IL FUTURO DELLA PEDIATRIA IN ITALIA

Il contributo del dott. Angelo Spataro
  • Mi pare una lettera bella e sincera; e che dice tutto. Lo sforzo per cambiare, la impossibilità a cambiare, il trovarsi prigionieri di una realtà che noi medici abbiamo contribuito a costruire. Una realtà fatta di un eccesso di attenzione e di cure, specialmente per il bambino ma non solo, che ha fatto sì che le cure non siano mai abbastanza, che non sia possibile lasciare un raffreddore senza almeno la soluzione fisiologica nel naso e la tosse senza almeno un po’ di cortisone per aerosol. Se non glieli dai, vuol dire che non gli dai abbastanza attenzione. Una realtà in cui si è predicato e prodotto tanta sicurezza (il 118, il Pronto Soccorso, i vaccini) da creare un disperato bisogno di sempre maggior sicurezza. E anche una realtà in cui il bambino è padrone e signore, e in cui i genitori chiedono non solo a se stessi, non solo ai pediatri, ma anche agli insegnanti, di servirlo e specialmente di promuoverlo.
    Come si comprende da quest’ultima battuta, il mio personale accordo con Spataro non riguarda solo la presa d’atto delle cose, non le conclusioni finali. Il bambino merita rispetto, sì certo; ma il rispetto deve basarsi sulla verità, e questo sembra divenuto impossibile, e questa impossibilità non sembra possa far bene né al bambino, né alla famiglia, né alla società. Le “agenzie” che si occupano del bambino, la famiglia, la scuola, la pediatria, mi sembra che stiano fallendo.
    E sono loro che dovrebbero, cambiando se stesse, cambiare la società. Capisco, mentre lo dico - e in questo concordo con Spataro - che questo è quasi impossibile. E che forse allora è inevitabile attendere che siano le cose a cambiare le cose. Ma questa risposta è molto parziale, non solo perché esprime uno stato d’animo piuttosto che un pensiero organico, ma anche perché le cose da dire, nel concreto, sarebbero molte di più. Il dibattito è appena iniziato.
    Franco Panizon
    giovedì, 4 Gennaio 2007, ore 12:00