Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Agosto 2008 - Volume XI - numero 26

M&B Pagine Elettroniche

Il commento


"Sui passi di Maria Bonino".
Un Congresso della Pediatria italiana e della Regione Autonoma Valle d'Aosta sulla cooperazione internazionale in Africa
a cura di Franco Panizon
Professore Emerito, Dipartimento di Scienze della Riproduzione e dello Sviluppo, Università di Trieste
Indirizzo per corrispondenza: f.panizon@libero.it


Maria Bonino è stata certamente una delle figure più rilevanti nell'ambito della cooperazione italiana in Africa. Possiamo dire che ha dedicato al lavoro in Africa la maggior parte della sua vita professionale e che è morta sul campo. Il suo lavoro, come quello di buona parte del lavoro medico dedicato all'Africa, si è svolto nell'ambito di Medici per l'Africa Cuamm, una struttura di impostazione cattolica, ma con proiezione non confessionale, con sede a Padova, dedicata alla preparazione del personale volontario, alla organizzazione e distribuzione dei servizi, e alla gestione di numerose realtà operative, ospedaliere e non solo, in tutto il territorio africano. Maria Bonino ha svolto il suo lavoro con totale dedizione e alta professionalità in Etiopia, poi in Uganda, e alla fine in Angola, dove ha condotto per molti anni la pediatria ospedaliera nella cittadina di Uige e dove è morta, nel corso di una epidemia di febbre emorragica da virus Ebola-Marburg, che ha avuto il suo epicentro in quell'ospedale, e che lei ha tempestivamente diagnosticato mettendo in atto le prime misure di isolamento e di contenimento.



La mortalità della febbre emorragica è vicina al 100%, e contrarre la malattia significava dunque firmare anche per un terribile destino di autodistruzione che Maria Bonino ha affrontato con coraggio stoico.

Nei giorni 4 e 5 aprile 2008, due splendide giornate di una primavera esplosiva, tra le nevi dei monti e le mura romane di Aosta, città avamposto e sentinella “ai confini”, si è tenuto, in suo ricordo, ma non solo, questo Congresso che Medico e Bambino ha voluto registrare per i suoi lettori. Non si tratta di un incontro di rievocazione: Maria Bonino vi è spesso citata, ma quasi solo per caso, perché molti dei relatori l'hanno incontrata nella loro attività sul campo. Il Congresso ha anzi come proposito primario quello di indicare nel lavoro medico in Africa, che può essere considerato un lavoro missionario solo in un senso laico: nell'impegno trasferire in Africa, non necessariamente tutta una vita, come ha fatto Maria, ma anche solo una frazione della vita, come ha fatto la maggior parte dei relatori; e con questo trasferimento, far sì che una frazione della forza-lavoro e delle conoscenze mediche, che in Occidente sono in esubero, trovino spazio in un continente che si è risvegliato e che vuole vivere, nel quale le competenze sanitarie indigene, medici, infermieri, personale logistico, sono in grave carenza, e dove le risorse economiche devolute dalla cooperazione internazionale, molto consistenti anche se ancora molto insufficienti, trovano difficoltà a essere coerentemente gestite.

