Medico e Bambino - Tutti i commenti
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Ricerca Gennaio 2017
La reidratazione orale e l’uso dell’ondansetron e del domperidone nella gastroenterite disponibile
F. Marchetti, M. Bonati, A. Maestro, D. Zanon, F. Rovere, A. Arrighini, E. Barbi, P. Bertolani, P. Biban, L. Da Dalt, A. Guala, E. Mazzoni, A. Pazzaglia, P.F. Perri, A. Reale, S. Renna, A.F. Urbino, E. Valletta, A. Vitale, T. Zangardi, A. Clavenna, L. Ronfani, a nome del Gruppo di Studio SONDO (Studio ONdansetron vs DOmperidone)

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Casi indimenticabili Ottobre 2017
Due storie di malaria: c’è sempre da imparare disponibile
M.T. Bartolini, C. Ghizzi
Lettere, Aprile 2017
Vaccinazioni: il possibile ruolo del pediatra di famiglia
Caro direttore,

mi dispiace, ma non posso concordare con quanto scrive sul numero di aprile 2017 di Medico e Bambino il dott. Baio, a proposito del ruolo del pediatra di famiglia (PdF) nelle vaccinazioni.

Fin da quando ho iniziato a lavorare come PdF ho sempre pensato che vaccinare i miei assistiti fosse un mio compito irrinunciabile.
Per molti anni mi sono offerto di farlo, senza compenso, utilizzando i vaccini che i genitori stessi compravano in farmacia. Poi, insieme alle colleghe del mio studio associato, abbiamo cominciato ad acquistare noi i vaccini, mettendoli poi a disposizione delle famiglie che ce ne rimborsavano il costo.
I genitori erano felici di affrontare la spesa pur di far vaccinare i loro figli dal loro pediatra di fiducia: riempivamo noi i “libretti vaccinali” che erano l’unico documento attestante la vaccinazione. Fra il 1/9/94 e il 31/8/95 io personalmente avevo praticato ai miei circa 820 assistiti 735 vaccinazioni: la copertura per l’antipertosse (ancora non compresa in un vaccino combinato) era del 96%, quella per l’antimorbillo del 98% (dati pubblicati sul n. 6/95 della Lettera Pediatrica, bollettino dell’ACP Lazio).

Nel 1998 alla direzione del Dipartimento Materno-Infantile (DMI) della nostra ASL venne chiamata Maria Edoarda Trillò, bravissima pediatra e dirigente lungimirante, che purtroppo ci ha lasciato qualche mese fa. Iniziò allora una vera e propria collaborazione fra noi e la ASL.

Il nostro studio, che assisteva circa 2500 bambini, si dotò dell’attrezzatura necessaria (kit di rianimazione, frigorifero con termometro e smaltimento dei rifiuti speciali: tutto qui, una spesa di qualche centinaio di migliaia di lire); la ASL ci forniva periodicamente i vaccini sulla base delle nostre previsioni; noi vaccinavamo, alla famiglia veniva consegnato il libretto vaccinale compilato, mentre alla ASL veniva restituita (in forma cartacea) un’informazione puntuale sulle vaccinazioni eseguite, da trascrivere nell’anagrafe vaccinale.

Il successo fu clamoroso: praticamente nessuno dei nostri pazienti sceglieva il centro vaccinale, tutti preferivano vaccinarsi da noi: le vaccinazioni venivano eseguite al termine dei bilanci di salute del 3°, 6°, 12°, 15°, 24° mese, 6° e 14° anno, prolungando di pochi minuti ciascuna di queste visite.

Nel primo anno somministrammo ai nostri pazienti più di 3000 vaccini in circa 1500 sedute vaccinali: sui 19 centri vaccinali attivi nella nostra ASL il nostro studio si collocava al 7° posto per numero di vaccini somministrati. Prendendo come indicatore la percentuale di bambini di due anni vaccinati contro il morbillo, su 164 che all’epoca frequentavano lo studio ne avevamo vaccinati 159 (97%).

