Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Gennaio 2014 - Volume XVII - numero 1
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Un abuso molto particolare
Medico Chirurgo Specialista in Pediatria, Responsabile Scientifico Associazione Nazionale Familiaristi Italiani, ANFI, Varese
Indirizzo
per corrispondenza:
vittorio.vezzetti@crs.lombardia.it
Il primo ricovero di Gabriele avvenne il 4-2-2000, quando il bambino aveva 6 mesi, per rigurgiti e vomiti riferiti dalla madre dopo l’assunzione di crema di riso. In anamnesi risultò l’assunzione di un normale latte formulato in aggiunta al latte materno per un mese; quindi il bimbo aveva ricevuto latte HA per un altro mese, scelta legata alla presenza riferita di vomiti, rigurgiti e pianto doloroso. Il piccolo era passato quindi, all’inizio del terzo mese, a un latte di soia con beneficio ed era stata posta diagnosi di reflusso gastroesofageo secondario a intolleranza alle proteine del latte vaccino. Lo svezzamento era avvenuto al quinto mese con frutta grattugiata (pera). Nel corso del ricovero Gabriele venne sottoposto a esami di routine e anche a visita cardiologica e RAST che non evidenziarono elementi di interesse. Il dosaggio delle IgE totali risultò pari a 1 e il lactotest IgG diede esito nella norma. La diagnosi di dimissione fu IPLV, RGE e allergia alla crema di riso. Si suggerì terapia con cisapride. Il secondo ricovero risale al 14 ottobre 2002 per trauma cranico occipitale. Nel corso del ricovero, visto che il bambino seguiva una dieta speciale e, soprattutto, senza latte, uova, frumento (queste due ultime privazioni su base puramente cautelativa) vennero eseguiti anche prick test per inalanti, alimenti, lattice ma risultarono tutti negativi. Così come gli anticorpi anti-Helicobacter pilori e i rast (a eccezione di una debole positività per l’acaro della farina). Nel dicembre 2003 avvenne la separazione dei genitori (con forti attriti circa le privazioni alimentari del figlio della cui utilità il padre non era convinto) e iniziarono i contenziosi per la custodia di Gabriele. Pare che il terzo ricovero di Gabriele (4 agosto 2004 in regime di day hospital - DH) fosse stato richiesto dal padre che non era persuaso del quadro poliallergico alimentare paventato dalla madre che lo aveva ormai privato di numerosi alimenti. Infatti a 15 mesi si sarebbe verificata un’allergia alla soia (non vengono chiarite le modalità di presentazione) e da allora Gabriele seguiva dieta speciale con latte idrolisato hypolac e pasta aproteica. Anticorpi per la celiachia, rast e pricks risultarono negativi salvo che per una leggera positività ai fiori dell’olivo. Nel quarto ricovero (10-09-2004) venne eseguito il challenge per il glutine: non si evidenziarono sintomi. Risultarono negativi i RAST per latte, uovo, acari, piante nonché i markers per celiachia. Si liberalizzò così, la dieta per il glutine. Nel quinto ricovero (2-1-2005) effettuato a seguito di crisi di pallore e difficoltà respiratorie riferite esclusivamente dalla madre e mai verificate da un sanitario, si pensò di testare l’allergia al latte con un challenge ma il bimbo si rifiutò categoricamente di assumerlo. Il sesto ricovero (8-1-2005) contemplò il challenge del latte e la liberalizzazione dietetica per questo alimento per l’assenza di reazioni (anche se la madre riferì comunque ai sanitari una crisi di sudorazione). Il settimo ricovero avvenne per anoressia (riferita dalla madre e comparsa, secondo questa prospettazione contestata dal padre, da due mesi) aggravatasi nell’ultima settimana con vomito (28-5-2005). Gli esami risultarono nella norma come sempre (in particolare i marker della celiachia, oltre che il prick al latte che, però, ha scarsa attendibilità in quanto Gabriele assumeva cronicamente Tinset) e non si trovò nessuna giustificazione organica ai disturbi segnalati. In cartella si iniziò a parlare di “pregressa poliallergia” e venne effettuata un’osservazione psicologica che rileva un’iperprotettività materna (anticamera alla Iper-cura). L’ottavo ricovero (4-6-2005) in DH per poliallergia alimentare e iporessia. Si programmarono dei colloqui psicologici dato che ormai si iniziava a dubitare fortemente di un’origine organica dei disturbi. Le misure di peso e altezza erano, come sempre, nei range di normalità. Il bambino, teniamolo presente, non aveva ancora sei anni