Senza voler creare degli eroi, la medicina e la pediatria italiane, assieme al Dipartimento di Protezione Civile, col concorso di istituzioni pubbliche, di Amministrazioni Regionali, di Associazioni no profit e quant'altro, veicolano in Africa risorse, cultura, medici che ritengono di poter trasferire lì stabilmente la loro professionalità, diventando anche un punto di appoggio per altri professionisti “a tempo determinato”, e infine questi ultimi, che rappresentano in ultima analisi la componente più numerosa di questa corrente “missionaria”. Questi professionisti “a tempo determinato” possono essere medici ancora non entrati in carriera, che decidano di svolgere in Africa, o in altri Paesi in bisogno, parte del loro curriculum (pubblicheremo anche, in appendice a questo congresso, una sintesi, già presentata al Congresso Nazionale della SIP di 3 anni fa, delle attività “missionarie” svolte da Scuole di Specialità Italiane oltre che da strutture ospedaliere, Istituti Scientifici di ricovero e cura ed altre Istituzioni pediatriche). Un'altra possibile “riserva” di mano d'opera è rappresentata da medici arrivati all'età della pensione, che vogliano aggiungere alla loro vita professionale un'appendice africana. Un altro modo è quello di lavorare nelle strutture volontaristiche della Protezione Civile che intervengono nelle situazioni di emergenza, all'interno del nostro Paese, ma anche al di fuori.
In ogni modo, questo Congresso offre, forse per la prima volta, uno spaccato di un'attività medica, in grande misura pediatrica, forse “di complemento” ma certo non marginale, che viene usualmente dimenticata. Questo bisogno molto personale, che trova però risposte strutturate, di allargare l'intervento medico e il proprio ruolo professionale al di fuori dei confini del proprio Paese merita quanto meno di essere conosciuto.
Presenteremo i contenuti del Congresso sotto forma di serie di immagini illustrate da un commento, di facile, rapida e speriamo non noiosa lettura. Le diverse relazioni saranno raccolte in due tranche, rispettivamente in onda al principio e alla fine di agosto.


Dedicheremo la prima tranche prima di tutto a due relazioni di carattere generale: quella, molto critica, di padre Dante Carraro, direttore dei Medici con l'Africa Cuamm, sullo stato di sviluppo dei diversi progetti destinati a raggiungere traguardi specifici, i cosiddetti Millennium Developmental Goal o MDG, entro il 2015; e quella di Guido Bertolaso, direttore del Dipartimento della Protezione Civile, lo stesso che ha risolto l'emergenza rifiuti di Napoli, che mette in evidenza i risultati di una convergenza di interessi e di intervento tra il Dipartimento e il Cuamm, sulle sponde di un fiume africano.

Seguono due relazioni, ancora di impostazione generale, sui due principali MGD, MGD4 e MGD5 sulla salute del bambino e della donna.
Entrambi gli interventi riguardano specialmente le criticità che interessano la donna come colonna dell'economia africana di sussistenza e la donna come madre. Il primo, quello della dott.ssa Chiara Pierotti, infettivologia della London School of Hygiene and Tropical Medicine, è piuttosto rivolto ai temi sociali e riguarda la donna come vittima ma anche come protagonista dell'economia e del risveglio dell'Africa. La seconda, del dott. Ambrogio Sangalli, ginecologo dell'Ospedale degli Infermi di Biella, riguarda quasi esclusivamente i problemi della gravidanza e del parto, problemi che occupano un ruolo centrale nella lista dei MDG; e si sofferma su di una esperienza sul campo, per alcuni versi esemplare, riguardante un disturbo quasi simbolico, molto comune, largamente invalidante, la fistola retto-vaginale; banale complicanza di un parto mal gestito, che nella maggioranza dei casi potrebbe essere evitato o quanto meno adeguatamente corretto, mentre la povertà delle strutture di assistenza lo rende una vera piaga sociale, fortemente invalidante ed emarginante.