Il risparmio di tempo di cui beneficiarono le famiglie, che non furono costrette ad accedere al centro vaccinale, fu stimato in circa 2300 ore. Non fu possibile stimare il risparmio per la ASL in termini economici, perché il nostro accordo con il DMI non prevedeva una retribuzione, ma se ogni seduta vaccinale fosse stata pagata dalla ASL 35.000 lire (tariffa corrisposta ai PdF piemontesi che vaccinavano i loro assistiti), il “centro vaccinale” attivo all’interno del nostro studio sarebbe costato poco più di 54 milioni di lire all’anno.

Questi dati furono pubblicati sulla Lettera Pediatrica n. 1/2000.
La collaborazione si interruppe, senza preavviso e improvvisamente, 4 anni più tardi, quando alla guida del DMI fu chiamato un altro dirigente. Non abbiamo mai saputo esattamente perché, ma abbiamo sempre sospettato che la “concorrenza” (i centri vaccinali) non ci avesse mai visto di buon occhio.
Grande fu il disappunto dei genitori: il sistema era efficiente, la tempistica quasi perfetta e le vaccinazioni venivano eseguite in maniera, per quanto possibile, indolore. Non ricordo reazioni terrorizzate da parte dei nostri piccoli pazienti.

Alcuni di loro sono oggi genitori, portano da noi i loro bambini e sono molto dispiaciuti di non poterli vaccinare con la stessa efficienza e comodità con cui ricordano di essere stati vaccinati loro stessi.

Quelle vaccinazioni erano per noi un’attività molto gratificante perché riempivano la nostra professione di concretezza, di “medicina”. Mentre oggi lo spazio che era occupato dal frigo dei vaccini è desolatamente invaso da campioni di integratori e prodotti cosmetici, e il tempo che impiegavamo per vaccinare… trascorre in chiacchiere.
Ho voluto raccontare questa storia perché credo che pochissimi la conoscano; io stesso, guardando al presente, stento a credere che tutto ciò sia davvero successo.

La nostra esperienza dimostra che la somministrazione delle vaccinazioni al termine dei bilanci di salute eseguiti dai PdF è fattibile, è efficace, è gradita dall’utenza, garantisce alti livelli di copertura vaccinale ed è economica. Resto convinto che sia il modo migliore per dar corso ai nuovi Piani Vaccinali e ai nuovi obblighi decretati dal Governo.

E allora, perché non si fa?

Forse perché ci sono strutture nelle ASL che si sentirebbero scavalcate e diventerebbero presto inutili.

Forse perché le modalità di organizzazione del lavoro e la divisione dei compiti nelle ASL si sono troppo sclerotizzate per adattarsi ai cambiamenti della realtà.

Forse perché la maggior parte dei PdF sono anziani, poco motivati e a loro agio più nel ruolo di chi “consiglia”, che in quello di chi fa.
Peccato!



Vincenzo Calia
calia.vincenzo@gmail.com
Pediatra di famiglia, Roma
mercoledì 31/05/2017 09:38
Ricerca, Gennaio 2017
Alternativa alla SRO nella gastroenterite
In presenza di gastroenterite acuta nei bambini, l’OMS consiglia la reidratazione esclusiva, nelle prime 6 ore circa, con soluzioni reidratanti orali (SRO). Esse, come si sa, si preparano con bustine in commercio, formulate e raccomandate dall’ESPGHAN. Ma, come avviene spesso nella pratica, la maggior parte dei bambini rifiuta queste soluzioni reidratanti, evidentemente poco palatabili.
Un’alternativa che io propongo ai genitori da molto tempo, è la sospensione di Parmigiano reggiano grattugiato in acqua (un cucchiaio da tavola colmo ogni 200 g circa di acqua). Il Parmigiano, come si sa, è privo di lattosio, è ottima fonte di sali minerali, vitamine, calorie e presenta un alto coefficiente di digeribilità; inoltre è quasi del tutto privo del rischio di provocare allergia alle proteine del latte vaccino, in quanto queste subiscono un processo enzimatico proteolitico, determinato dalla stagionatura di 30-50 mesi.

