Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Febbraio 2011 - Volume XIV - numero 2
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Il
sanguinamento rettale nel lattante
Quando
fare poco giova molto
1Scuola
di Specializzazione in Pediatria, Università di Trieste
2Scuola
di Specializzazione in Pediatria, Università di Ferrara
3Direttore
dell’UO di Pediatria, Ospedale Bufalini, Cesena
Indirizzo
per la corrispondenza: bramuzzo@tiscalinet.it
Rectal
bleeding in newborns and infants when doing little does help
Key
words Rectal
bleeding, proctocolitis, cow’s milk allergy, infant,
newborn
Abstract
Rectal
bleeding in newborns and infants is an alarming symptom that
raises parental anxiety and usually leads to rapid medical
attention. In children who are apparently well, rectal bleeding
can be explained by an allergic proctocolitis triggered by cow’s
milk proteins transferred to the baby via breast milk or assumed
via artificial formulas.
We
studied retrospectively all infants with rectal bleeding that
referred to our hospital and recall them after 2-11 years to
assess if colonscopy is always necessary to make diagnosis, if
children develop a major gastrointestinal disease some years
after and if the exclusion of the allergen from the diet is an
effective treatment. |
|
Il
sanguinamento rettale nei neonati e nei lattanti è spesso un
segno allarmante che suscita la preoccupazione dei genitori e per il
quale viene richiesto rapidamente l’intervento del medico. Nei
bambini in buone condizioni di salute, il sanguinamento rettale può
essere l’espressione di una proctocolite allergica scatenata
dall’assunzione di proteine di latte vaccino contenute nelle
formule artificiali o ingerite dal bambino attraverso il latte
materno.
Abbiamo
studiato in modo retrospettivo tutti i lattanti con sanguinamento
rettale afferiti al nostro Ospedale e li abbiamo ricontattati
telefonicamente dopo un periodo compreso tra i 2 e gli 11 anni;
abbiamo valutato se la colonscopia è sempre necessaria per
stabilire la diagnosi, se i bambini da noi seguiti hanno sviluppato
malattie gastroenterologiche maggiori e se l’esclusione
dell’allergene dalla dieta risulta essere un trattamento
efficace.
Il
sanguinamento rettale è un problema relativamente comune nel
lattante dei primi mesi di vita1, che preoccupa molto i
genitori e talvolta anche il medico e che è stato variamente
etichettato con i sinonimi “colite allergica”, “proctite
benigna”, “proctite eosinofilia” o “proctocolite
indotta dal latte materno”2.
Quest’ultima
condizione è stata descritta originariamente nei lattanti ad
allattamento esclusivo al seno3, successivamente in
lattanti allattati artificialmente, con latte di soia o idrolisati di
caseina1 e più di recente anche nel neonato4
e nel bambino più grandicello5. La diagnosi
differenziale va posta immediatamente con quadri ben più
eclatanti e spesso più gravi: una gastroenterite, una ragade
anale o peggio un invaginazione, una malattia infiammatoria cronica
intestinale o, specie nel neonato prematuro, un’enterocolite
necrotizzante. Il gioco è il più delle volte semplice:
il bambino con proctite allergica a differenza degli altri casi è
sempre in buone condizioni generali.
I quesiti
che però tale condizione può porre sono:
1) se sia
veramente indispensabile eseguire esami invasivi di conferma quali
una colonscopia;
2) se la
proctite allergica sia effettivamente benigna e non sottenda una
malattia evolutiva o cronica nascosta,
3) se si
debba o meno intervenire con una dieta di eliminazione.
Per
tentare di rispondere a queste domande abbiamo analizzato
retrospettivamente tutti i casi che si erano presentati con questo
sintomo durante il primo anno di vita negli ultimi 10 anni presso la
nostra UO di Pediatria e ne abbiamo seguito l’evoluzione
mediante un richiamo a distanza compreso fra 2 e 11 anni.
Abbiamo
analizzato retrospettivamente tutte le cartelle cliniche dei bambini
di età < 12 mesi che si erano presentati per enterorragia e
in assenza di compromissione dello stato generale, da settembre 1998
a settembre 2008 presso l’UO di Pediatria dell’Ospedale
Bufalini di Cesena.
