Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Marzo 1999 - Volume II - numero 3
M&B Pagine Elettroniche
Pediatria per l'ospedale
Trattamento
dell'ittero neonatale
Dipartimento
di Pediatria - Università di Firenze, Azienda Ospedaliera
Meyer, Firenze
Su uno
degli ultimi numeri di Drugs, l'autorevole rivista
internazionale di terapia, è comparsa una pubblicazione di un
neonatologo italiano (il Prof. Firmino Rubaltelli di Firenze). Il
tema è quello dell'ittero neonatale, evenienza estremamente
frequente in neonatalogia e nella pratica pediatrica corrente.
L'ittero
neonatale è dovuto, come si sa, a numerosi fattori, presenti
nei primi giorni di vita: un aumento del carico di bilirubina, per un
fenomeno naturale di emolisi (la produzione di bilirubina nel neonato
è più del doppio di quella che si ritrova nell'adulto),
una deficienza transitoria della capacità di coniugazione
epatica della bilirubina, una parziale deficienza anche della sua
captazione e del suo trasporto all'interno dell'epatocita e infine
un'aumentata circolazione entero-epatica.
Modalità
di trattamento dell'ittero neonatale
Al
momento attuale esistono due tecniche principali per il trattamento
dell'iperbilirubinemia neonatale:
a) la
fototerapia (FT) e
b)
l'exsanguino-trasfusione (ET)
La ET
viene impiegata quando il livello di bilirubina non coniugata
raggiunge o supera i 20 mg/dL: essa rappresenta un punto essenziale
per la prevenzione dell'ittero nucleare, una manifestazione clinica
ben conosciuta, legata agli alti livelli di bilirubina. Dopo
l'introduzione della FT il numero delle ET è diminuito
notevolmente, tanto è vero che oggi molti giovani neonatologi,
che lavorano all'interno anche di ampie strutture, non ne hanno mai
eseguita una.
La FT è
generalmente usata per abbassare i livelli di bilirubina nei neonati
a termine o pretermine, clinicamente sani, prima che essi vengano
dimessi dall'ospedale, o per controllare l'aumento della bilirubina
sierica nell'ittero emolitico del neonato, a termine o pretermine,
anche a livelli di bilirubina relativamente bassi. La FT determina la
rapida trasformazione della bilirubina in un fotoisomero
configurazionale (4Z,15E bilirubina), che è, a differenza
della bilirubina non coniugata, idrosolubile, si lega all'albumina ed
è lentamente escreto con la bile nell'intestino e con le
urine. Va ricordato che i valori di 20 mg/dL (382 ?mol/L) di
bilirubina totale nel siero o nel plasma, ottenibili negli anni 60,
corrispondono al valore attuale di 25 mg/dL (428 ?mol/L), ottenuti
con la spettrofotometria diretta (bilirubinometro), in campioni non
emolizzati
Di
recente è stata dimostrata l'efficacia anche della
fototerapia bidirezionale a fibre ottiche nel trattamento
dell'iperbilirubinemia neonatale.
A parte
il livello di bilirubina (oltre i 20-25 mg/dL), l'indicazione oggi
più frequente per l'ET è legata ai bassi livelli di
emoglobina nel sangue del cordone (livelli <11 g/dL) o di
albumina, nonché alla necessità di per fermare
l'emolisi, dovuta agli anticorpi anti-globuli rossi nella
isoimmunizzazione Rh Quando il livello di bilirubina aumenti con una
velocità superiore a 1 mg/dL/ora, vi è ugualmente
indicazione per una massiva FT o per l'ET, indipendentemente dal
livello assoluto di bilirubina.
Anche le
immunoglobuline per via endovenosa (IVGV) riducono l'intensità
dell'ittero in molti casi d'isoimmunizzazione neonatale. La dose è
di 500 mg/kg, infusi in un tempo di due ore. Un tale trattamento non
si è dimostrato efficace nelle forme più gravi di
ittero emolitico, quando la bilirubina aumenta con un ritmo superiore
o uguale a 1 mg/dL/ora.
