Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Luglio 2019 - Volume XXII - numero 26
M&B Pagine Elettroniche
Presentazioni PPT
IMMUNOLOGIA
Uno shock… rosso rosso
1Dipartimento per la Salute della Donna e del Bambino, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, IRCCS, Roma
2Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
2Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma
Indirizzo per corrispondenza:
enrico.masiello87@gmail.com
Un bambino di 6 mesi viene trasferito presso la nostra UO per storia di febbre elevata e continua da 6 giorni, associata a eritema multiforme, caratterizzato da lesioni marginate, prevalentemente sull'addome e sugli arti inferiori. Gli esami ematochimici evidenziavano leucocitosi neutrofila marcata con innalzamento degli indici di flogosi (GB 28.500/µl, di cui N 16.500, PCR 9 mg/l, PCT 15 ng). L'estrema irritabilità del paziente e le lesioni purpuriche policicliche, motivavano nell'ospedale trasferente l'esecuzione di rachicentesi nel sospetto di meningococcemia. L'esame diretto e colturale del liquor e le emocolture escludevano tuttavia infezioni di natura batterica o virale. Nell'ipotesi di malattia di Kawasaki incompleta (rash polimorfo e febbre continua) essendo peraltro il bambino ipoteso e tachicardico, richiedevamo un ecocardiogramma, dimostrante iperecogenicità coronariche, riduzione della FE (40%) con modico versamento pericardico (2 mm). Si intraprendeva pertanto terapia con inotropi, prescrivendo infusione di Ig a 2 g/kg, nonché di aspirina a dosaggio antinfiammatorio con pronta risposta sulla curva termica e sulla cinesi ventricolare. Questo caso ci conferma l'importanza dell'ecocardiogramma in presenza di febbre e rash compatibile con malattia di Kawasaki, anche in assenza di altri criteri diagnostici. L'ulteriore particolarità risiede nella diagnosi di Kawasaki shock syndrome, descritta in una coorte di 187 casi clinici, avere una prevalenza finanche del 7%. Per questi pazienti risulta peggiore la prognosi rispetto alla gran parte dei casi restanti (62% vs 23% la prevalenza di anomalie coronariche; 46% vs 18% la resistenza alle immunoglobuline). La loro identificazione permette il più idoneo trattamento in acuto ma anche una stratificazione prognostica.


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