Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Giugno 1999 - Volume II - numero 6
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- Linfoadenite da micobatteri non tubercolari
Epatite C da immunoglobuline contaminate
L'origine del melanoma
Le cause del telarca prematuro
Finalmente vicini al vaccino coniugato contro il meningococco, anche di gruppo B
Latte umano e intelligenza
Lo zucchero calma il lattante colico ?
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- Linfoadenite da micobatteri non tubercolari
Epatite C da immunoglobuline contaminate
L'origine del melanoma
Le cause del telarca prematuro
Finalmente vicini al vaccino coniugato contro il meningococco, anche di gruppo B
Latte umano e intelligenza
Lo zucchero calma il lattante colico ?
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Giugno 1999 - Volume II - numero 6
M&B Pagine Elettroniche
Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte,
Ancora
sulla resistenza alla penicillina dello pneumococco: interessa solo
per la meningite acuta.
Di
resistenza dello pneumococco (P) alla penicillina si fa un gran
parlare e i pediatri giustamente se ne preoccupano. Ma già da
circa un anno le notizie cliniche in proposito sono rassicuranti.
Intanto gli pneumococchi, nei confronti della penicillina, sono stati
suddivisi in 3 grandi gruppi: quelli che sono rimasti sensibili,
quelli che hanno una sensibilità (o una resistenza) intermedia
e quelli che sono fortemente resistenti. Uno studio eseguito da
ricercatori USA e locali in Argentina e in Uruguay (Pediatrics103, 409-13, 1999) ha messo in evidenza che anche quando si
tratti di pneumococchi altamente resistenti, da un punto di vista
clinico, l'aumento del rischio è dimostrabile solo per i casi
di meningite acuta e non per la polmonite, per l'otite media acuta o
per altre localizzazioni. Di grande interesse pratico alcune
puntualizzazioni: è più facile avere una malattia da P
quando nei 3 mesi precedenti è stata usata penicillina o
ampicillina o quando il paziente possiede una "copertura medica
privata", come avviene nel 17% dei bambini di quei Paesi.
Inoltre i bambini con meningite è meno facile che abbiano un
ceppo di P altamente resistente, di quanto non sia nelle altre
localizzazioni della malattia; è risultato poi che i ceppi
altamente resistenti non sono più virulenti dei ceppi ancora
suscettibili alla penicillina e che i bambini con malattie invasive,
non meningeali, rispondono egualmente bene alla penicillina, senza
alcun riguardo alla sensibilità alla penicillina del ceppo di
P in gioco. Pubblicazioni del genere erano già stata ricordate
sulla Pagina Gialla, ma riguardavano solo l'adulto. Va
ricordato infine che il fenomeno della resistenza dello P è di
limitato interesse nel nostro Paese: tuttavia questi dati
sottolineano una volta di più è necessario limitare al
massimo l'impiego degli antibiotici, anche nella popolazione
pediatrica.
Efficacia
protettiva di un'infezione naturale da rotavirus
Alla
ricerca di un nuovo più efficace vaccino contro i rotavirus,
risulta di grande interesse valutare quale sia l'efficacia conferita
dall'infezione naturale. Approfittando di un'esperienza condotta per
lo studio di un vaccino, sono state valutate l'immunità e
l'efficacia protettiva di una prima infezione da rotavirus G3
(J Infect Dis 178, 1562-6, 1998). Dall'esame di 391
soggetti, che costituivano il gruppo controllo, è stato
calcolato che l'efficacia di un episodio iniziale, dovuto al
sierotipo G3, è stata del 91%, nei confronti della prevenzione
di un successivo episodio dovuto allo stesso sierotipo.
Linfoadenite
da micobatteri non tubercolari
La più
comune manifestazione dell'infezione da micobatteri non tubercolari
(MNT) è la linfoadenite cervicale del bambino, senza altre
localizzazioni. Su 19 bambini 9 vennero subito sottoposti
all'escissione chirurgica dei linfonodi interessati; gli altri 10
furono trattati con antibiotici macrolidi, associati ad altri farmaci
antibatterici (claritromicina, rifampicina, etambutolo, rifabutina
-un nuovo antitubercolare- e etambutolo). Di questi 10, 5 richiesero
successivamente l'escissione chirurgica e 5 guarirono con il
trattamento combinato di antibiotici (Clin Infect Dis
28, 123-9, 1999). Gli autori concludono che, se l'escissione
chirurgica non viene considerata come possibile, la terapia
antibiotica può essere utile in qualche paziente.