Abbiamo
arruolato 31 pazienti.
Durante
il ricovero all’esordio sono state valutati: familiarità
per atopia, anamnesi fisiologica, tipo di allattamento, età di
esordio dei sintomi, caratteristiche della sintomatologia, parametri
auxologici, condizioni generali ed esame obiettivo, e i seguenti
esami di laboratorio: emocromo, PCR, VES, eosinofili fecali, prick
test, RAST, IgE totali e coprocoltura.
In nessun
caso sono stati eseguiti esami invasivi.
Abbiamo
poi contattato telefonicamente le famiglie dei bambini per avere
informazioni relative ai provvedimenti terapeutici adottati dopo la
dimissione, all’epoca di eventuale re-introduzione delle
proteine del latte vaccino, alla tempistica di scomparsa della
sintomatologia o eventuale persistenza/ricomparsa della stessa e
notizie relative all’accrescimento staturo-ponderale successivo
alla liberalizzazione della dieta.
Valutazione
all’esordio
Dei 31
pazienti arruolati 15 erano femmine e 16 maschi. L’età
media di comparsa dei sintomi è stata di 2,5 mesi (range 1
giorno -8 mesi). 9/25 pazienti (36%) presentavano una familiarità
di primo grado (genitori o fratelli) per atopia (allergia ad alimenti
o inalanti); in due di questi la familiarità per atopia
coinvolgeva più di un parente.
14
pazienti (45,2%) erano in allattamento misto o artificiale e 17
(54,8%) erano allattati esclusivamente al seno. In tutti i pazienti
le condizioni generali erano buone e l’accrescimento riferito
regolare.
24/31
(77,4%) avevano un peso compreso fra 3° e 97° centile, 4/31
(12,9%) erano al di sopra del 97° centile e 3/31 (9,7%) erano sul
3° centile.
27/31
pazienti (87,1%) presentavano feci formate con muco e striature di
sangue, 4/31 (12,9%) presentavano diarrea ematica. Due su 31 (6,5%)
presentavano una modica anemia (Hb 9 g/dl).
In 22/31
(71%) soggetti era presente un ipereosinofilia periferica (≥ 300
eosinofili/mm3), in 13/31 (42%) era presente una piastrinosi (PLT ≥
450.000/ mm3) (Tabella I). In 19/24
(79,2%) erano presenti eosinofili fecali, in 3/24 (12,5%) casi
coproleucociti.
Gli
indici di flogosi sono stati valutati in 26 pazienti riscontrando 3
lievi positività di scarso significato clinico. L’assetto
coagulativo e il dosaggio delle IgE totali sono risultati negativi in
tutti i pazienti studiati: 13/13 e 8/8 rispettivamente.
I prick
test con proteine del latte vaccino sono risultati negativi in 26/26
(100%) e i RAST sono risultati negativi in 8/8 (100%) dei pazienti
studiati. 2/31 (6,5%) pazienti riportavano una storia di dermatite
atopica.
La
coprocoltura è risultata positiva per rotavirus in 1/21 (4,8%)
soggetti studiati.
Follow-up
22/31
(71%) pazienti sono stati ricontattati o rivisti dopo un periodo
compreso fra 2 e 11 anni: tutti erano guariti e presentavano un
accrescimento staturo-ponderale regolare.
La
sintomatologia si era risolta in un tempo compreso tra pochi giorni e
poche settimane in tutti i pazienti tranne uno che presentava anche
dermatite atopica in cui la sintomatologia è persistita per
qualche mese. 4/22 (18,9%) riferivano la presenza di dermatite
atopica nel periodo di follow-up e 1/22 (4,5%) la comparsa di
broncospasmo.
Tra i
pazienti allattati artificialmente 6/8 (75%) sono guariti in dieta
con idrolisati mentre 2/8 (25%) sono guariti spontaneamente. Tra i
pazienti in allattamento materno 10/14 (71,4%) sono guariti con
l’esclusione del latte vaccino dalla dieta materna mentre 4/14
(28,6%) sono guariti spontaneamente.