Dr. Antonio Mariggiò
mariggioantonio@libero.it
Specialista in Pediatria, Manduria
venerdì 09/06/2017 12:09
,
Omogenitorialità
Gentile professor Ventura,

affrontare determinati argomenti, che non troverebbero soluzione in interi trattati, in poche righe si presta certamente a incomprensioni dettate in questo caso, come hai sapientemente colto tu, dalla mia emotività.
Desidero per quanto sopra cercare di chiarire, se riesco, alcuni punti della mia precedente lettera (Medico e Bambino 2017;36(5):287-8).

Non era mia intenzione disconoscere i progressi della scienza fatti nel campo dei trapianti; a tal proposito facevo inconsapevole riferimento a un filmino in super8 che un eccentrico e poliedrico professore del mio corso di laurea aveva girato negli anni '50 in un Centro per trapianti dell’allora URSS. In tale video si vedeva un pastore tedesco sul cui collo era stata trapiantata la testa di un volpino: tale “chimera sopravvisse in apparente buona salute per qualche settimana); né, tanto meno, i progressi, a volte tumultuosi, della genetica (la mia seconda specializzazione in Genetica risale ai tempi della pecora Dolly).

Diverso è il discorso che ho portato alla tua attenzione sui giudici che hanno affidato un bambino a genitori dello stesso sesso dopo che gli stessi avevano palesemente violato le leggi italiane.

Partiamo dal concetto, credo condivisibile, che qualsiasi essere vivente trova la sua migliore condizione di crescita dentro un nucleo familiare “naturale” (i gas serra violano la natura, la deforestazione per produrre olio di palma idem, gli allevamenti intensivi non rispettano la natura degli animali, lo sfruttamento delle energie non rinnovabili contro natura sta impoverendo la Terra. Chissà perché invece quando si parla di sesso la natura diventa un optional da sacrificare al politically correct).

Nel caso specifico intanto si fa una forte discriminazione tra chi ha una buona disponibilità economica per andare in Paesi lontani (Sud America, Africa ecc.) e per pagare una donna che si presti (non credo nel caso specifico agli atti d’amore gratuiti) a mettere a disposizione il proprio utero e chi, al contrario, non ha tale possibilità.

Se poi tale azione, che credo di aver capito anche tu non condividi, trova il sugello di una sentenza a favore è inevitabile come conseguenza aspettarsi nel prossimo periodo il moltiplicarsi di tali situazioni “tanto il giudice poi ci darà ragione…”.

E se invece il giudice affidasse il bambino a una delle miriadi di coppie eterosessuali in lista d’attesa per le adozioni credi sinceramente che il bambino ne soffrirebbe? Secondo il concetto che ho espresso all’inizio io credo proprio di no! Anzi…

Senza contare poi che una tale sentenza farebbe riflettere non poco coloro che vorrebbero avventurarsi in una simile situazione.

Assolutamente diverso è il discorso sulle adozioni “normali” per le quali vanno fatte altre riflessioni.

Alla fine tengo a ribadire il mio pensiero (che tu hai fatto benissimo a sottolineare) che essere “genitori” (che non a caso significa “generare”) non è un diritto da perseguire a ogni costo con la conseguenza, più o meno consapevole, di rendere il bambino un oggetto di un atto meramente egoistico.



“L’amore non dà nulla se non se stesso, non coglie nulla se non da se stesso.

