gli antibiotici, con la conseguenza che il genitore oggi è convinto che ogni raffreddore debba essere curato, perché se non curato si può trasformare in qualcosa di più grave; che si deve fare il vaccino contro la varicella perché anche di varicella si muore.
A complicare ulteriormente le cose si aggiungono gli ospedali che ricoverano per qualsiasi banalità (perché “è meglio tenere in osservazione il bambino in quanto la febbre può essere l’inizio di una grave patologia”) e che trasformano molte faringiti in polmoniti per fare cassa (vedi DRG), con la conseguenza che il genitore oggi è convinto che ogni febbre possa essere l’espressione di una polmonite, e da qui gli accessi impropri negli studi medici dei PdF e nei PS degli ospedali stessi. Possono una diversa formazione universitaria, un maggior numero di PdF, un maggior numero di ore di ambulatorio, una diversa pediatria di famiglia condurre a un cambiamento? No, sicuramente no se prima non si creano le basi per un cambiamento della società. Occorrono migliori condizioni economiche, una migliore cultura, una migliore politica per la famiglia, leggi a vantaggio dei minori, una maggiore serietà professionale e un maggiore e migliore impegno da parte dei medici, di chi fa le leggi, di chi fa informazione. Occorre infine un maggiore rispetto verso chi merita un grande rispetto: il bambino.

Angelo Spataro
Pediatra di famiglia, Palermo
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