La
guarigione si è realizzata praticamente subito dopo l’avvio
della dieta. In 3 pazienti, tutti in allatamento materno, alla
reintroduzione del latte vaccino occorsa in un periodo compreso per
tutti i pazienti tra gli 8 mesi e i 18 mesi, si è osservata
una ricaduta.
L’identikit
del lattante che si è presentato alla nostra attenzione con
sanguinamento rettale e che è assolutamente sovrapponibile a
quello più frequentemente descritto in letteratura2,6,
è quello di un lattante di 2,5 mesi in media, in ottimo stato
di salute, con accrescimento ponderale regolare, in più del
50% delle occasioni allattato al seno e senza diarrea esplosiva. Il
fatto che questi bambini con queste caratteristiche rivisti da noi al
follow-up a distanza fossero tutti guariti è di per sé
una garanzia. In altre parole anche senza esami e soprattutto senza
eseguire una colonscopia, se sussistono le caratteristiche
sopraindicate ci sembra che possa essere ragionevole tranquillizzare
fin da subito i familiari.
Nei
nostri casi inoltre alcune informazioni anamnestiche e semplici esami
di laboratorio erano in grado di suggerire fortemente nella maggior
parte dei casi la natura “allergica” del fenomeno
orientando correttamente la diagnosi. In 22/31 (71%) soggetti vi era
una ipereosinofilia periferica significativa (≥ 300
eosinofili/mm3) e in 19/24 (79,2%) erano presenti eosinofili fecali.
Globalmente
considerati questi due semplici esami erano già in grado di
identificare la maggior parte dei pazienti: 27/31 (87,1%). Se poi
consideriamo la piastrinosi (piastrine ≥ 450.000/mm3) presente in
13/31 (42%) e la familiarità per malattie allergiche nei
familiari di primo grado presente in 9/25 (36%), la quasi totalità
dei pazienti potevano essere identificati a priori (Tabella
I). Prick e RAST per proteine del latte vaccino invece non
sono risultati contributivi alla diagnosi: entrambi sono infatti
risultati negativi in tutti i pazienti studiati. In letteratura
l’iperosinofilia periferica è riportata come elemento
suggestivo della diagnosi di proctite allergica dalla maggior parte
degli Autori6-9. La frequenza con cui viene segnalata
oscilla fra l’8 e il 30% dei casi ma viene sempre considerata
in percentuale rispetto alla conta totale dei globuli bianchi6.
La presenza di cellule fecali è riportata in letteratura solo
aneddoticamente1. Odze a nostro sapere è l’unico
Autore che ha ricercato sistematicamente la presenza di eosinofili
fecali con esito costantemente negativo7. Questa è
una discrepanza che non ci sappiamo spiegare poiché nei nostri
casi, come detto, la ricerca di eosinofili fecali è stato
l’esame che ci ha dato maggior soddisfazione e a nostro avviso
è un esame sul quale è difficile sbagliarsi.
Normalmente nelle feci non ci sono eosinofili o coproleucociti e
questi possono essere ritrovati solo nelle infezioni o nelle malattie
infiammatorie croniche dell’intestino che nessuno dei nostri
pazienti aveva. Nei nostri bambini inoltre non vi erano altri segni o
sintomi suggestivi di una infezione e in 20/21 pazienti in cui è
stata eseguita una coprocoltura anche con ricerca virologica questa è
risultata negativa. In 1 paziente è stato isolato il
Rotavirus. La piastrinosi è stata un ulteriore elemento
identificativo nei nostri casi e già riportata da altri.
Arvola segnala una piastrinosi ≥ 450.000 in una percentuale di
soggetti pari al 65%, molto vicina a quella da noi ritrovata.
Numero
di casi |
Percentuale | |
Eosinofili
fecali |
19/24 |
79,2% |
Eosinofili
periferici (≥ 300/mm3) |
22/31 |
71% |
Piastrine
(≥ 450.000/mm3) |
13/31 |
42% |
Familiarità
per allergie |
9/25 |
36% |
Lo scarso
potere diagnostico dei RAST e Prick per proteine del latte vaccino è
stato già unanimamente segnalato in letteratura (6,9).
