Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Settembre 2004 - Volume VII - numero 8
M&B Pagine Elettroniche
Seminari degli specializzandi
Profilassi
del rachitismo e prospettive di ulteriore impiego
Clinica
Pediatrica, IRCCS, Burlo Garofolo, Trieste
E mail:
locatelli_chiara@libero.it
Le
segnalazioni in letteratura di casi di rachitismo nei primi mesi di
vita sono sempre più numerose.
Tale
patologia interessa prevalentemente i bambini di razza nera e
consegue ad uno stato di grave deficit della vitamina D secondario ad
un inadeguato apporto di questa con la dieta e ad una scarsa
esposizione al sole1.
Il rachitismo rappresenta in realtà solo la punta di un
iceberg che sottende vari gradi di ipovitaminosi (il cosiddetto
“rachitismo subclinico”), che vanno diagnosticati attraverso
un'attenta anamnesi con individuazione dei fattori di rischio.
L'uso
profilattico della vitamina D nel lattante costituisce da anni una
fonte di controversie. I dibattiti a riguardo non si sono spenti
anche dopo la recente pubblicazione delle linee guida dell'American
Academy of Pediatrics (AAP)2.
Nei
lattanti un apporto di 200UI/die di vitamina D previene i segni
clinici associati a uno stato carenziale e mantiene livelli sierici
di 25(OH)D nella norma, ovvero superiori a 27.5 mmol/l (= 11 ng/ml).
Il contenuto di vitamina D nel latte formulato è di 400UI/l
per cui se un lattante ne assume almeno 500 ml/die il fabbisogno
vitaminico viene pienamente soddisfatto.
Diversamente
il latte umano è povero in vitamina D (15-50 UI/l) cosicchè
un bimbo allattato al seno che non riceve una supplementazione o
un'adeguata esposizione solare è a rischio di rachitismo3.
La profilassi nei lattanti allattati al seno andrebbe iniziata entro
i primi due mesi di vita e continuata almeno fino all'anno. Anche
nel prematuro dosi fra le 200 e 400UI/die garantiscono uno sviluppo
scheletrico e livelli di 25(OH)D nella norma, mentre dosaggi più
elevati sono associati ad un potenziale rischio d'ipercalcemia.
In realtà
un'esposizione al sole del viso per 2 ore alla settimana e
dell'intero corpo per 30 minuti sarebbero sufficienti per prevenire
il rachitismo in un lattante senza necessità di
supplementazione orale di vitamina D.
Le
controversie nascono dal fatto che la stessa AAP raccomanda cautela
nell'esporre i bambini ai raggi UV, soprattutto nei primi mesi di
vita4,
in relazione al rischio, non ancora definito e quantificato, di
tumori cutanei.
Si
discute inoltre se supplementare tutti i bimbi allattati al seno o
solo quelli a rischio, ovvero quelli di razza nera, che necessitano
di un'esposizione più prolungata ai raggi UVB per
un'adeguata produzione di vitamina D, e quelli nati da madre con
basse riserve di vitamina D.
Riferimenti
bibliografici :
2.
American Academy of Pediatrics, Gartner LM, Greer FR, Section on
Breastfeeding and Committee on Nutrition. Prevention of rickets and
vitamin D deficiency: new guidelines for vitamin D intake. Pediatrics
2003;111:908-910.
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Per
quanto riguarda la supplementazione durante la gravidanza e
l'allattamento si contrappongono due posizioni: il COMA (Committee
on Medical Aspects of Food), che raccomanda alle donne gravide e che
allattano l'assunzione di 10 mcg/die di vitamina D, e il NICE
(National Collaborating Centre for Women's and Children's Health)
che, sulla base di una recentissima review sistematica della
Cochrane5,
non ne consiglia l'uso routinario. Una posizione intermedia è
assunta dall'ESPE (European Society for Pediatric Endocrinology)
che raccomanda la supplementazione di 400UI/die a tutte le donne a
rischio (con pigmentazione scura della cute, di religione
islamica…)6.
In realtà un recente studio danese condotto su donne gravide
islamiche con importante stato carenziale di vitamina D segnala che,
in assenza di esposizione solare, un apporto di 600UI/die è
insufficiente per mantenere adeguati livelli di 25(OH)D, per cui gli
autori suggeriscono l'assunzione di 1000UI/die durante l'ultimo
trimestre o, in alternativa, la somministrazione di 100-200000UI in
un'unica dose al VI-VII mese di gravidanza.
E' bene
inoltre tener conto che anche una donna di razza bianca, che non si è
esposta al sole per diversi mesi e non introduce con la dieta
alimenti contenenti vitamina D7
, potrebbe presentare bassi livelli di 25(OH)D.
Ma perché
è così importante che una donna abbia adeguati livelli
di 25(OH)D non solo durante l'allattamento ma fin dal concepimento?
Diversi studi, prevalentemente condotti su animali, documentano
l'importanza della vitamina D nello sviluppo dei sistemi
cardio-vascolare, muscolo-scheletrico e nervoso del nascituro. Stati
carenziali materni si associano ad un aumentata incidenza, nel
prodotto del concepimento, di alterazioni della funzionalità
contrattile cardiaca, di anomalie cerebrali e ossee.
Riferimenti
bibliografici :
5.
Mahomed K, Gulmezoglu AM. Vitamin supplementation in pregnancy.