L’amore non possiede…”
(Khalil Gibran)



Danilo Perri
perridanilo@libero.it
Pediatra di famiglia, Messina
mercoledì 13/09/2017 12:46
,
Pediatra di famiglia e vaccinazioni
Scusate l'intrusione "personale": volevo solo precisare che i miei interventi sull'argomento volevano essere solo discorsivi e generali e cercavano di non far trapelare il mio parere personale. Ho invece visto che qualcuno (il dottor Boschi, ma non solo) lo ha estrapolato. A questo punto, per desiderio di chiarezza, anche se comprendo che a nessuno interessi più di tanto la mia posizione e che, inoltre, non coprendo io cariche sindacali di nessun tipo essa sia nella pratica insignificante, vi dico che, fra pro e contro, io sono contro l'estensione della pratica vaccinale negli studi dei pediatri.
E se proprio deve esserci che sia sempre volontaria, non essere normata in ACN, ma valutata nelle singole realtà locali (regionali, aziendali, distrettuali, comunali) con fondi aggiuntivi accessori non derivanti dalla contrattazione nazionale e regionale.
Io credo che la pratica vaccinale, ancor più adesso con l'obbligatorietà, debba restare in mano a servizi ad hoc predisposti, non necessariamente gestiti da pediatri, ma resi più funzionali e più facilmente fruibili.
Li dove necessario, questi Centri potrebbero essere potenziati da figure esterne in rapporto di convenzione (medici di continuità assistenziale, medici di medicina generale, pediatri di famiglia (PdF), giovani medici presi dalle graduatorie) a prestazione oraria e per periodi limitati finché non si provveda ad assunzioni di nuovi medici da dedicare a tempo pieno alla pratica vaccinale.
Il caposaldo delle argomentazioni dei pediatri favorevoli all'estensione o addirittura all'obbligo di vaccinare negli studi dei PdF (cioè la maggiore possibilità di incrementare le coperture stante la "vicinanza" alla famiglia) con l'obbligatorietà è caduto (le coperture aumenteranno comunque) e quindi non rimangono, per sponsorizzarlo, che la comodità per le famiglie e l'eventuale introito economico per il PdF. Troppo poco, secondo me, a fronte di un carico burocratico (per chi è senza segretaria) di un atto sanitario (la puntura, per chi è senza infermiera, cioè il 98% dei PdF) e di un rischio (immediato per gli eventuali rarissimi eventi avversi gravi e posticipato per il prevedibile aumento di contensioso per risarcimenti anche alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale Europea che apre spiragli larghissimi a chi, a torto o ragione, vuol far causa per danni) troppo elevati.
Che si vaccini in una struttura pubblica e che sia lo Stato a rispondere alla richiesta di eventuali danni, senza essere tentato di scaricare la responsabilità su operatori privati come siamo noi PdF.


Nino Contiguglia
ncontiguglia@tiscali.it
Pediatra di famiglia Capo d’Orlando (Messina)
venerdì 30/06/2017 12:36
Casi indimenticabili, Ottobre 2017
Re: Quesito
In effetti il valore dell'MCV in fase acuta non fu valorizzato e attribuito a deficit nutrizionale su base etnico-epidemiologica. Fu proposto un prelievo di controllo in post-dimissione anche per studiare bilancio marziale ed emoglobine patologiche, per cui il ragazzino non si presentò. In effetti viene descritta una anemia con normale volume delle emazie nella malaria. L'effetto protettivo della talassemia omozigote, peraltro, non è tanto sull'infestazione quanto sulle forme gravi di malattia. Purtroppo nel nostro caso non è stato possibile confermare l'origine della microcitosi osservata.

Maria Teresa Bartolini
mariateresa.bartolini@ausl.bologna.it
UO Pediatria, Ospedale Maggiore, Bologna
martedì 16/01/2018 09:39
Casi indimenticabili, Ottobre 2017
Quesito
vorrei sapere se l'anemia microcitica del primo caso, con MCV 66fl, è ascrivibile solo alla malaria
Grazie

TIMPANI GIUSEPPINA
pinatimpani@virgilio.it
ACP
sabato 11/11/2017 09:55

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