Gennaio 2008 - Volume XXVII - numero 1

Medico e Bambino


Editoriali

Serve ritardare l’introduzione dei cibi solidi
per prevenire le allergie?

G. Longo

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G. Longo
Serve ritardare l’introduzione dei cibi solidi
per prevenire le allergie?
Medico e Bambino 2008;27(1):7-10 https://www.medicoebambino.com/?id=0801_07.pdf


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I CIBI SOLIDI NELLA DIETA DEL BAMBINO
Mi sembra che in relazione a questo annoso e dibattuto argomento le evidenze scientifiche attualmente a disposizione siano ancora lontane dall’essere d’assoluto indirizzo.
Complessivamente, però, alla domanda sull’opportunità di ritardare l’introduzione dei cibi solidi come strategia di prevenzione delle allergie alimentari mi sembra si possa dire più no che si in tutti i bambini (anche in quelli con rischio atopico).
Quanto ai tempi mi sembrava quasi naturale che non ci si ponesse il problema al di sotto dei sei mesi di vita e non tanto in relazione alla inequivocabilità delle evidenze ma piuttosto per l’inutilità sul piano nutrizionale dell’intervento in sé.
Nel bambino al di sopra dei 6 mesi di vita, poi, la mancanza di evidenze forti a favore di un’introduzione ritardata mi sembra di per sé un valido motivo di diniego di tale pratica.
A questo proposito segnalerei come nel lavoro del Lancet (1980, sic!)citato da Fiocchi, gli Autori concludevano in realtà che la tardiva esposizione al pesce e limone determinava solo un ritardo nella comparsa dei sintomi allergici che risultavano avere la stessa incidenza a 3 anni sia nei bambini svezzati per tali alimenti prima dell’anno che in quelli che li avevano introdotti dopo l’anno di vita. Come a dire chi deve essere allergico lo sarà comunque ed il tempo può solo ritardare la comparsa del quadro clinico in relazione alla ritardata introduzione.
Una cosa simile è stata verificata anche per la celiachia dove si è visto che la ritardata introduzione del glutine di fatto ritarda solo la comparsa dei sintomi senza modificare la storia naturale del soggetto (1).
Quanto, poi, alle revisioni sistematiche citate, non mi sembra che anche in questo caso emerga un quadro definitivo anzi… Muraro e coll. concludono il loro lavoro segnalando che “there is no evidence of allergy preventing effect of restrictive diets after 6 months of age”. Allo stesso modo, in fondo in fondo, neppure la Revisione Sistematica di Beth Tarini et al. appare così perentoria nelle conclusioni.
Alla luce di questa scarsità quali e quantitativa di prove, le evidenze di un possibile effetto contrario sia sul piano nutrizionale che come possibile effetto pro-allergizzante della ritardata introduzione di cibi solidi nella dieta del divezzo assumono a mio avviso una risonanza ancora maggiore. Senza contare che non si tratta comunque di una cosa del tutto “gratuita” in termini psico-relazionali sia per il bambino che per la sua famiglia. Ricordando un po’ di latino scolastico mi verrebbe da dire in assenza di prove certe… “primum nihil nocere”.

1. Carlsson A, Agardh D, Borulf S, Grodzinsky E, Axelsson I, Ivarsson SA. Prevalence of celiac disease: before and after a national change in feeding recommendations. Scand J Gastroenterol. 2006;41(5):553-8.

Cannioto Zemira
Specializzanda Pediatria, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
gioved�, 28 Febbraio 2008, ore 10:13

I CIBI SOLIDI NELLA DIETA DEL BAMBINO
ho trovato di interesse, durante l'esplorazione di questo tema, di come l'uomo ha divezzato la sua prole nelle molte decine di migliaia di anni che hanno preceduto la civiltà dell'agricoltura e dell'allevamento. Allora si iniziava l'alimentazione complementare quando il lattante era competente (dal punto di vista neurologico, relazionale)cioè al sesto mese. Mentre si divezzava normalmente dal secondo-terzo anno di vita fino ad arrivare al sesto anno. In più, il continuo contatto con la terra (la mamma sovente si sdraiava per terra mentre allattava e non puliva i capezzoli) e la probabile compresenza di parassiti faceva si che l'allergia non fosse una costruzione del nostro apparato immunitario.
Sarebbe interessante conoscere se i trial considerati abbiano tenuto conto anche di variabili come: "parassiti intestinali" e "mani lavate" nell'analisi di possibili sottogruppi oltre che della durata dell'allattamento al seno
Costantino Panza
pdf
marted�, 4 Marzo 2008, ore 11:54