Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Maggio 2002 - Volume V - numero 5

M&B Pagine Elettroniche

Contributi Originali - Casi contributivi

Dalla clinica alla genetica.Il percorso di una famiglia in un caso di sindrome di  Rett
Salvatore Tambè, Tania Gerarduzzi, Aldo Scabar
Clinica Pediatrica e Neuropsichiatria infantile, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste

Sommario
La sindrome di Rett (S.R.) è un disordine neurodegenerativo progressivo dell' evoluzione che si manifesta prevalentemente nei primi 2 anni di vita. Rappresenta la III causa di ritardo mentale dopo la s. di Down e la s.dell' x fragile, con una frequenza che va da 1/10.000 a 1/15.000.
Mutazioni del gene MECP2 sito nel cromosoma X sono state dimostrate responsabili della maggior parte dei casi di tale patologia. La diagnosi pone delle complesse problematiche inerenti la comunicazione e l'assistenza. Fino al settembre del '99 la diagnosi si basava esclusivamente sull'esame clinico. Da allora viene confermata in circa il 80% dei casi dalla genetica molecolare.
Noi riportiamo la storia di una bambina con S.R. diagnosticata presso il nostro Istituto nel periodo a cavallo tra la vecchia e la nuova metodica diagnostica.

Il caso
K. E., nata nel maggio del 1990, viene portata alla nostra osservazione per la prima volta nel novembre del 92 dai genitori preoccupati perché  “tranquilla e troppo buona”.
L'anamnesi patologica remota risulta negativa per sofferenza perinatale, con sviluppo psicomotorio nella norma fino a qualche mese prima (fino a 17 mesi), quando la madre nota segni di regressione.
Alla visita neurologica viene riscontrato opposizionismo, linguaggio assente con numerosi vocalizzi spesso stereotipati, partecipazione all' ambiente nei limiti(!), stereotipie gestuali, lievi segni di autoaggressione.
L'EEG nel sonno fisiologico documenta alcune scariche parossistiche. Data l'importanza dei segni obiettivi si valuta una possibile origine organica per mezzo di una TACcranio e di una visita oculistica, che però risultano nella norma.
La bambina viene dimessa con diagnosi di “Patologia complessa della comunicazione in parte di origine disfasica, in parte di origine relazionale”.
Rientrata alla nostra osservazione nel gennaio '93, vengono riferiti dai genitori piccoli miglioramenti comportamentali con riduzione dell'autoaggressività. La piccola paziente è in trattamento logopedico presso la nostra struttura e, su iniziativa dei genitori, anche esternamente.
Il comportamento è ancora caratterizzato dalla presenza di molte stereotipie. Lo sviluppo psicomotorio ha registrato qualche progresso con miglioramenti lievi nella postura e nella coordinazione e comparsa di suoni articolati utilizzati anche per porsi in relazione a persone. Il contatto con gli oggetti rimane non finalizzato.
Lo sviluppo psicomotorio, misurato con il test di Brunet-Lezine, indica un'età apparente di 11 mesi e 9 gg a fronte di una età reale di 31 mesi.
Mappa cromosomica e ricerca del sito fragile nel cromosoma x risultano negativi.
L'EEG conferma una intensa attività parossistica multifocale nel sonno, per cui si decide di iniziare una terapia con carbamazepina nonostante le perplessità esposte dal padre. 
Nel luglio del ‘93 la bambina rientra per essere sottoposta a RMN cerebrale che darà esito negativo.L'EEG mostra ancora una lieve attività parossistica per cui si pone in terapia con Nitrazepam. In quella occasione il padre riferisce lieve miglioramento soprattutto nell'affettività e nella comunicazione gestuale più che linguistica. Viene iscritta alla scuola materna.
Alla visita di controllo  nel '94, i genitori della bambina riferiscono un miglioramento dell'attenzione, una riduzione delle stereotipie (che si ripresentano quando la bambina è annoiata) e comparsa di alcuni movimenti di utilizzazione.
Da parte nostra, al contrario, non si osservano novità di rilievo; persiste un'intensa attività stereotipata a carico delle mani, la comprensione degli ordini verbali sembra assente così come il linguaggio. Si evidenzia una marcia aprassica, sorride spesso anche senza motivo.
All'esame specialistico risultano negative la RMN,  il fondo oculare, e  non emergono evidenze per  una malattia di accumulo.
In considerazione del quadro clinico che si andava man mano delineando (grave regressione psicomotoria, stereotipie), la bambina viene dimessa con la diagnosi di S.Rett. 
Alla visita di controllo effettuata a distanza di un anno, i genitori riferiscono un miglioramento nella marcia, nella motilità finalizzata e il ritorno di babbling canonico. All'esame obiettivo permangono le stereotipie gestuali.
Nel ‘96, non convinti dalla diagnosi posta dal nostro centro, i genitori della bambina si rivolgono ad altri curanti. In particolare uno di questi, offre un'interpretazione alternativa che si basa su un supposto "effetto neurotossico da parte di metalli pesanti in combinazione con la presenza di molecole HLA che possono avere qualche ruolo predisponente a malattie immuni del SNC".
Viene effettuato il dosaggio del mercurio sui capelli e nel sangue della bambina. La concentrazione di mercurio riscontrata nella bambina è decisamente superiore alla norma. Questo viene messo in rapporto con l'abbondante consumo di pesce che il padre si procura abitualmente in porto, dove lavora. Effettivamente, la concentrazione di mercurio nel mare locale è un po' più elevata che altrove, ma non tale da far registrare nella zona casi di intossicazione da mercurio.
Per tale motivo inizia terapia con Selenio come chelante, Melatonina e Polivitaminici nel tentativo di favorire il recupero delle funzioni neurologiche.
Tornata alla nostra osservazione nel 97, i genitori riferiscono notevoli miglioramenti. Da parte nostra, sono stati esclusi peggioramenti in senso assoluto dell'obiettività neurologica, e rilevati alcuni progressi in ambito comunicativo pur di fronte ad un ritardo profondo con assenza dei prerequisiti per lo sviluppo del linguaggio e per lo sviluppo di una attività motoria finalizzata all'uso di oggetti
Dopo una parentesi di tre anni in cui non abbiamo avuto più notizie della bambina, la piccola paziente ritorna presso la Clinica Pediatrica di questo Istituto con la richiesta di eseguire una puntura lombare al fine di valutare la concentrazione liquorale di mercurio. Valutata la storia clinica e la diagnosi posta dai colleghi neurologi, considerata la discutibile base scientifica sulla quale poggia l'ipotesi di intossicazione di mercurio, non si ritiene opportuno procedere alla lombare. Diversamente, vista la recente disponibilità del test diagnostico molecolare per la S. di Rett, si invia un campione di DNA per tale esame. L'esame, eseguito presso Istituto di Genetica dell'Università di Firenze, mostra una delezione di 41 paia di basi a carico dell'esone 3 del gene  MECP2 che conferma quindi la diagnosi “clinica” posta cinque anni addietro.