In nessun
caso abbiamo avuto bisogno di eseguire una colonscopia all’esordio
e inoltre 20/22 pazienti sono guariti prontamente nel giro di pochi
giorni, nessuno è ricaduto spontaneamente e in 2/22 casi in
cui il sanguinamento è persistito per un tempo più
lungo (1-2 settimane) questo era di scarso significato clinico e non
comprometteva le condizioni generali del bambino. Ciononostante la
colonscopia è ancora considerata da alcuni uno strumento
importante per arrivare alla diagnosi8. La presenza di
segni di flogosi mucosale (eritema, ulcerazioni, friabilità,
iperplasia nodulare linfoide) o la presenza di eosinofili alla
biopsia sono considerati in letteratura elementi di supporto alla
diagnosi di proctite allergica e alcuni Autori8 indirizzano
la dieta di eliminazione proprio su questi reperti. Ciononostante la
colonscopia da sola non sempre raggiunge quello che dovrebbe essere
l’obiettivo principale e cioè quello di escludere una
patologia maggiore. Xanthakos8 ad esempio che ha studiato
prospetticamente con colonscopia 22 lattanti che si erano presentati
con sanguinamento intestinale ha fallito comunque una diagnosi di
rettocolite ulcerosa al primo esame scopico.
Il nostro
studio, in quanto retrospettivo, non ci permette di affermare nella
maggior parte dei casi uno stretto rapporto fra proctite e
intolleranza alle proteine del latte. 4/14 pazienti in LM infatti
sono guariti senza alcun intervento dietetico. In 3 soli casi vi è
stata una chiara dimostrazione dell’intolleranza per la ripresa
dei sintomi al challange. Tra i bambini in allattamento artificiale o
misto 6/8 hanno seguito una dieta con idrolisati di caseina per tempi
variabili fra 2 e 6 mesi e tutti sono immediatamente guariti. Non
possiamo tuttavia essere certi della stretta necessità della
dieta in questi casi perché 2/8 pazienti in allattamento
artificiale sono guariti pur non seguendo alcuna dieta. Anche altri
Autori hanno messo in dubbio la robustezza dell’associazione
sanguinamento rettale-colite allergica del lattante riportando tassi
di intolleranza certa variabili fra il 18 e il 64%8-9.
Alla luce
di questa considerazione, la dieta priva di proteine del latte
vaccino può rappresentare un intervento non indispensabile e
comunque non dimostrato. Possiamo dunque decidere di assumere un
atteggiamento conservativo e non suggerire alcun cambiamento
dietetico; tuttavia se la clinica è suggestiva (buone
condizioni generali, ipereosinofilia periferica, piastrinosi,
presenza di eosinofili fecali) la proposta empirica di una dieta
senza proteine del latte vaccino ci appare una soluzione più
innocente e accettabile della richiesta di procedure diagnostiche
invasive che vanno invece riservate a quadri persistenti o
ingravescenti.
Suggerire
alla madre di eliminare le proteine del latte dalla propria dieta
deve comunque accompagnarsi al sostegno e all’incentivo
dell’allattamento al seno. Le paure infondate verso allergie
multiple e le spinte verso diete indiscriminate devono essere
contrastate ricordando la natura benigna della proctocolite.
Il nostro
studio ha valutato un argomento sicuramente non nuovo ma che spesso
presenta delle difficoltà gestionali per la preoccupazione che
il sanguinamento rettale può comportare. In un lattante in
buone condizioni generali e con buon accrescimento staturo-ponderale,
la presenza di sangue nelle feci rappresenta una condizione benigna,
possibile espressione di un intolleranza alla proteine del latte
vaccino. L’atteggiamento che il pediatra deve tenere in questi
casi non deve essere allarmistico e invasivo e deve limitarsi alla
rassicurazione della famiglia. La proposta di una dieta priva di
proteine del latte vaccino ci appare ragionevole. Nessuno dei nostri
pazienti, che a nostro sapere rappresentano la casistica più
ampia seguita per un tempo così lungo, ha sviluppato malattie
maggiori del tratto gastro-intestinale.
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