ed era già all’ottavo ricovero. Il nono ricovero è del 7 agosto 2005 per enterite da rotavirus. Decimo ricovero dal 27 settembre al 5 ottobre 2005 in cui, dopo anni di accertamenti e di prescrizioni terapeutiche, si iniziò a parlare chiaramente di malattia psicosomatica. In data 7 settembre 2007 e fino al 21 undicesimo ricovero per polmonite destra. Al momento del ricovero, non potendosi più dire Gabriele allergico a latte e frumento, la madre riferì allergia all’aspirina, al cefaclor, allo zitromax, alle fragole, alla pesca, alla soia, all’anguria, all’uovo e al pomodoro. Cui dobbiamo aggiungere l’allergia dichiarata in altri ricoveri al sobrerolo. Gli esami per malassorbimento e celiachia risultarono ancora negativi. Per artralgie (in assenza di segni obiettivi di flogosi) vennero eseguiti esami relativi al profilo autoanticorpale. Risultarono tutti negativi (specie gli anticorpi anti citrullina, gli ANA, ENA, ASCA, ANCA) e ci fu una positività solo per gli ASMA (anti muscolo liscio) ma sappiamo che una positività a basso titolo (e qui non venne specificato il titolo) può esser presente in molti soggetti sani. Non vi era malattia da immunocomplessi (complementemia nella norma), le IgE risultarono sotto i 100 (53.6 e 38.7). In data 1 ottobre 2007, a 8 anni, dodicesimo ricovero per sospetta artrite reumatoide. La visita oculistica escluse l’iridociclite, gli esami ematochimici risultarono regolari con indici infiammatori nella norma. L’artrite reumatoide è per definizione una patologia infiammatoria: come poteva essere sospettata se gli indici infiammatori non erano minimamente alterati? Un’ecografia addominale risultò nell’assoluta normalità tranne un ispessimento di 5 mm dell’ultima ansa ileale. Così in data 8-10-2007 arrivò il tredicesimo ricovero (questa volta non più per sospetta artrite reumatoide ma per sospetta malattia di Crohn (perché l’eco dell’ultima ansa ileale in data 1 ottobre aveva dato immagine ispessita). Al momento dell’accettazione Gabriele risultò non mangiare LATTE (MALGRADO LO SCATENAMENTO AVESSE A SUO TEMPO DATO ESITO NEGATIVO), FORMAGGI, PESCE, UOVO, POMODORO, FRAGOLA, PESCA. Risultavano disturbi d’ansia dai sei anni d’età. Gli esami ematochimici esclusero movimenti degli indici infiammatori. La VES assolutamente normale. La radiografia del torace risultò pure normale. L’esofagogastroduodenoscopia fu nella norma. La biopsia del bulbo duodeno-digiunale evidenziò solo flogosi cronica aspecifica. La colonscopia evidenziò invece quadro di ileite terminale per cui, in attesa dell’esito bioptico, nell’ipotesi di morbo di Crohn si provvide a terapia specifica con asacol. Il 27-9-2008 arrivò il quattordicesimo ricovero per “artralgie in paziente affetto da polintolleranze alimentari”. Ancora una volta, infatti, non vi fu nessun riscontro oggettivo alle parole della madre e la terapia consigliata fu il classico placebo: il Multicentrum!! Nel ricovero il povero Gabriele venne sottoposto alla consueta caterva di esami senza note di patologia organica: Rast, anticorpi dell’autoimmunità, ECG, Rx spalla destra, eco addome, consulenze cardiologica, ortopedica e psicologica. Quest’ultima è degna di rilievo: afferma infatti che Gabriele attraverso la comunicazione somatiforme esprime un disagio psicoemozionale; rimarca inoltre che la madre si oppone a ulteriori approfondimenti perché seguita da altri specialisti. Risulta, dalle parole del padre, che almeno quattro pediatri curanti siano stati cambiati nel tempo perché non d’accordo con la necessità di cure del bambino e questo si verifica spesso nei casi in cui un genitore vuole mantenere il controllo assoluto del minore attraverso le sue malattie immaginarie o funzionali o, comunque, prive di substrato organico. Anche il ciclo vaccinale pare inoltre sia stato interrotto per supposte reazioni avverse segnalate dalla madre (riferito dal padre). Dopo questo ricovero, avvenuto due mesi dopo la revoca della potestà genitoriale al padre (luglio 2008, soprattutto perché somministrava cibi che il pediatra curante, il quinto, aveva definito pericolosi per il minore), viene riferito che le ospedalizzazioni cessano d’incanto. La diagnosi di dimissione, però, molto più opportunamente fu in questo caso “dolori articolari e addominali sine materia in corso di definizione diagnostica”. Attualmente il figlio è affidato esclusivamente alla