Il Blog del prof. Panizon

Ascaridi in salsa greca
giovedì, 21 Giugno 2012, ore 10:01
Avete visto? I poveri greci, spinti dalla disperazione, si sono tirati indietro, hanno ri-votato per i loro ascaridi; per quelli vecchi, quelli di sempre, per quelli stessi che hanno fatto i trucchetti per entrare nell’Euro, per quelli che hanno fatto la politica del malaffare, eguali ai nostri, per quelli che li hanno portati a un potenziale default. Tutt’altro che evitato.
Ma è così: la paura è inevitabilmente anche paura del nuovo. Mah, i poveri greci (ma anche i poveri italiani) mi fanno paura e compassione. Succederà così anche da noi. Dopo le elezioni ci ritroveremo tra i piedi, anche noi, gli ascaridi di sempre, in salsa italiana, conditi col nostro delizioso ragout alla bolognese: quelli del malgoverno, quelli del finanziamento (di fatto un finanziamento pubblico occulto) ai partiti, dimenticato da tutti, eccetto che da loro, i politici fruitori, quelli del debito enorme, insostenibile, quelli delle opere incompiute, delle piscine per nessuno, degli ospedali costruiti e abbandonati, del territorio sprotetto, dei due milioni di case abusive, non registrate, fantasma, dei buchi di bilancio, voragini, di questa e quella Regione, di questo o quel Comune. I nostri politici dalla faccia di bronzo, inossidabile.
ASCARIDI (magari)
lunedì, 18 Giugno 2012, ore 14:50
Fanno quasi ridere. Fanno quasi piangere. Combattono, in Parlamento e al Senato, gli Alti Luoghi dell’Alta Politica perché possano entrare in quegli Alti Luoghi inquisiti o condannati, almeno fino al 2018. Si tratta di loro stessi, dei loro amici, dei loro cugini. Dei corruttori, grandi e piccoli. Ma come si fa, non c’è vergogna? Non c’è limite alla vergogna di quei quattro che hanno occupato le Camere e nessuno gliele tira via, perché se anche andassero a votarsi da soli andrebbe bene lo stesso. Mucchio di vermi. Mi sembrano (ormai io sono uno degli ultimi ad averli visti dal vivo) quei vasi da notte con dentro un chilo di ascaridi appena emessi, cacciati dal vermicida, che ancora, poverini, si contorcevano lentamente. Ma loro, i politici, non sono stati ancora scaricati nel vaso, che gli aspetta e che gli spetta, ma sono ancora nelle nostre viscere. Nelle NOSTRE VISCERE.
Mentre io penso, mentre in molti pensano, che tutto il Paese dovrebbe cambiare, cominciando da dappertutto, da loro, che se ne dovrebbero andare in silenzio col loro vitalizio in tasca, ma anche da noi stessi, dalla qualità della nostra partecipazione alla difesa dei BENI COMUNI, dalla nostra partecipazione civile, ma anche dal nostro comportamento quotidiano, dal risparmio e riciclaggio della plastica, ineliminabile e inquinante, dal rispetto dell’ambiente, dall’educazione di chi deve essere educato (noi medici saremmo tra quelli che possono farlo, direttamente o indirettamente), dall’impegno alla riduzione e allo smaltimento delle smaltimento delle spazzature (siamo all’eterna ricerca di discariche: ma ci pensate? Il mondo trasformato in discarica, perché ciascuno di noi, in Italia, produce 300 kg all’anno di rifiuti domestici, e/o perché la raccolta differenziata, a Roma, Roma, caput mundi, è troppo difficile).
Banalità, banalità, ripetizione, ripetitività. Intanto ci siamo incastrati (ci hanno incastrati, loro, quelli che guadagnano, i nostri padroni, quelli che guidano il pensiero e incanalano i danari del mondo, non si sa neanche bene per cosa farne) in un mondo falso, televisivo, luccicante, nemmeno desiderabile.
Sapete qual è il costo mondiale della pubblicità? Di quella fata cattiva che ci tiene incantanti alla televisione e ci fa vedere e sognare un mondo che non c’è comperioggipaghidomani, e che manda a ciascuno di noi 40 kg di carta di propaganda all’anno, distruggendo i boschi? Un poco di meno della spesa mondiale per armamenti, circa 500 miliardi di euro all’anno, di cui una trentina (pensate a quanta fatica fa il povero Monti per racimolarli) in Italia. Tutto per farci venire il desiderio di cose che altrimenti non desidereremmo?
Scusatemi; l’ho fatta lunga e anche disordinata. Ma almeno vi ho dato dei numeri, che non so neanche quanto c’entrano, ma che non possono non far pensare.
Cari amici, non so fino a quando continuerò in queste inutili tirate disarticolate, contro questo e contro quello. Vi ho lasciati in pace non per volontà, ma per malattia, non sapevo se ero di qua e se ero di là. Comunque, non dura molto, non posso durar molto. Mi vergogno, ogni tanto, di usare questo spazio, per me, per dire quello che mi salta in testa, ormai sempre più lontano dalla pediatria, ma forse più vicino alla vita; ma non lo rubo a nessuno. Quando lo troverete vuoto sarà come una foglia caduta dall’albero. Nessuno se ne accorge, neanche il netturbino.