Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Giugno 2021 - Volume XXIV - numero 6

M&B Pagine Elettroniche

I Poster degli specializzandi

La sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi: un mare di autoanticorpi

Eleonora Dei Rossi

Università “La Sapienza”, Roma

Indirizzo per corrispondenza: deirossieleonora@gmail.com

Ragazza di 16 anni. Giunge in Pronto Soccorso (PS) per comparsa di dolore alla base polmonare destra irradiato alla spalla. In PS esegue esami ematochimici, Rx torace, ecografia dell’addome, risultati nella norma. Viene prescritta terapia con ibuprofene con parziale beneficio.
A distanza di 4 settimane dal primo episodio, ricomparsa della stessa sintomatologia dolorosa. Viene eseguita TC torace e addome superiore con mdc che evidenzia la presenza di microtrombo in un ramo subsegmentario dell’arteria polmonare destra. Agli esami ematici: Hb 12,6 g/dl, GB 8570/mm3 (N 6440/mm3, L 1510/mm3), PLT 155.000/mm3, VES 12 mm/h, PCR 0,3 mg/dl, funzionalità epatica e renale, C3 e C4, immunoglobuline ed esame delle urine nella norma; ANA positivi (1:640, pattern omogeneo), ENA screening positivo con Ab anti-SSA 256 U/ml (vn < 10 U/ml), Ab anti-fosfolipidi positivi con Ab anti-cardiolipina IgG 297,5 GPL U/ml (vn < 10 GPL U/ml), Ab anti-ß2glicoproteina I IgG 325 U/ml (vn < 10 U/ml), LAC positivo, Ab anti-dsDNA assenti.
Alla luce dell’evidenza di episodio trombotico polmonare associato alla positività degli anticorpi anti fosfolipidi, nel forte sospetto di sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, viene iniziata terapia anticoagulante con rivaroxaban e profilassi con idrossiclorochina (200 mg/die). La diagnosi veniva poi confermata per la persistenza di positività degli anticorpi anti-fosfolipidi a 8 settimane circa dal primo dosaggio.
La ragazza non ha mai lamentato xerostomia, xeroftalmia, fotosensibilità né artralgie.
Ad approfondimento sono stati eseguiti inoltre i seguenti accertamenti: ecoDoppler degli arti inferiori, visita oculistica con studio della camera anteriore, campo visivo e test di Schirmer, angio-RM cerebrale ed ecografia delle ghiandole salivari, tutti risultati nella norma; alla capillaroscopia riscontro di microangiopatia aspecifica.
Nonostante l’assenza di sufficienti criteri per porre diagnosi di una specifica connettivopatia, nell’ipotesi di sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi secondaria a connettivite, si è deciso di associare alla terapia anticoagulante e alla profilassi con idrossiclorochina, terapia immunosoppressiva con micofenolato mofetile.

La sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi è caratterizzata dalla presenza di anticorpi anti-fosfolipidi, positivi in almeno due determinazioni a distanza di 6-12 settimane associati a uno o più eventi tromboembolici venosi/arteriosi. Può essere primaria o secondaria ad altre patologie autoimmuni del connettivo (lupus eritematoso sistemico, sindrome di Sjögren, artrite idiopatica giovanile sistemica, sclerodermia, malattia di Behçet), a infezioni (HCV, sifilide, HIV, setticemia) o farmaci (neurolettici, antiaritmici).
L’idrossiclorochina, farmaco antimalarico con effetto antinfiammatorio aspecifico (riduzione dello stress ossidativo, dell’infiammazione mediata da IFN-alfa, TNF-alfa, IL-6 e IL-17 e dell’espressione dei TLR 2 e 4), possiede effetto preventivo, tempo-dipendente, con riduzione del rischio tromboembolico e aumento della sopravvivenza, in tutte le connettivopatie.
In caso di eventi tromboembolici, ricordiamoci di dosare sempre gli anticorpi anti-fosfolipidi e alla diagnosi di connettivopatia, non dimenticare di prescrivere l’idrossiclorochina e possibilmente non abbandonarla mai!

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