Epatite
C da immunoglobuline contaminate
Un paio
di anni ci fu un gran parlare sulla possibilità di infezioni
da HCV in seguito a trasfusioni di sangue infetto o di prodotti del
sangue, comprese le immuno-globuline. La disponibilità di
tecniche altamente sensibili per scrinare il sangue da usare per le
trasfusioni o per la preparazione di derivati, ha ridotto
notevolmente l'incidenza delle epatiti C dopo la somministrazione di
sangue o derivati. Nella ricerca della letteratura risultò
evidente che in Irlanda fra il 1977 e il 1978 vi fu una grave
contaminazione HCV-correlata, da parte del sangue infetto di un
singolo donatore, per la preparazione di immuno-globuline anti D,
necessarie nella prevenzione della MEN da Rh. Risultò che in
seguito a questa somministrazione per via intramuscolare ben 704
donne avevano sofferto di un'infezione da HCV: 390 di esse erano
positive per l'HVC RNA. Cosa è successo a distanza di oltre 20
anni a queste donne? La maggior parte di loro mostra ancora i segni
di un'infiammazione epatica da leggera a moderata, circa la metà
ha i segni di fibrosi epatica e il 2% di esse ha una probabile o
sicura cirrosi del fegato: fra queste 7 donne, due consumavano
elevate quantità di alcool (N Engl J Med 340,
1228-33, 1999). Un episodio analogo si è verificato
successivamente nella Germania dell'est, in seguito al quale 152
donne furono contaminate con l'HCV dopo alla somministrazione per via
intramuscolare di immuno-globuline anti-Rh. Più di recente
(1995-6) si è verificata una nuova ondata di casi di epatite C
in tutto il mondo, questa volta in seguito alla somministrazione di
immuno-globuline per via endovenosa, tutte appartenenti a un lotto di
Ig per vena, preparate da una grande multinazionale. Da tutto questo
la necessità di usare le Ig solo nelle situazioni in cui sia
ormai assodata l'utilità del loro impiego. Il rischio per
epatite C dopo la trasfusione di sangue viene calcolato in un caso
ogni 30.000-150.000 unità (Pagina giallaaprile 1999; NEJM 340, 438-7 e 525-33, 1999).
L'origine
del melanoma
I tumori
della pelle rappresentano negli USA il 40% di tutti i tumori; fra
questi, la frequenza del melanoma maligno, il più comune
tumore mortale della cute, è aumentata di circa 15 volte negli
ultimi 60 anni: nel 1997 in tutti gli Stati Uniti ne furono
diagnosticati circa 40.000 nuovi casi e 7.200 furono i morti per
questa malattia. In Italia nel 1994 sono morte per melanoma 1.268
persone, mentenendo la stessa proporzione nei confronti del complesso
della popolazione. Gli sforzi compiuti per diffondere fra i medici e
la popolazione le conoscenze sull'aspetto del melanoma e sul nevo
displastico, suo predecessore, non sono riusciti a prevenire in alcun
modo né l'aumento dell'incidenza, né la mortalità.
Fra le condizioni che si pensa aumentino l'incidenza del melanoma le
principali sono costituite dall'aumento nella popolazione
dell'esposizione al sole di tutte le parti del corpo, dalle erronee
modalità di questa esposizione e da alcuni fattori
costituzionali, come avere la pelle chiara o avere i capelli rossi:
basta ricordare che l'incidenza del melanoma fra i neri è solo
un decimo di quella che si riscontra fra i bianchi, a testimonianza
che i melanociti cutanei svolgono un ruolo protettivo nei confronti
dei raggi del sole (N Engl J Med 340, 1341-8, 1999). I
raggi ultravioletti, che danneggiano particolarmente il DNA, sono
ritenuti i responsabili primi del melanoma. La protezione dal sole,
sia riducendone l'esposizione nelle ore centrali del giorno, sia
ricoprendo la pelle con creme protettive, è risultata critica
nella prevenzione dei due tumori della pelle: il melanoma maligno e i
cancri non melanomi. Per noi pediatri la prevenzione ha un ruolo di
particolare importanza, perchè sembra che siano proprio le
ustioni gravi da sole dell'infanzia e della fanciullezza all'origine
del melanoma, a distanza di alcune decine di anni.
Si indica
col nome di telarca prematuro (TP) lo sviluppo isolato dei seni, in
una bambina priva di altri segni di sviluppo sessuale, in un'età
precedente gli 8 anni. Esso viene considerato come una situazione
benigna, che solo eccezionalmente progredisce verso una pubertà
precoce. Normalmente si pensa che si tratti di un'aumentata
sensibilità dei tessuti del seno a bassi livelli di
estradiolo, senza tuttavia che questa situazione sia mai stata
dimostrata. Usando una tecnica ultrasensibile è stato
dimostrato invece che nel sangue di bambine con TP i livelli di
estradiolo sono più alti di quelli presenti nelle bambine
normali, in epoca prepuberale (J Pediatr 134, 190-2,
1999). I livelli di estradiolo non erano correlati con l'età,
il peso, l'altezza, l'indice di massa corporea, l'età
all'inizio del telarca o la presenza o assenza di cisti ovariche.
