Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Luglio 2019 - Volume XXII - numero 26
M&B Pagine Elettroniche
Presentazioni PPT
TERAPIE E FARMACI

IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Trieste
Indirizzo per corrispondenza:
martinabevacqua91@gmail.com
Florent ha 13 anni e una malformazione vascolare al ginocchio da quando era piccolo, che non ha risposto alla scleroterapia, che è peggiorata e non lo fa più giocare a calcio. Sara ha 5 anni e una storia di otiti ricorrenti e linfadenopatia persistente. Ha la genetica positiva per ALPS e una scarsa risposta alla terapia convenzionale. Francesco ha una storia di ipoglicemie ricorrenti gravi dalla nascita, inquadrate a 3 anni come iperinsulinismo congenito. La terapia con diazossido e octeotride non gli è stata di nessuna utilità.
Cosa hanno in comune questi pazienti, in apparenza così diversi tra di loro? Un’unica terapia, il sirolimus, inibitore di mTOR, con azione antiproliferativa. Gli utilizzi approvati dalla FDA e dalla EMA come on-label di sirolimus ed everolimus sono ancora solo la prevenzione del rigetto di trapianto di organi solidi (rene e cuore) e la sclerosi tuberosa “complicata”. La letteratura però ha già documentato in più occasioni l’efficacia di questi farmaci in varie patologie, tutte accomunate dall’avere una spinta proliferativa eccessiva. Con queste premesse abbiamo trattato su base empirica 18 pazienti (6 femmine e 12 maschi, età mediana di 9,5 anni) con indicazione off-label presso l’IRCCS Burlo-Garofolo di Trieste tra il 2005 e il 2018. Oltre ai casi citati, abbiamo utilizzato il farmaco anche in altre condizioni patologiche, che abbiamo raggruppato in 3 macroaree: disturbi linfoproliferativi (IPEX, ALPS, malattia di Castleman, APDS2 e in un caso di linfangioma cistico), proliferazioni vascolari (che includono angiomi, Ruvalcaba syndrome e Blue rubber nevus syndrome) ed endocrinopatie (in particolare la nesidioblastosi). I risultati sono stati complessivamente positivi: 16 pazienti hanno risposto, 1 ha sospeso precocemente per intolleranza al farmaco e 2 non hanno avuto efficacia (IPEX e NF1). Non effetti collaterali significativi, in particolare sul versante immunologico e infettivologico.
Alla luce dei risultati ottenuti pertanto possiamo concludere che la nostra esperienza conferma l’ottimismo sull’utilizzo del farmaco per uno spettro di malattie molto più ampio rispetto alle indicazione on-label correnti, in linea con le attuali basket evaluation (analisi farmacodinamiche che non si basano sul binomio farmaco-malattia, ma piuttosto sul collegamento farmacodinamica-patogenesi).
L’impatto di questa scelta avrebbe un risvolto sia economico che logistico, rendendo il farmaco più facilmente reperibile. Perciò di fronte a una malattia pensa al meccanismo che la provoca e, specie se si tratta di un disordine proliferativo, come nei nostri casi, pensa al sirolimus.
Cosa hanno in comune questi pazienti, in apparenza così diversi tra di loro? Un’unica terapia, il sirolimus, inibitore di mTOR, con azione antiproliferativa. Gli utilizzi approvati dalla FDA e dalla EMA come on-label di sirolimus ed everolimus sono ancora solo la prevenzione del rigetto di trapianto di organi solidi (rene e cuore) e la sclerosi tuberosa “complicata”. La letteratura però ha già documentato in più occasioni l’efficacia di questi farmaci in varie patologie, tutte accomunate dall’avere una spinta proliferativa eccessiva. Con queste premesse abbiamo trattato su base empirica 18 pazienti (6 femmine e 12 maschi, età mediana di 9,5 anni) con indicazione off-label presso l’IRCCS Burlo-Garofolo di Trieste tra il 2005 e il 2018. Oltre ai casi citati, abbiamo utilizzato il farmaco anche in altre condizioni patologiche, che abbiamo raggruppato in 3 macroaree: disturbi linfoproliferativi (IPEX, ALPS, malattia di Castleman, APDS2 e in un caso di linfangioma cistico), proliferazioni vascolari (che includono angiomi, Ruvalcaba syndrome e Blue rubber nevus syndrome) ed endocrinopatie (in particolare la nesidioblastosi). I risultati sono stati complessivamente positivi: 16 pazienti hanno risposto, 1 ha sospeso precocemente per intolleranza al farmaco e 2 non hanno avuto efficacia (IPEX e NF1). Non effetti collaterali significativi, in particolare sul versante immunologico e infettivologico.
Alla luce dei risultati ottenuti pertanto possiamo concludere che la nostra esperienza conferma l’ottimismo sull’utilizzo del farmaco per uno spettro di malattie molto più ampio rispetto alle indicazione on-label correnti, in linea con le attuali basket evaluation (analisi farmacodinamiche che non si basano sul binomio farmaco-malattia, ma piuttosto sul collegamento farmacodinamica-patogenesi).
L’impatto di questa scelta avrebbe un risvolto sia economico che logistico, rendendo il farmaco più facilmente reperibile. Perciò di fronte a una malattia pensa al meccanismo che la provoca e, specie se si tratta di un disordine proliferativo, come nei nostri casi, pensa al sirolimus.


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