Discussione
L'identificazione della sindrome di Rett come distinto fenotipo è avvenuta per la prima volta nel 1966 grazie all'esperienza clinica di un medico austriaco dal quale prende il nome.
Soltanto nell ‘84 la scoperta di Andreas Rett diviene patrimonio di tutti, ma dobbiamo arrivare al 1999 per poter affidarci ad un marker quale il gene MECP2 sito sul cromosoma X, per poter finalmente fare una diagnosi non solo clinica ma anche genetica.
Le mutazioni che danno nella femmina il fenotipo classico della sindrome di Rett sono incompatibili con la vita nel maschio, ma sono state descritte anche mutazioni che si esprimo in entrambi i sessi, con un fenotipo più gravi nei maschi che nelle femmine affette. L'esatta funzione della proteina MECP2 non è nota, ma si sa che è imortante per la maturazione neuronale.
Le manifestazioni che definiscono la classica sindrome di Rett sono di seguito riportate:

Manifestazioni
Età
Sviluppo normale alla nascita
0- 6 mesi o più
Arresto di crescita della circonferenza cranica (non presente in tutti i casi)
3 mesi - 4 anni
Perdita delle abilità manuali finalizzate già acquisite, difficoltà di comunicazione, non socializzazione, regressione psicomotoria, ritardo mentale, perdità del linguaggio parlato o del babbling
9 mesi - 2,5 anni
Stereotipie delle mani (lavarsi, strofinarsi e battere le mani)
1 - 3 anni
Atassia, disprassia
2 - 4 anni
da B Hagberg. Rett syndrome: clinica peculiarities and biological mysteries. Acta Paediatr 1995;84:971-6

Come si vede dalla tabella, l'aspetto più caratteristico è la regressione psicomotoria con perdita di competenze normalmente acquisite nel primo anno di vita. Si comprende perciò come la diagnosi possa essere difficile all'inizio di questo viraggio, finché la gravità della regressione e la comparsa delle classiche stereotipie non guidano verso la diagnosi corretta. L'andamento della malattia è così caratteristicamente legato all'evoluzione e allìetà che sono stati identificati 4 stadi clinici, di seguito riportati. La conoscenza di questi è indispenzabile sia per affrontare i problemi legati alla comunicazione della prognosi della malattia sia per mettere in atto interventi adeguati e realizzabili.

