domenica, 3 Dicembre 2006, ore 12:00
Ho letto e apprezzato
l'editoriale di F. Marchetti (Medico e Bambino 2005;24: 499)
che riesce a far riflettere ed evidenzia molti dei problemi a
cui la comunità pediatrica deve tentare di dare
una risposta.
Partirei dalla frase riportata dall'Autore "Non
esistono ricette per abbellire la natura. Si tratta solo di
vedere". I veri problemi dell'infanzia in Italia sono
fotografati dal Rapporto sulla Salute del Bambino (www.acp.it)
e dal libro "Nascere e crescere oggi in Italia", scritto da
Maurizio Bonati e Rita Campi. Potremmo tentare una sintesi
estrema delle priorità, riassumendole in
disuguaglianza, salute mentale, cronicità, salute
ambientale e sistema informativo.
Tutto questo diventa ancor
più pressante se viene analizzato nell'ottica
della devolution in atto e tenendo conto del fallimento
del Dipartimento materno-infantile. Le differenze Nord-Sud
rischiano di essere ingigantite (cure perinatali, sistema informativo)
e di trovare risposte parziali. Fin qui i problemi che
appaiono molto rilevanti dal punto di vista della salute in
ottica relazionale e sociale. La domanda a cui
bisogna rispondere prioritariamente è se la
pediatria, in ogni sua componente, viene formata adeguatamente
in questi ambiti. La mia risposta è che la
pediatria tutta è lontana, come preparazione e
sensibilità, da queste problematiche. Quanti
pediatri conoscono i piani di zona?
Quanto tempo viene
dedicato alla comunicazione-relazione? Il punto 5
della Carta di Firenze (Quaderni acp 2005;12(5):185) recita:
"Il tempo dedicato all'informazione, alla comunicazione
e alla relazione è tempo di cura". Sono peraltro
convinto che, al di là delle predisposizioni
personali, la formazione in questo ambito sia indispensabile e
debba essere inserita nel curriculum dello studente
in medicina.
Marchetti auspica il passaggio dai bilanci di
salute ai bisogni di comunità, e questo
è possibile solo con l'apertura ad altre figure
professionali. Il progetto Nati per Leggere mi sembra,
nel concreto, un esempio ben riuscito in questo senso,
promuovendo la literacy in stretta collaborazione con
educatori e bibliotecari e ponendo la famiglia al centro
dell'intervento.
Certo l'abitudine al lavoro di gruppo e alla
ricerca di un linguaggio comune tra operatori dell'infanzia di
varia estrazione culturale non è semplice, ma
è una sfida che va perseguita fino in fondo per un
cambiamento
possibile. Il sostegno alla genitorialità non deve
rimanere uno slogan, ma deve tramutarsi in azioni concrete.
Solo così si passerà alla vera alleanza
terapeutica
tra pediatri e famiglia, abbandonando il paternalismo. Come
sottolinea Spinanti, l'alleanza non deve essere intesa in
senso sacrale, ma come vera costruzione di un rapporto tra
medico e cittadino.
Tutto questo è particolarmente
sentito nel campo della cronicità, dove i bisogni
assistenziali si intrecciano con gli ostacoli sociali
e i problemi relazionali. Dopo questa analisi, peraltro
parziale, cerco di spiegare cosa sta tentando di fare l'ACP,
per dare una risposta, non settoriale, a queste
criticità. La ricerca-formazione (vedi progetto
cronicità) è stata riorientata in tal
senso e la tematica ambientale è stata oggetto di
particolare attenzione. Certo, come ricorda l'Autore,
è importante arrivare a un progetto permanente sia per
la ricerca-formazione che per l'approfondimento dei problemi
di salute pubblica e il necessario pronunciamento rispetto
alle Istituzioni.
Ritengo, inoltre, che l'ACP abbia
dimostrato, con la sua storia, una particolare attenzione ai
problemi elencati e la recente revisione del documento
sui Servizi per l'Infanzia ne confermi l'attuale impegno.
Certo l'apertura agli altri operatori dell'infanzia e il
dialogo con i genitori sono da promuovere con ulteriore
impulso, visto che rappresentano le priorità per il
futuro dell'ACP. Sono convinto che l'ACP debba dialogare, in
maniera costruttiva, con SIP e FIMP.
Mi piace
concludere l'intervento, ricordando che è stato
programmato un incontro con SIP e FIMP sui problemi emergenti
della pediatria, per arrivare a una posizione comune. Le
priorità segnalate dall'ACP (sostegno alla
genitorialità, comunicazione e counselling, Nati
per Leggere, vaccinazioni e strategie vaccinali)
rappresentano un punto di partenza per un confronto al di
là delle sigle e delle professionalità. Chiudo,
parafrasando un vecchio proverbio ugandese, sostenendo che:
"Per fare un pediatra ci vuole un villaggio intero".
Michele Gangemi
Presidente ACP