Cochrane Review from The Cochrane Library, Issue 2, 2004.
leggi

Vi è
un'indicazione formale della American Academy of Pediatrics a
supplementare con la vitamina D tutti i bambini e gli adolescenti che
non sono sufficientemente esposti al sole e non ingeriscono almeno
500 cc/die di latte fortificato2.
Di fatto,
recenti studi hanno dimostrato che, proprio negli USA, vi è
un'alta prevalenza di deficit di vitamina D tra gli adolescenti: su
300 ragazzi considerati, il 42% aveva livelli sierici di 25(OH)D
inferiori alla norma, il 24% aveva un difetto di vitamina D moderato
e quasi il 5% un difetto grave. La prevalenza era comunque maggiore
nei soggetti di razza nera e nella stagione invernale11.
In
effetti, come abbiamo già ricordato, l'adolescenza
rappresenta uno di quei momenti in cui il fabbisogno di vitamina D
aumenta fisiologicamente, e per tale motivo sono più frequenti
le situazioni carenziali.
Non va
dimenticato che, teoricamente, la supplementazione con vitamina d in
questo periodo critico della vita potrebbe avere un ruolo anche nella
prevenzione dell'osteoporosi post-menopausale.
Riferimenti
bibliografici :
2.
American Academy of Pediatrics, Gartner LM, Greer FR, Section on
Breastfeeding and Committee on Nutrition. Prevention of rickets and
vitamin D deficiency: new guidelines for vitamin D intake. Pediatrics
2003;111:908-910.
leggi

La
vitamina D è infatti un ormone implicato non solo
nell'omeostasi del calcio e del fosforo, ma anche in funzioni più
complesse e non ancora del tutto comprese. I suoi recettori sono
distribuiti a livello di numerosi organi (cuore, muscolo, osso,
cervello, pancreas, mammella, tratto gastroenterico, cellule
emopoietic) e sembra presentare attività antiproliferativa,
pro-differenziativa e immunosoppressiva. E'inoltre implicata nella
stabilità e nella riparazione del DNA e protegge la membrana
cellulare dallo stress ossidativo inibendo le perossidasi.
Alcuni
trial hanno dimostrato come la somministrazione di vitamina D, per lo
più ad alte dosi, si associ ad un miglioramento del controllo
glicemico nei diabetici, dei livelli pressori negli ipertesi, dei
sintomi nei pazienti affetti da Artrite Idiopatica Giovanile e
Sclerosi Multipla e a una ridotto rischio di tumori e di IDDM8. Uno
studio retrospettivo condotto in Finlandia su oltre 12000 lattanti
supplementati con 2000UI (50 mcg) di vitamina D ha mostrato una
riduzione d'incidenza di IDDM dell'80%9. Mancano tuttavia trial
clinici randomizzati che evidenzino tale azione protettiva anche a
dosaggi più bassi.
Più
in generale la vitamina D sembra prevenire l'insorgenza di malattie
autoimmuni attivando l'apoptosi nei precursori dei linfociti T
autoreattivi a livello timico e sembra determinare un miglioramento
clinico di queste inibendo la risposta mediata dai linfociti T helper
1 e quindi la secrezione delle citochine IL-2, INF_ e TNF_. Questo
potrebbe anche spiegare perché le popolazioni che vivono a
latitudini più alte, e che quindi presentano livelli sierici
di 25(OH)D tendenzialemente più bassi, sono maggiormente a
rischio di patologie autoimmuni10.
In
conclusione sono necessari ulteriori studi che definiscano più
approfonditamente le azioni di questa complessa vitamina per meglio
capire il potenziale ruolo che potrebbe avere nella prevenzione e nel
trattamento non solo del rachitismo ma di altre malattie.
- Dawodu A, Agarwal M, Hossain M, et al. Hypovitaminosis D and vitamin D deficiency in exclusively breast-feeding infants and their mothers in summer: a justification for vitamin D supplementation of breast-feeding infants. J Pediatr 2003;142:169-173.
- American Academy of Pediatrics, Gartner LM, Greer FR, Section on Breastfeeding and Committee on Nutrition. Prevention of rickets and vitamin D deficiency: new guidelines for vitamin D intake. Pediatrics 2003;111:908-910.
leggi
- Heining NJ. Vitamin D and the breastfed infant: controversies and concerns. J Hum Lact 2003; 19(3): 247-249.
- American Academy of Pediatrics, Committee on Environmental Health. Ultraviolet light: a hazard to children. Pediatrics 1999; 104(2): 328-333.
- Mahomed K, Gulmezoglu AM. Vitamin supplementation in pregnancy. Cochrane Review from The Cochrane Library, Issue 2, 2004.
leggi
- European Society for Pediatric Endocrinology (ESPE) Bone Club. Consensus development for the supplementation of vitamin D in childhood and adolescence. Horm Res 2002; 58: 39-51.
- Hollis BW, Wagner CL. Assessment of dietary vitamin D requirements during pregnancy and lactation. Am J Clin Nutr 2004; 79:717-726.
- Holick MF. Vitamin D: importance in the prevention of cancers, type 1 diabetes, heart disease, and osteoporosis. Am J Clin Nutr 2004; 79: 362-371.
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- Cantorna M. Vitamin D and autoimmunity: is vitamin D status an environmental factor affecting autoimmune disease prevalence? P.S.E.B.M. 2000; 223: 230-233.
- Gordon CM et al, Prevalence of vitamine D deficiency among healthy adolescents. Arch Pediatr Adolesc Med 2004; 158(8): 531-7
- Wharton B, Bishop N. Rickets. Lancet. 2003 Oct 25;362(9393):1389-400
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