Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Dicembre 2010 - Volume XIII - numero 10
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Una
banale gastroenterite?
Clinica
pediatrica, Università di Ferrara
Yasmin
(nome di fantasia), marocchina di 13 mesi, da qualche giorno
presenta dolore addominale, febbre, diarrea, vomito e
inappetenza. Al terzo accesso presso il nostro ambulatorio di
accettazione pediatrica, per la notevole difficoltà della
piccola ad assumere liquidi per bocca e della nostra équipe
a comunicare con la mamma, più che per i lievissimi segni
di disidratazione, si decide per il ricovero della piccola.
Una
banale gastroenterite. Tutto qui, si chiederà qualcuno?
All’ingresso,
dopo gli innumerevoli vani tentativi di impostare una
reidratazione e.v., “si decide” per la terapia
reidratante orale, sicuri che dalla nostra parte giochi il fatto
che la piccola assuma ancora regolarmente e frequentemente (forse
troppo) latte materno.
Il
laboratorio evidenzia solo una “semplice” leucocitosi
neutrofila, microcitemia (così frequente nei piccoli
extracomunitari) e una coprocoltura negativa per virus e batteri.
Primo
stick urine: ematuria (3+), glicosuria (2+), proteinuria (3+)…
mah… ci lasciamo convincere dall’ipotesi di
qualcuno: “Ma sì, probabilmente è contaminato
il sacchetto…”.
Gli
stick eseguiti nei giorni successivi, così come i sintomi
gastroenterici della piccola, migliorano, nonostante persista un
colorito pallido-grigiastro (“la sua anemia microcitica,
che dovrà essere indagata dal curante in benessere”)
e una spiccata irritabilità della piccola (“il
ricordo dei recenti tentativi di metterle la flebo…”).
Il
bilancio idrico e la quantità di liquidi assunti da Yasmin
non riescono a essere calcolati precisamente… la mamma non
capisce una parola di italiano.
Insistiamo
a gesti sulla necessità di far bere molto la piccola e di
continuare con il latte materno. Per scrupolo eseguiamo una
doppia pesata all’ultima poppata... 30 g... cosa???
In
quinta giornata la piccola appare più ipotonica e
irritabile, il turgore è ridotto, il pallore più
spiccato. Ora rifiuta il seno e i liquidi.
I
primi esami emergenti rivelano improvvisamente anemia e
piastrinopenia. Che tipo di anemia? LDH elevata, bassi livelli di
aptoglobina, reticolociti aumentati… nonostante la
bilirubina sia nei limiti, sembrerebbe proprio un’anemia
emolitica. Anche il profilo renale appare alterato: gli esami
rivelano aumento della creatininemia, disionia e ipoproteinemia;
lo stick urine è di nuovo alterato (ematuria 3+,
glicosuria e proteinuria 1+).
Sperando
in un errore di laboratorio, ripetiamo gli esami 2 ore dopo. Il
risultato? Un peggioramento dell’anemia (Hb = 6,9 mg/dl) e
una conta piastrinica di 119.000/mm3. Allo striscio periferico:
anisopoichilocitosi e frammentazione delle emazie.
Facciamo
il punto: 1. una precedente gastroenterite; 2. anemia emolitica e
piastrinopenia; 3. insufficienza renale acuta… la triade
classica della sindrome emolitico-uremica!
Poniamo
la piccola in infusione e successivamente in nutrizione
parenterale. In 7° giornata assistiamo a un miglioramento
delle condizioni generali e dello stato di idratazione, con
ripresa della diuresi; parallelamente si normalizzano la conta
piastrinica e la funzionalità renale e migliora l’anemia.
La piccola riprenderà ad alimentarsi autonomamente in 11°
giornata e verrà dimessa poco dopo in buone condizioni
generali.
DISCUSSIONE
La
sindrome emolitico-uremica (SEU) rappresenta la prima causa di
insufficienza renale acuta in età pediatrica. La maggior
parte dei casi si manifesta in seguito a un episodio di colite
emorragica da E. coli o Salmonella: in questo caso si parla di
SEU tipica. La triade clinica della SEU è rappresentata da
anemia emolitica microangiopatica, trombocitopenia e
insufficienza renale acuta. La patogenesi della SEU è
rappresentata dal danno delle cellule endoteliali dei piccoli
vasi colici, renali e del SNC. Il danno è probabilmente
mediato dalla tossina Shiga liberata da EHEC, che attraversa la
barriera intestinale e accede al circolo ematico. Nella fase
acuta, la mortalità è del 3-5%. Il 60% dei pazienti
supera la fase acuta e ha un recupero completo dopo 2-3 settimane
di ospedalizzazione. La terapia della SEU è supportiva e
non c’è consenso sul ruolo di terapie specifiche.
Una recente review (Michael M, et al. Am J Kidney Dis
2009;53:259-72) ha concluso che plasma fresco, terapia
anticoagulante, steroidi e ligando della tossina non conferiscono
un vantaggio rispetto alla sola cura supportiva.
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