La terza e la quarta sessione sono dedicate alle grandi calamità africane: rispettivamente alla malnutrizione e al terzetto malefico AIDS, TB, Malaria.
La sessione dedicata alla malnutrizione si apre con la relazione della dott.ssa Mara Mabilia, antropologa sociale e medica dell'Università di Padova, una antropologa di battaglia, che ha fatto la sua esperienza sul campo per molti anni. Questa relazione, in realtà, può rappresentare una specie di prefazione a tutto il Congresso; è una relazione sulla difficoltà intrinseca al trasferimento di un approccio spiccatamente tecnico e pragmatico, come può essere la cura della malattia, in un contesto profondamente diverso, fatto di una cultura orale, di tradizioni, conoscenze, sensibilità e linguaggio molto diversi, di un diverso sentimento della vita, di una diversa accettazione della malattia e della morte. Più in generale, tratta della necessità di conoscere meglio la società nella quale ci si inserisce, di cercare un linguaggio comune, di spogliarsi della propria presunta superiorità culturale. Tutto questo richiede, in ciascuno, un certo grado di umiltà e di accettazione della diversità; che la mediazione professionale da parte di uno studioso di antropologia può facilitare o quanto meno far intendere.
La seconda relazione, della dott.ssa Dunia Ismail (Department of Endocrinology and Adolescent Service, University College Hospital, London), più tecnica, riporta l'esperienza di una giovane specializzanda presso il St Mary Hospital di Lacor, nell'Uganda del nord, oggi sede di una Facoltà di Medicina a gestione italo-ugandese, sponsorizzata e cogestita dall'Università di Napoli. Una parte della relazione è dedicata all'esperienza di terapia della malnutrizione mediante l'utilizzo di un alimento, il NUTRICAM, ottenuto con risorse locali, mais, pesce, legumi, arachidi.

La terza relazione, del dott. Milton Tectonidis, responsabile della campagna di nutrizione di Médecins sans Frontières, fornisce un approccio ancora diverso, quasi antagonista rispetto al precedente, con l'utilizzo di un alimento più costoso ma molto più standardizzabile e utilizzabile in ogni contesto. Si tratta di un prodotto alimentare solido, conservabile, distribuibile a domicilio, ad alto contenuto proteico-calorico, ricco di oligoelementi, il RUTF o Ready-to-Use Therapeutic Food. L'estensione e il successo della sperimentazione con questo prodotto sono abbastanza impressionanti. Il limite dell'intervento sta nel costo del prodotto, apparentemente basso, ma alto per l'Africa: non è applicabile estensivamente se non attraverso un impegno economico (donazione) da parte delle agenzie dell'OMS.


L'ultima sessione, dedicata rispettivamente allo stato dell'arte nei riguardi del AIDS, della TB e della malaria è articolata (ovviamente) in tre parti dedicate, condotte rispettivamente dal dott. Filippo Ciantia, coordinatore di progetto di una importante associazione italiana, la AVSIU (Associazione Volontariato per il Servizio Internazionale Uganda) e da due tecnici di alto livello e di ricca esperienza dell'OMS di Ginevra, rispettivamente il dott. Giuliano Gargioni e il dott. Sergio Spinaci.
In tutte e tre potrete trovare puntuali riferimenti a questi tre cavalieri dell'Apocalisse; la prima, quella del dott. Ciantia, purtroppo senza immagini, ha un carattere più personale e forse più diretto e umanamente coinvolgente: si tratta sostanzialmente della storia dell'AIDS in Uganda (che è, a vero dire, anche l'unico episodio vincente della guerra contro l'AIDS in Africa). Una storia fatta coi numeri, che registrano una progressiva, consistente riduzione della prevalenza della malattia in questo Stato, pur sconvolto tuttora dalla guerriglia intestina. Si tratta, va aggiunto, di un successo nel quale l'Italia, anche con l'impegno diretto del Istituto Superiore di Sanità, ha avuto un ruolo politico tutt'altro che marginale.
La seconda relazione di questa sessione, sull'epidemiologia della tubercolosi, sul terribile problema della combinazione mortale HIV-TB, sulla emergenza dei ceppi multiresistenti e estensivamente resistenti, e sulle politiche di rilevamento e di cura della malattia, è dovuta al dott. Gargioni. La terza, del dott. Spinaci, espone la geografia, tutta africana, della malaria nella sua espressione più acuta e mortale (l'infezione da Plasmodium falciparum, soprattutto la prima infezione, nei bambini <5 anni), degli strumenti per contenerne la diffusione e ridurne la mortalità, e infine del grande problema, anche quello tutto africano o quasi, della resistenza alla clorochina, un farmaco a bassissimo costo, quasi insostituibile.