madre; il padre sta lottando per riacquistare la potestà genitoriale sul figlio che non vede da due anni. POSSIBILE SPIEGAZIONE Cito testualmente dal manuale di pediatria Schwarz-Tiene: “La patologia da inganno è frequente, e oggi più frequente che in passato per il crescente peso simbolico che le malattie hanno nel contesto sociale e per la crescente attenzione prestata alle malattie dei bambini in particolare. L’inganno può essere proposto dal bambino (in questo caso più frequente le età più tipiche sono ancora una volta quelle dagli 8 ai 14 anni) o dalla famiglia tramite il bambino (sindrome di Munchausen by proxy o per procura). Nel primo caso sono più frequenti febbri, dolori, impotenza funzionale agli arti, lipotimie e vertigini o convulsioni. Nel secondo l’ematuria, la diarrea, il vomito, la scarsa crescita. La patologia da inganno, così come la patologia funzionale, ma forse più spesso ancora, conduce alla sala operatoria, alla TAC, a ospedalizzazioni anche di mesi, non di rado. Ed è tuttora largamente misconosciuta”. E ancora: “...il sintomo serve a produrre un vantaggio e il vantaggio è ancora una volta stare a casa, essere accuditi. A volte il sintomo riproduce anamnesticamente una sintomatologia effettivamente prodottasi durante una malattia (NDR: come non pensare a vomito, iporessia, scarsa crescita tipiche dell’intolleranza alle proteine del latte vaccino dei primi mesi di vita e perpetuati dai ricordi materni?). La famiglia può proporre il bambino malato per ottenere vantaggi temporali (deposito del bambino) o per rispondere ad esigenze più complesse”. La sindrome di Münchausen per procura consiste nel danneggiare deliberatamente il corpo di qualcun altro, in genere dei propri figli, per appagare un desiderio inconscio di mettere in atto un dramma personale e rinforzare la relazione con la figura medica che occupa le loro fantasie. La sindrome di Münchausen per procura (MSP) rientra nella tipologia di patologie conosciute col nome di patologie della cura, in tal caso si parla di iper-cura. E questo termine pare ben adattarsi, a mio modestissimo parere, al caso di Gabriele (14 ricoveri per lo più sine materia e una pletora di accertamenti e visite pubbliche e private). Meadow la definisce: “Situazione in cui i genitori, o inventando sintomi e segni che i propri figli non hanno, o procurando loro sintomi e disturbi (per esempio somministrando sostanze dannose), li espongono a una serie di accertamenti, esami, interventi che finiscono per danneggiarli o addirittura ucciderli”. Nel Regno Unito l’incidenza dei casi in bambini sotto l’anno di vita è circa di 2,8 su 100.000 all’anno e si calcola un tasso di mortalità tra il 9% e il 22% dei casi (Rosemberg, 1987; Sheppard, 2001). Per quanto ci siano molte relazioni di casi di MSP non esistono dei dati di prevalenza basati sulla popolazione. La dottoressa Donna Rosemberg dell’Health Sciences Center dell’Università del Colorado indica quattro principali caratteristiche della MSP su cui penso che bisogni riflettere senza preconcetti alla luce della storia clinica di Gabriele:
Il ruolo del padre è misterioso e incerto. Il più delle volte è assente dalla vita familiare o resta lontano da casa per la maggior parte del tempo. Questo, naturalmente aiuta la madre nel fabbricare i sintomi senza che nessuno se ne accorga. Il fatto curioso, tuttavia, è che quando la donna viene scoperta e messa di fronte agli abusi perpetrati non di rado il marito la sostiene e può persino rendersi complice dei suoi inganni, facilitando tacitamente il suo comportamento (NDR: questo non è evidentemente il caso del papà di Gabriele). Alla luce della storia clinica di Gabriele che non si esaurisce, ricordiamolo, con questi 14 ricoveri in nove anni ma contempla pure una pletora di consulenze e accertamenti extraospedalieri, penso che non si possa escludere aprioristicamente il quadro di una patologia da inganno. In ogni caso la mia opinione (condivisa dai colleghi cui ho presentato il caso) è che un bambino sostanzialmente sano che viene ospedalizzato così tante volte (troppo spesso su basi non organiche) sia comunque un bambino abusato. Non sta a me, sia chiaro, stabilire le responsabilità (forse qui più che mai vale la regola evangelica del “chi è senza peccato scagli la prima pietra”) e le motivazioni. |
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