Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Marzo 1999 - Volume II - numero 3
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- Metodi per la misurazione della temperatura
Virus dell'epatite G o più semplicemente virus G? Un enigma
Le mosche come fonte di infezione
Il fumo passivo fa venire l'appendicite acuta ?
Trasmissione del Mycobacterium tuberculosis da soggetti con escreato negativo
Il trapianto di midollo nella cura dell'artrite reumatoide&url=https://www.medicoebambino.com/index.php?id=AV9903_10.html&hashtags=Medico e Bambino,Pagine Elettroniche' target='_blank'>Condividi su Twitter
- Metodi per la misurazione della temperatura
Virus dell'epatite G o più semplicemente virus G? Un enigma
Le mosche come fonte di infezione
Il fumo passivo fa venire l'appendicite acuta ?
Trasmissione del Mycobacterium tuberculosis da soggetti con escreato negativo
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Marzo 1999 - Volume II - numero 3
M&B Pagine Elettroniche
Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte,
Completa
assoluzione del vaccino contro l'epatite B
Il primo
ottobre 1998 le autorità sanitarie francesi sospesero
temporaneamente i programmi di vaccinazione contro l'epatite B degli
adolescenti nelle scuole, in seguito ad alcune sentenze di tribunale
che ritenevano che il vaccino potesse aver causato, in alcuni casi,
la sclerosi multipla. Nel frattempo, in Francia continuava a essere
svolto il programma per la vaccinazione universale dei lattanti e dei
soggetti a rischio, sia adolescenti che adulti.
Nel mondo
sanitario e dell'informazione l'allarme prodotto da questa
inaspettata decisione è stato intenso. La stessa OMS ha
riunito un gruppo di esperti, ai quali sono stati sottoposti gli
elementi conoscitivi, raccolti in tutto il mondo, allo scopo di
ricavarne un giudizio, il più sicuro possibile.
Nel
mondo, più di 2 miliardi di persone hanno superato l'epatite B
e oltre 350 milioni di esse sono rimasti portatori cronici del virus,
alcuni con cirrosi e alcuni con cancro del fegato. Viene calcolato
che l'infezione da HBV fa ogni anno un milione di morti. Il vaccino
contro l'epatite B, disponibile dal 1982, è stato usato in
oltre 1 miliardo di dosi e sulla base dei risultati acquisiti è
stato giudicato come uno dei più sicuri e dei meno reattogeni
vaccini a disposizione. Il vaccino è risultato efficace in
oltre il 95% dei soggetti vaccinati, nel ridurre l'incidenza
dell'infezione e di conseguenza lo stato di portatore. Esistono già
pubblicazioni che documentano una netta diminuzione del cancro del
fegato nei bambini vaccinati. Oltre 100 Paesi hanno inserito la
vaccinazione contro l'HBV fra i programmi di vaccinazione
routinaria.
Anche
prima di quanto è avvenuto in Francia, erano sorti sospetti
che l'immunizzazione contro l'HBV fosse legata in qualche modo alla
comparsa di nuovi casi o alla riattivazione della sclerosi multipla o
di altre malattie demielinizzanti, a distanza di 2-3 mesi dalla
vaccinazione. A questo scopo dal 28 al 30 settembre 1998 si sono
riuniti a Ginevra numerosi esperti nel campo della salute pubblica,
dell'epidemiologia, dell'immunologia, della neurologia e della
farmacologia.
partecipanti
erano stati invitati ad esprimere il loro parere, sulla base di
queste documentazioni:
-
epidemiologia dell'epatite B
-
epidemiologia della sclerosi multipla
- dati
epidemiologici USA, italiani e canadesi
- dati
ricavati da un attivo sistema di sorveglianza e degli ospedali
pediatrici canadesi
- dati
ricavati dal sistema di farmaco-vigilanza delle industrie, inclusa la
sorveglianza dopo l'entrata in commercio e di studi clinici
- dati
pubblicati sulla sicurezza del vaccino contro l'epatite B
- dati
ricavati da un piccolo numero di studi epidemiologici analitici,
recenti e non ancora pubblicati, francesi, inglesi e statunitensi.