Qualche
anno fa sono state intraprese ricerche per l'identificazione di altre
terapie, di tipo farmacologico, sia per la prevenzione che per il
trattamento dell'iperbiliribinemia neonatale: il trattamento con
agar, con colestiramina o con carbone attivato (per ridurre o
interrompere la circolazione entero-epatica di bilirubina), o con
fenobarbital (per indurre l'attività della
glicuronil-transferasi epatica) non sono più usati nella
pratica, salvo che nel trattamento dell'ittero nella malattia di
Crigler Najjar. Le metalloporfirine (analoghe dell'eme), che agiscono
inibendo l'eme-ossigenasi, l'enzima limitante la formazione di
bilirubina dall'eme, sono state proposte una decina di anni fa. La
Sn-mesoporfirina (non in commercio in Italia), che ha dimostrato di
essere un potente inibitore della eme-ossigenasi, ha trovato
successivamente utili applicazioni cliniche. Il solo effetto
collaterale spiacevole è rappresentato dalla fotosensibilità
cutanea.
Ittero
da allattamento al seno, da latte materno e ittero fisiologico
Il
pediatra di famiglia si ritrova oggi molto spesso ad avere a che fare
con un ittero, insorto nei primi giorni o nelle prime settimane di
vita, in un neonato, peraltro sano, dimesso precocemente dalla
nursery (in generale nel terzo giorno di vita).
Si tratta
di un ittero del neonato (si indica come neonato un nato da 0 a 28
giorni di vita), che si verifica per 3 condizioni
patogenetico-cliniche diverse:
a)
l'ittero che insorge all'inizio dell'allattamento al seno
b)
l'ittero da latte materno e
c)
il cosiddetto ittero fisiologico
La prima
condizione (l'ittero che insorge precocemente, all'inizio
dell'allattamento al seno) è legata essenzialmente alla
scarsa assunzione di latte materno nei primi giorni di vita ed è
ben documentata dalla perdita di peso: un insufficiente apporto
calorico infatti aumenta l'attività dell'eme-ossigenasi,
l'enzima che abbiamo visto essere essenziale per la formazione
della bilirubina. Questa condizione determina in generale un ittero
precoce di scarsa entità, che tuttavia in rarissimi casi può
raggiungere i livelli patologici di 20-25 mg/dL ed esitare
eccezionalmente in ittero nucleare. Proprio per questa ragione il
pediatra deve considerare l'ittero con grande attenzione, specie se
esso insorge precocemente nei primi giorni di vita o si sviluppi a
domicilio nel neonato a lui affidato. Egli deve, solo nei rari casi
nei quali l'ittero si dimostri di elevata intensità,
controllare il livello di bilirubina. D'altra parte gli stessi
neonatologi debbono controllare, quando sia il caso, il livello di
bilirubina, prima che il neonato sia dimesso. L'ittero scompare
quando sia iniziato un sufficiente apporto di latte materno.
La
seconda entità, l'ittero da latte materno, deve
essere differenziata dall'ittero che insorge all'inizio
dell'allattamento al seno: essa può essere definita con uno
stato prolungato d'iperbilirubinemia, che inizia dopo i primi
giorni di vita e continua per mesi con livelli di bilirubina,
alternativamente più bassi e più alti. La sua scomparsa
infatti avviene lentamente e richiede in molti casi il superamento
del 3° mese di vita. La causa di questo tipo di ittero sembra sia
da ricercare in un aumento della circolazione entero-epatica della
bilirubina, per l'aumento dell'attività della
?-glicuronidasi, presente nel latte materno e nell'intestino, che
stacca l'acido glicuronico dalla molecola di bilirubina, rendendo
così la bilirubina, non più coniugata, suscettibile di
riassorbimento da parte dell'intestino (aumento della
circolazione entero-epatica). Poiché i livelli di
bilirubina non sono tali da far ritenere che possano avere
conseguenze né sullo sviluppo del sistema nervoso centrale, né
sull'organo dei Corti, il pediatra deve astenersi da qualsiasi
intervento e deve sempre consigliare il proseguimento
dell'allattamento al seno.