Stadio

I - stagnazione a esordio precoce
Sviluppo normale in termini di acquisizioni ma rallentato. Non evidenti segni di regressione.
II - rapida regressione dello sviluppo.
Durata: mesi.
Da 1 a 3-4 anni. Rapida perdita delle competenze già acquisite di manualità e comunicazione, che si verifica nell'arco di pochi mesi. Perdità del lingiaggio parlato e del babbling finalistico, perdita del gioco attivo, contatto dello sguardo per lo più conservato. Convulsioni nel 15% dei casi.
III - periodo pseudostazionario
Durata: anni, decenni.
Qualche grado di recupero delle capacità di comunicazione. Apparente persistenza delle capacità di deambulazione ma progressiva regressione neuromotoria. Aprassia/disprassia.
IV - deterioramento motorio tardivo
Perdita della capacità di deambulazione, dipendenza dalla sedia a rotelle. Grave disabilità, difficoltà nella nutrizione.

Nel caso da noi presentato, vi erano una serie di segni e sintomi caratteristici della malattia quali lo sviluppo psicomotorio apparentemente nella norma nei primi mesi di vita (17 mesi circa), graduale perdita del linguaggio, rallentamento della crescita, attività parossistica multifocale all'EEG, atassia, tratti autistici incostanti e stabilizzazione della malattia dopo un periodo di regressione.
D'altro canto ci siamo trovati di fronte ad una serie di fattori confondenti.
All'inizio ci eravamo indirizzati verso una patologia di tipo relazionale più che organica, ipotesi subito abbandonata visto il progressivo decadimento dello sviluppo psicomotorio e l'evidenza di attività parossistica all'EEG. Deviante  è stato anche il comportamento dei genitori che non volendo mai accettare una diagnosi così grave, hanno inconsciamente negato l'evidenza, informandoci ad ogni controllo di surreali miglioramenti della bambina che non avevano invece alcun riscontro obiettivo. La famiglia è anche ricorsa a trattamenti “alternativi” quali la musicoterapica, ha fatto seguire la bambina da due logopedisti contemporaneamente, ed è andata alla ricerca di responsi meno drastici (ma purtroppo non veritieri) in altri Istituti, come accaduto dopo l'evidenza di alte concentrazioni di mercurio nei capelli. Certamente questa nuova diagnosi presentava il vantaggio di una curabilità della malattia. D'altra parte non sappiamo quale effetto abbia avuto questa diagnosi sul padre dato che il sovraccarico di mercurio era stato attribuito ad un eccessivo consumo di pesce pescato dal genitore.
Da un solo dato laboratoristico, come in questo caso, non si può fare una diagnosi, soprattutto non conoscendo la complessità del quadro clinico e non essendoci alcuna  motivazione per un esame così mirato. Lo smarrimento dei genitori e la loro ansia di fronte ad una diagnosi ineluttabile, associato ad una buona dose di “conoscenze”, è bastato per giustificare l'esecuzione (ripetuta talaltro in diversi istituti di Igiene ) di test sierologici per la ricerca di metalli pesanti. La caparbietà dei genitori ha indotto addirittura alcuni curanti a postulare delle ipotesi (anche pubblicate!) di una capacità da parte del mercurio di indurre o di slatentizzare una S. di Rett.
E' naturale che di fronte ad una diagnosi così grave, la famiglia non realizzi subito quanto sta accadendo. Il lungo peregrinare dei genitori alla ricerca di una verità meno dura equivale ad una negazione o distorsione del problema. La possibilità di una evoluzione in questo senso deve essere conosciuta per permettere il miglior contenimento possibile, cosa che non si realizza certo accettando di eseguire indagini non suggerite dalla clinica.   

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S. Tambè, T. Gerarduzzi, A. Scabar. Dalla clinica alla genetica.Il percorso di una famiglia in un caso di sindrome di  Rett. Medico e Bambino pagine elettroniche 2002;5(5) https://www.medicoebambino.com/?id=CL0205_10.html