Dagli
elementi raccolti è risultato che la sclerosi multipla ha una
patogenesi multifattoriale, con il contributo di fattori sia genetici
che ambientali. Basandosi sull'età di distribuzione e sugli
studi di migrazione è stato ritenuto che l'esposizione a un
agente ambientale nei primi anni di vita o nell'adolescenza
contribuisca alla patogenesi della sclerosi multipla, con un
intervallo di 10-15 anni prima di giungere all'inizio della
malattia.
E'
risultato inoltre che non esiste alcuna associazione, statisticamente
significativa, tra vaccino contro l'epatite B e sclerosi multipla.
Inoltre, l'età e la distribuzione per sesso nei casi di
sclerosi multipla, prima e dopo l'introduzione della vaccinazione,
non mostrano alcuna correlazione con la somministrazione del
vaccino.
Per
concludere, non sono state trovate prove, di alcun genere, che
facciano sospettare un legame fra l'infezione da HBV o la
vaccinazione contro l'HBV e malattie demielinizzanti del sistema
nervoso centrale, compresa la sclerosi multipla. Nessuna prova,
presentata in questa riunione di esperti dell'OMS, indica la
necessità di cambiare le politiche di sanità pubblica,
nei confronti della vaccinazione contro l'epatite B. Il gruppo di
esperti dell'OMS raccomanda che tutti i Paesi continuino ad attuare i
loro programmi d'immunizzazione universale dei bambini e degli
adolescenti e continuino a immunizzare gli adulti a rischio, secondo
le regole ormai da tempo stabilite.
Bibliografia
Halsey
NA, Duclos P, Van Damme P et al - Hepatitis B vaccine and central
nervous system demyelinating diseases - Pediatr Infect Dis J
18, 23-4, 1999
Metodi
per la misurazione della temperatura
Le
moderne tecnologie hanno messo a disposizione del pediatra un numero
elevato di strumenti, adatti alla misurazione della temperatura
corporea; alcuni di questi si dimostrano di grande utilità,
mentre altri possono essere assolutamente trascurati.
Il metodo
migliore per misurare la temperatura interna è, come si sa,
l'inserzione di un catetere nell'arteria polmonare, ma questa tecnica
è ovviamente limitata alle unità di terapia intensiva e
a qualche ricerca scientifica. In alternativa la determinazione della
temperatura rettale rappresenta il metodo più semplice per
conoscere la temperatura interna, quando ci si trovi al di fuori dei
reparti di terapia intensiva. La valutazione della temperatura
rettale viene generalmente considerata come un buon metodo per
conoscere la temperatura clinica: il retto è infatti isolato
dalla temperatura ambientale ed è provvisto di un abbondante
afflusso di sangue arterioso, attraverso l'arteria emorroidale. In
studi di confronto fra temperatura rettale e temperatura dell'arteria
polmonare, è stato osservato che le temperature rettali
rimangono posticipate in confronto alla temperatura interna e sono
consistentemente più elevate della temperatura dell'arteria
polmonare. Il retto può infatti agire come un ricettacolo di
calore, perché è isolato dalla massa dei muscoli che lo
circondano o perché è ripieno di feci. Un altro
svantaggio della temperatura rettale risiede nella riluttanza dei
genitori a determinare le misurazioni rettali e nel rischio, minimo
ma reale, di perforazione e di trasmissione di patogeni enterici,
eventualmente resistenti. Nonostante queste trascurabili difficoltà,
la maggioranza degli studi clinici ha utilizzato la via rettale per
la determinazione della temperatura e ha considerato la temperatura
rettale elevata come un importante indicatore di malattia.
Esistono
altri metodi meno invasivi per la determinazione della temperatura
corporea, ma nella maggior parte dei casi essi sono meno accurati. La
valutazione tattile da parte dei genitori corrisponde purtroppo alla
temperatura rettale soltanto fra il 50 e il 79% dei casi. Le strisce
a cristalli liquidi, che aderiscono alla fronte identificano la
febbre solo nel 9-28% dei pazienti. La temperatura ascellare si è
dimostrata accurata in numerosi studi, ma necessita di tempi
relativamente lunghi. L'impiego di termometri elettronici digitali,
applicati in ascella dà una concordanza con la temperatura
rettale soltanto nel 50-70% dei casi. Esistono oggi anche i
termometri ascellari a infrarossi, ma non sono disponibili ancora
pubblicazioni che indichino la loro specificità e
sensibilità.