Accanto a
queste due condizioni, legate direttamente o indirettamente
all'allattamento al seno, rimane da considerare il cosiddetto
ittero fisiologico, che è rappresentato da un disordine
che si accompagna a iperbilirubinemia di tipo non coniugato, che
inizia nel 2°-3° giorno di vita, che non è dovuta
tanto a iperemolisi, quanto a una ridotta coniugazione, in presenza
di una normale produzione di bilirubina. I livelli di bilirubina che
vengono raggiunti in questa condizione sono nella maggior parte dei
casi di grado medio-basso; tuttavia il pediatra che venga in
contatto, subito dopo la dimissione precoce, con questo bambino, deve
controllare clinicamente l'andamento dell'ittero, pronto a
determinare il livello di bilirubina e, come avviene di rado, a
ricoverarlo di nuovo, quando questo livello abbia raggiunto limiti,
ritenuti pericolosi (vicino a 20 mg/dL).
Come è
stato già detto, queste 3 condizioni si accavallano spesso
l'una con l'altra, per cui talvolta riesce difficile individuarle
singolarmente.
Itteri
patologici
Il
momento patogenetico più importante nell'ittero
patologico è quello dell'iperemolisi e in particolare
quello dell'isoimmunizzazione materno-fetale (in seno al sistema
ABO o Rh). Soprattutto nell'isoimmunizzazione da Rh, l'ittero
inizia molto precocemente e la bilirubina aumenta con un ritmo
superiore a 1 mg/dL/ora. La somministrazione precoce, immediatamente
dopo la nascita delle immunoglobuline specifiche anti-D (RhoGAM) ha
ridotto notevolmente, anche se non l'ha fatta scomparire,
l'insorgenza di ittero patologici di questo tipo. I residui casi di
incompatibilità materno fetale sono dovuti ai fattori minori
(e, E, c, C) in seno al sistema Rh, o sono in gioco altri fattori
(Kell). L'ET abbastanza precoce (unita alla FT) è utile nei
casi in cui si verifichi una discreta iperbilirubinemia e nei casi in
cui l'aumento della bilirubina sia uguale o superi il mg/dL/ora.
Fra
gli itteri patologici va ricordato anche quello dovuto a deficienza
di G-6-PD, che può associarsi a un difetto permanente di
coniugazione (sindrome di Gilbert). In questi casi l'uso delle
metalloporfirine, associato alla FT permette una netta riduzione
dell'iperbilirubinemia.
A parte
l'aumento dell'emolisi, esistono altre situazioni patologiche che
si accompagnano ad aumento dell'iperbilirubinemia, quali un difetto
grave e permanente della glicuronoconiugazione (va ricordata a questo
proposito la sindrome di Crigler-Najjar, in seno alla quale oggi
vengono identificati due tipi diversi), l'aumento della massa
globinica (policitemia) e la presenza di stravasi ematici (come il
cefaloematoma e le ecchimosi).
Ma, a
parte le conseguenze delle gravi iperbilirubinemie, la presenza di
bilirubina di per sé ha sempre un effetto sfavorevole ? o,
tenuto conto della pressione evolutiva, si può pensare che
possa in qualche modo presentare dei vantaggi per il feto e per il
neonato ?
- vediamo la situazione nel feto: durante il lungo periodo fetale solo la bilirubina, e non la biliverdina, passa nella circolazione materna; se non ci fosse il passaggio da biliverdina a bilirubina, la biliverdina si accumulerebbe nei tessuti del feto e nel liquido amniotico. Le conseguenze di questo accumulo non sono al momento precisamente valutabili.
- vediamo la situazione nel neonato: la bilirubina è un efficiente anti-ossidante. L'ittero del neonato potrebbe contribuire, grazie all'attività della bilirubina, a contrastare l'effetto dannoso dei radicali liberi, in un periodo della vita, durante il quale gli altri anti-ossidanti vengono sintetizzati in scarsa quantità e quando la richiesta di protezione dei vari tessuti è particolarmente alta.
Ne
consegue che il pediatra non deve guardare la presenza di livelli
medio-bassi come a qualcosa che potrebbe danneggiare il lattante;
egli deve temere soltanto i livelli molto alti, quelli che, come
abbiamo visto, superino i 20-25 mg/dL, o quelli che dimostrino un
elevato incremento per ora.
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