Finalmente
vicini al vaccino coniugato contro il meningococco, anche di gruppo B
Fino a
oggi i vaccini in commercio contro i meningococchi sono stati di tipo
polisaccaridico e rivolti solo verso i tipi A, C, W-135 e Y. Questi
vaccini hanno due fondamentali difetti di fondo: non contengono il
polisaccaride B (PRP B), e quindi non difendono dai meningicocchi
gruppo B, e non sono immunogeni per i bambini in età inferiore
ai 2 anni. Dal PRP B è difficile ottenere un vaccino, proprio
perchè questo antigene è molto poco immunogeno ed è
presente nel tessuto neurale neonatale. Tuttavia, di recente è
stato preparato un vaccino che protegge in parte anche verso
meningococchi di gruppo B (Eurosurveillance Weekly, n.
19, 6 maggio 1999; JAMA 281, 1493-7, 1520-7 e 1541-3,
1999). La seconda buona notizia è che è già
stato prepatato un vaccino coniugato per il gruppo C del
meningococco, che è risultato immunogeno anche nei bambini di
pochi mesi, con la somministrazione a 2, 3 e 4 mesi.
Latte
umano e intelligenza
Circa un
anno fa (Pediatrics 101, p.e.9, gennaio 1998) è
stato pubblicato un interessante articolo che sottolineava
l'importanza dell'allattamento al seno nell'aumentare in modo lieve,
ma ben dimostrabile, le capacità cognitive e il rendimento
scolastico di bambini che erano stati allattati al seno. L'incremento
del rendimento risultò proporzionato alla durata
dell'allattamento, per cui fu maggiore quando l'allattamento (non
esclusivo) si era prolungato oltre gli 8 mesi, un po' minore, ma
sempre presente, quando era durato oltre 5 mesi, e ancora ben
evidente anche quando l'allattamento al seno era durato per 3 mesi e
oltre: a ogni livello le differenze, nei confronti degli allattati
artificialmente, risultarono statisticamente significative
(p<0,0001). Ma a distanza di un anno è stato pubblicato un
nuovo studio (Pediatrics 103, p.e.71, maggio 1999) che
attribuisce le migliori prestazioni intellettuali degli allattati al
seno, non tanto al latte stesso, quanto a fattori genetici e
socio-ambientali, che avrebbero complessivamente un'influenza
maggiore. Queste diverse interpretazioni delle ragioni che portano ai
vantaggi cognitivi, in chi è stato alimentato con il latte al
seno, non tolgono ovviamente nulla all'importanza del latte umano
nella dieta del lattante.
Lo
zucchero calma il lattante colico ?
Anche se
nessuno sa quale sia la ragione delle coliche nel lattante dei primi
mesi, tutti riconoscono che si tratta di una situazione frequente e
caratteristica. La sintomatologia inizia dopo 2 settimane di vita,
raggiunge l'acme nel secondo mese e scompare nel 3°-4° mese;
la concentrazione delle crisi avviene nel pomeriggio o alla sera; le
crisi resistono all'azione dei lievi calmanti e non risentono
dell'alimentazione; si possono associare a crisi d'inarcamento del
tronco, flessione delle gambe sull'addome ed espressione facciale di
intenso dolore; le crisi non sono predicibili. L'impressione dei
genitori e del pediatra di famiglia è che il bambino colico
dei primi mesi non si calmi così facilmente come il bambino
senza coliche. Per documentare questa differenza obiettiva è
stato fatto uno studio sulla risposta al saccarosio (il comune
zucchero che usiamo tutti i giorni) nel lattante normale e nel
lattante colico (Pediatrics 103, p.e. 68, maggio 1999).
Come era da spettarsi i lattanti colici si calmano di meno anche dopo
la somministrazione di saccarosio; viene sospettato che nel bambino
colico vi sia in effetti una differenza funzionale del sistema
calmante centrale, oppioido-dipendente, che si aggiusterebbe
nell'arco di 2-3 mesi.
Vaccinazione
antipertosse e wheezing
Ancora
esperienze cliniche sui rapporti fra infezioni nei primi anni di vita
e vaccinazioni da un lato e aumento delle malattie atopiche
dall'altro. Questa volta si tratta della vaccinazione contro la
pertosse nei confronti del respiro fischiante, in una ricerca che
riguarda 9.444 bambini inglesi (BMJ 318, 1173-6, 1999).
Dopo un attento esame nel corso di uno studio longitudinale, viene
concluso che non ci sono prove che la vaccinazione contro la pertosse
aumenti il rischio di malattie accompagnate da respiro fischiante nei
bambini dei primi anni. Poiché lo studio è stato
eseguito in bambini nati fra il primo aprile 1991 e io 31 dicembre
1992, è certo che il vaccino antipertosse usato sia stato il
vecchio vaccino intero. Speriamo che i risultati sarebbero stati gli
stessi anche col vaccino acellulare, per il quale attendiamo i
risultati.
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