Anche
la determinazione della temperatura orale può essere
inaccurata, perché attraverso la bocca si respira, perché
attraverso la bocca si introducono cibi caldi o freddi, ma anche
perché il termometro può essere posto in troppe diverse
sedi nello stesso cavo orale. I bambini al di sotto dei 5 anni
possono inoltre non cooperare alla misurazione della temperatura per
la via orale e possono inavvertitamente rompere il bulbo del
termometro. Un'ottima idea è stata quella d'inserire il
termometro nel succhiotto, ma i primi modelli hanno identificato la
febbre solo nel 10% dei soggetti febbrili; un modello più
recente ha dimostrato una corrispondenza del 92%.
I
recentissimi termometri auricolari o timpanici si spera che
rispondano alle attese e che permettano di abbandonare l'uso del
rilievo rettale. E' necessario avere a disposizione nuovi parametri
di normalità quando venga deciso di passare ai termometri
auricolari, per ora esistono solo poche pubblicazioni a questo
riguardo e non tutte univoche. Dalle ricerche finora eseguite risulta
che esiste una maggior corrispondenza fra temperatura auricolare e
temperatura dell'arteria polmonare, che fra temperatura rettale e
temperatura dell'arteria polmonare.
Probabilmente
il futuro ci riserba ancora novità.
Bibliografia
Banco L,
Veltri D - Ability fo mothers to subjectively assess the presence of
fever in their children - Am J Dis Child 138, 976-8, 1984
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Chamberlain
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Jaffe DM
- What's hot and what's not: the gold standard for thermometry in
emergency medicine - Ann Emerg Med 25, 97-9, 1995
Loveys AA
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Modell
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study with oral mercury and oral electronic thermometers -South
Med J 91, 649-54, 1998
Ogren
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Prazan GE
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Rotello
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artery temperatures - Crit Care Med 24, 1501-6, 1996
Scholefield
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Terndrup
TE, Crofton DJ, Mortelliti AJ et al - Estimation of contact tympanic
membrane temperature with a noncontatcs infrared thermomether -Ann Emerg Med 30, 171-5, 1997
Virus
dell'epatite G o più semplicemente virus G? Un enigma
Quando
venne identificato nel 1995, il virus G fu immediatamente associato
all'epatite acuta e cronica, per cui venne chiamato HGV, cioè
virus dell'epatite G. Oggi giustamente viene spesso sollevata la
questione se effettivamente questo virus causi epatite e non
piuttosto altre situazioni patologiche, fra le quali, relativamente
di rado l'epatite.
Si tratta
di un virus, a singola elica di RNA, costituito da 9.392 nucleotidi,
codificanti una proteina di 2.873 aminoacidi. Esiste un 27% di
analogia con il virus dell'epatite C: ambedue questi virus
appartengono alla famiglia delle Flaviridiae. Il virus viene
dimostrato di norma con la tecnica della Polymerase chain
reaction (PCR). Studi epidemiologici sono difficili da attuare
per la mancanza di metodi diagnostici di facile applicazione. L'alta
frequenza delle infezioni da HGV in pazienti, sottoposti a emodialisi
e in soggetti che fanno uso di droghe per via venosa, testimonia che
la sua trasmissione avviene per esposizione parenterale al sangue.
Tabella Modalità di trasmissione dell'HGV | ||
Trasfusioni
di sangue | ||
Uso di
droghe per via endovenosa | ||
Emodialisi | ||
Infusione
di plasma e derivati | ||
Trasmissione
materno-fetale | ||
Contatti
sessuali | ||
In
comunità (?) | ||
Da
conviventi (?) |
La
prevalenza dell'HGV fra i donatori di sangue va dall'1 al 2%.
