Rivista di formazione e di aggiornamento professionale del pediatra e del medico di base,
realizzata in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri
Mi pare una lettera bella e sincera; e che
dice tutto. Lo sforzo per cambiare, la impossibilità
a cambiare, il trovarsi prigionieri di
una realtà che noi medici abbiamo contribuito
a costruire. Una realtà fatta di un eccesso
di attenzione e di cure, specialmente
per il bambino ma non solo, che ha fatto sì
che le cure non siano mai abbastanza, che
non sia possibile lasciare un raffreddore senza
almeno la soluzione fisiologica nel naso e
la tosse senza almeno un po’ di cortisone per
aerosol. Se non glieli dai, vuol dire che non
gli dai abbastanza attenzione. Una realtà in
cui si è predicato e prodotto tanta sicurezza
(il 118, il Pronto Soccorso, i vaccini) da
creare un disperato bisogno di sempre maggior
sicurezza. E anche una realtà in cui il
bambino è padrone e signore, e in cui i genitori
chiedono non solo a se stessi, non solo ai
pediatri, ma anche agli insegnanti, di servirlo
e specialmente di promuoverlo.
Come si comprende da quest’ultima battuta,
il mio personale accordo con Spataro
non riguarda solo la presa d’atto delle cose,
non le conclusioni finali. Il bambino merita
rispetto, sì certo; ma il rispetto deve basarsi
sulla verità, e questo sembra divenuto impossibile,
e questa impossibilità non sembra
possa far bene né al bambino, né alla famiglia,
né alla società. Le “agenzie” che si occupano
del bambino, la famiglia, la scuola,
la pediatria, mi sembra che stiano fallendo.
E sono loro che dovrebbero, cambiando se
stesse, cambiare la società. Capisco, mentre
lo dico - e in questo concordo con Spataro -
che questo è quasi impossibile. E che forse
allora è inevitabile attendere che siano le cose
a cambiare le cose. Ma questa risposta è
molto parziale, non solo perché esprime uno
stato d’animo piuttosto che un pensiero organico,
ma anche perché le cose da dire, nel
concreto, sarebbero molte di più. Il dibattito
è appena iniziato.
Come si comprende da quest’ultima battuta, il mio personale accordo con Spataro non riguarda solo la presa d’atto delle cose, non le conclusioni finali. Il bambino merita rispetto, sì certo; ma il rispetto deve basarsi sulla verità, e questo sembra divenuto impossibile, e questa impossibilità non sembra possa far bene né al bambino, né alla famiglia, né alla società. Le “agenzie” che si occupano del bambino, la famiglia, la scuola, la pediatria, mi sembra che stiano fallendo.
E sono loro che dovrebbero, cambiando se stesse, cambiare la società. Capisco, mentre lo dico - e in questo concordo con Spataro - che questo è quasi impossibile. E che forse allora è inevitabile attendere che siano le cose a cambiare le cose. Ma questa risposta è molto parziale, non solo perché esprime uno stato d’animo piuttosto che un pensiero organico, ma anche perché le cose da dire, nel concreto, sarebbero molte di più. Il dibattito è appena iniziato.