La seconda tranche del Congresso sarà on line alla fine di agosto.
È alquanto più magra della prima; comprende due interessanti esperienze sul campo, e si conclude con la storia significativa dell’epidemia di febbre emorragica da virus di Marburg e del ritorno in Italia dei contatti, ritorno che ha come protagonista ancora il Dipartimento di Protezione Civile.
La prima relazione è quella della dott.ssa Maria Teresa Perenchio, Direttore del SOC di Neuropsichiatria Infantile dell’ASL 9 di Ivrea (Torino), e riguarda un aspetto dimenticato ma in realtà pesantissimo della patologia pediatrica africana: il neurodanno e la conseguente disabilità: da polio, da meningite, da parto, da malaria cerebrale, da malnutrizione; e il poco-niente che oggi si può fare per la prevenzione e per il recupero.
La seconda relazione contiene l’esperienza molto particolare di un volontario di Médecins sans Frontières, il dott. Andrea Felappi, che, anziché in Africa, è stato comandato a fare il suo servizio in Italia, a difesa dei diritti sindacali, civili, umani, dei lavoratori africani; diritti continuamente negati e violati.
La tranche si conclude con l’esposizione, a cura del dott. Roberto Turra, epidemiologo del Dipartimento di Prevenzione dell’ASL 6 di Vicenza, delle conoscenze sulla febbre emorragica da virus e in particolare sulla epidemia di virus Marburg che ha visto il sacrificio di Maria Bonino e con la relazione della dott.ssa Adriana Volpini, dirigente del Dipartimento della Protezione Civile Italiana a Roma, sugli aspetti organizzativi del Dipartimento sulla gestione delle emergenze da infezione.
Il Congresso si chiude quindi un po’ da dove era iniziato.

In appendice abbiamo ritenuto utile ri-presentare un interessante Power Point preparato dal dott. Gian Vincenzo Zuccotti per il 61° Congresso Nazionale della SIP del 2005. Si tratta del censimento delle attività svolte dalla pediatria italiana (Cliniche, Scuole di Specialità, IRCCS, Ospedali) nei Paesi in via di sviluppo, specialmente in Africa, ma anche in Europa Centro-orientale, in Asia, in America Centrale. Contiene indicazioni sugli interventi “missionari” di queste istituzioni, con cifre indicative di impegno economico e umano forse sorprendenti, ma certamente al di sotto del reale, perché molte iniziative importanti, per un motivo o per l'altro, sono sfuggite, come succede, al censimento. Almeno tre di queste iniziative, la Facoltà di Medicina Napoli-Gulu, la realizzazione di un servizio di emato-oncologia per l'intero stato del Nicaragua, la realizzazione di un servizio di nefrologia nello stesso Nicaragua, e in corso di sviluppo in tutte le Repubbliche dell'America Centrale vanno molto al di là dell'episodico e testimoniano di una tensione molto viva e diffusa.
Sempre in appendice aggiungiamo l'articolo "L'Africa, gli aiuti e noi", già pubblicato nella rivista cartacea di Medico e Bambino a marzo 2008, che discute in termini generali il problema degli aiuti all'Africa e porta in sintesi la testimonianza e l'esperienza dei gruppi pediatrici di Trieste e di Modena, centrato sul tema della malnutrizione.

Per concludere, segnaliamo l'articolo speciale pubblicato su Medico e Bambino a ottobre 2008, a firma del Direttore dei Medici con l'Africa Cuamm, don Dante Carraro, "Medici con l'Africa Cuamm e gli Obiettivi del Millennio": un tentativo di visione globale dei problemi sanitari dell’Africa, dello stato attuale degli aiuti internazionali in funzione degli obiettivi della Millennium Declaration e del ruolo giocato dai Medici con l’Africa Cuamm nella ricostruzione dell’assistenza sanitaria “dal basso” in quel travagliato continente.


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a cura di Franco Panizon. Sui passi di Maria Bonino. ; Un Congresso sulla Cooperazione Internazionale in Africa. Medico e Bambino pagine elettroniche 2008;11(26) https://www.medicoebambino.com/?id=CM0826_10.html