La
maggior parte delle infezioni da HGV avviene in pazienti, che non
dimostrano una diretta correlazione con variazione degli esami
biochimici di malattia del fegato, né d'altra parte esiste
alcun rapporto fra HGV e patologia epatica. Nel gruppo di epatiti,
una volta chiamate non-A non-B, l'infezione da HGV è stata
dimostrata nel 10% dei casi insieme a quella da HCV e solo nel 4% dei
casi è stata sostenuta unicamente dall'HGV. In pediatra la
percentuale di coinfezione con HCV è risultata ancora più
bassa, probabilmente per una più bassa incidenza di
esposizione. I soggetti che hanno infezione da HCV e HGV non hanno
presentato quadri patologici più gravi di quelli che sono
risultati portatori dell'infezione da HCV da sola.
L'infezione
evolve facilmente in cronicità: la persistenza del virus
avviene nel 75% dei casi con infezioni soltanto da HGV, e nell'87%
dei soggetti infettati contemporaneamente con HCV e HGV.
Sebbene
la viremia in corso d'infezione da HGV sia molto prolungata, solo
pochi pazienti hanno sintomi o segni di epatite, suggerendo che l'HGV
manifesta la sua tendenza epatotropa solo in alcune circostanze: si
può quindi ipotizzare che il virus non si localizzi soltanto
nel fegato. Non c'è nemmeno correlazione con le epatiti
autoimmuni tipo 1, mentre vi sono descrizioni contrastanti del suo
ruolo nell'epatite fulminante e nell'anemia aplastica.
Il
vero ruolo dell'HGV in patologia umana quindi rimane ancora da essere
completamente definito. Per ora la sua situazione classificativa
resta tuttavia quella di virus dell'epatite G.
Bibliografia
De
Martino M, Azzari C, Resti M et al - Hepatitis G virus infection in
human immunodeficiency virus type 1-infected mothers and their
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Lin HH,
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Le
mosche come fonte di infezione
Le
diarree sono ancora una delle più importanti cause di morte
nel bambino: viene calcolato che ogni anno muoiano per questa
malattia oltre 3 milioni di bambini, su circa 1 miliardo di episodi
di diarrea in bambini al di sotto dei 5 anni. Un efficace programma
di prevenzione si basa su provati interventi diretti verso patogeni
specifici (per esempio la vaccinazione contro i rotavirus) e su
interventi sulle vie di trasmissione, come il miglioramento delle
sorgenti di acqua. Sebbene vi siano forti convincimenti che le mosche
sono dei vettori della diarrea, non è mai stato fatto nessuno
studio convincente sulle conseguenze del controllo delle mosche
sull'incidenza della diarrea, nei Paesi in via di sviluppo. Una larga
esperienza del genere è stata condotta in Pakistan, mediante
lo spargimento di insetticidi per studiare la ripercussione sulle
diarree. Nello studio sono stati considerati 6 villaggi, scelti a
caso, nei quali vennero usati alternativamente insetticidi e venne
controllata la densità delle mosche, con metodologie corrette
(Lancet 353, 22-5, 1999).
Durante
la stagione delle mosche (da marzo a giugno) l'applicazione di
insetticidi praticamente eliminò la popolazione delle mosche
dai villaggi. La diffusione della diarrea ebbe nel contempo una
riduzione dei 23% nei villaggi trattati, in confronto ai villaggi non
trattati. Al di fuori della stagione delle mosche non vi furono
differenze fra i diversi villaggi.
Viene
concluso che il controllo delle mosche può avere un effetto
favorevole sull'incidenza della diarrea, uguale o superiore a quello
che si osserva dopo gli interventi dell'OMS. Ovviamente questa
esperienza necessita di conferme in altri Paesi, come d'altra parte
sono auspicabili nei Paesi in via di sviluppo altre tecnologie e
altri tipi d'intervento per ridurre la circolazione delle mosche.
Il
fumo passivo fa venire l'appendicite acuta ?
I medici
del Gruppo di Studio sulle Malattie infiammatorie dell'intestino di
Londra hanno interrogato per posta 5.264 soggetti che erano nati fra
il 5 e l'11 aprile 1970 in Gran Bretagna (Lancet 353, 379,
1999). Fra le domande ne erano comprese tre fondamentali: la loro
madre ha fumato per 5 anni o più ? Lei ha fumato tutti i
giorni ?Ha sofferto di appendicite acuta, tanto da richiedere
l'intervento di appendicectomia ? Il rapporto fra fumo e
appendicectomia è risultato statisticamente significativo
(p<0,002): un aumento del rischio è risultato anche in
soggetti le cui madri avevano fumato per 5 o più anni. Sebbene
questi risultati non dimostrino una relazione causale fra fumo e
appendicite acuta, essi indicano una forte associazione fra le due
situazioni. L'effetto protettivo del fumo sulla colite ulcerosa
potrebbe operare indirettamente attraverso l'appendicite e il
tessuto linfatico associato.
Trasmissione
del Mycobacterium tuberculosis da soggetti con escreato
negativo
Chi visto
aveva molti bambini affetti da tubercolosi, come succedeva 40-50 anni
fa, si era reso ben conto che esisteva la possibilità di
trasmissione del b. di Koch anche da soggetti che i tisiologi degli
adulti avevano dichiarato assolutamente con escreato negativo per il
b. di Koch. Una recente ricerca (Lancet 353, 444-9, 1999)
offre una chiara risposta a questo rilievo e ne valuta con precisione
il rischio. Sono studiati 1574 pazienti con cultura positiva, di cui
1359 con impronte digitali del DNA disponibili. La trasmissione da
pazienti escreato-negativi, si verificò nel 17% dei casi
studiati. Viene concluso che, se è vero che la ricerca dei
bacilli acido-resistenti nell'escreato rappresenta il modo più
facile per identificare i soggetti più infettanti, va sempre
tenuto conto che esiste un 17% di possibilità di trasmissione
anche per pazienti risultati negativi allo striscio. Questa
constatazione è molto importante per il pediatra, che si trova
spesso nella situazione di veder reinserire in una famiglia, nella
quale vi siano dei bambini, un paziente già ricoverato in
ospedale per tubercolosi, risultato negativo per la ricerca del b: di
Koch nell'escreato: per prevenire la possibile diffusione del b. di
Koch ai bambini, il pediatra deve impedire o ritardare il più
possibile l'inserimento e deve prendere a favore dei bambini quei
provvedimenti (vaccinazione, chemioprevenzione) che ritenga più
opportuni. La coltura dall'escreato può aiutare a risolvere il
problema.
Il
trapianto di midollo nella cura dell'artrite reumatoide
Il
trapianto di cellule staminali ematopoietiche autologhe (AHSCT) è
riconosciuto oggi come un possibile trattamento per pazienti con
gravi malattie autoimmuni, come la sclerosi sistemica, l'artrite
cronica giovanile (termine col quale i reumatologi europei indicano
oggi la vecchia artrite reumatoide giovanile), il LES, la sclerosi
multipla, quando refrattarie alle cure convenzionali. Sebbene la
prognosi, per la maggior parte dei bambini, con artrite cronica
giovanile (ACG) sia buona, in alcuni la malattia è refrattaria
al trattamento con FANS e con farmaci immunosoppresivi, come il
methotrexate, la ciclosporina, la ciclofosfamide e il prednisone. In
una recentissima pubblicazione di autori olandesi sono riportati i
risultati con l'AHSCT in 4 bambini con ACG (3 con forma sistemica e
uno con forma poliarticolare) (Lancet 353, 550-3, 1999). Nei
6-18 mesi successivi al trattamento vi fu una netta diminuzione della
tumefazione, del dolore e della rigidità al mattino. Il
livello delle proteine della fase acuta tornò al normale dopo
qualche settimana. Gli autori riconoscono che il periodo di
controllo è troppo breve, per concludere che questi bambini
sono completamente guariti della loro malattia. Nonostante ciò
va riconosciuto che è stata tentata con successo una nuova via
terapeutica, in una situazione di malattia non altrimenti
dominabile.
Vuoi citare questo contributo?