Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Dicembre 2008 - Volume XI - numero 10
M&B Pagine Elettroniche
Contributi Originali - Ricerca
Malnutrizione
severa e riabilitazione psicomotoria. Un'esperienza in Angola
Fisioterapista,
Struttura Complessa di Medicina Riabilitativa, Ospedale Maggiore,
Trieste
Indirizzo
per corrispondenza: redazione@medicoebambino.com
SEVERE
MALNUTRITION AND PSYCHOMOTOR REHABILITATION.
AN
ANGOLAN EXPERIENCE
Key
words
Severe
malnutrition, Rehabilitation, Africa, Psychomotor retard
Summary
Severe
malnutrition is a condition that shows high mortality. It is
usually treated in hospital by following a nutritional
rehabilitation protocol that should also include a period of
psychomotor stimulation, which, out of necessity, is frequently
ignored. An objective evaluation of a group of 30 hospitalized
children showed an average psychomotor retard of about 3 months.
Half of these children underwent a targeted rehabilitation
programme realized through the mother. Upon discharge, the retard
seemed partially recovered, but there were not significant
differences between the active and the control group. However,
after a month from discharge, the results in the active group are
remarkably better than in the control group: only 13% of the
children of the first group show an equal or higher than 2 month
retard versus 27% of the control group; 53% of the “treated”
versus 27% of the “controlled” children shows a score that
mirrors a motor development proper to their age. |
La
malnutrizione in Angola e nel mondo
Nella
Dichiarazione del Millennium Project delle Nazioni Unite sono
stati individuati 8 Millennium Development Goals (MDG),
obiettivi da raggiungere, con una prima tappa al 2015:
- eradicare la povertà e la fame
- diffondere universalmente l'educazione primaria
- promuovere l'eguaglianza tra i sessi e rinforzare il ruolo della donna
- migliorare la salute delle madri
- combattere AIDS/HIV, malaria, tubercolosi e altre malattie
- assicurare l'ecosostenibilità
- sviluppare il consorzio globale per lo sviluppo.
Il 2015
non è lontano, e per molti degli MDG gli obiettivi fissati per
allora sembrano lontani da poter essere raggiunti. I più
lontani sembrano essere quelli che riguardano la salute del bambino e
delle madri, la loro mortalità e la loro nutrizione. Bastano
poche cifre
La
malnutrizione è la causa diretta di 300:000 morti all'anno e
la causa indiretta di almeno il 53% di tutte le morti al di sotto dei
5 anni di età.
La
malnutrizione severa, che è la condizione di cui stiamo
parlando, ha due espressioni maggiori: lo “stunting” e il
“wasting”.
Lo
stunting è quell'operazione di economia biologica per cui un
organismo sottonutrito “si organizza” in modo da risparmiare, nei
limiti del possibile, il sistema nervoso, il sistema immunitario e il
sistema muscolare, a spese della statura del soggetto, che diventa
così “il bambino corto” (stunted). Niente di strano: la
bassa statura degli europei nel 1800, o dei sardi nel 1900 era
appunto, espressione di uno stunting di popolazione. In
Angola il 30% dei ragazzi è “corto” (-2 SD rispetto alla
mediana per l'età).
Il
wasting è invece il disastro biologico. Non c'è
più niente da risparmiare: muscolo, cute, mucose, intestino,
cuore, sistema immunitario sono consunti. Il bambino wasted è
pronto per morire alla prima occasione: la definizione di
malnutrizione severa è stabilita dal WHO da un rapporto < 0,70
tra peso reale e peso appropriato per l'altezza (marasma), ovvero
dalla presenza di edemi da fame (kwashorkor). Questa situazione, in
Angola, riguarda il 9% dei bambini sotto i 5 anni di vita.
Le cause
di questa condizione, comune anche in Italia nella prima metà
del secolo scorso, almeno fino alla fine degli anni '50, sono: lo
svezzamento troppo precoce (spesso già dal primo mese) e la
sostituzione del latte con alimenti poveri di proteine e in quantità insufficienti, le
infezioni ripetute, in particolare quelle a carico dell'intestino,
la parassitosi endemica, e il malassorbimento secondario. AIDS e TB
sono causa diretta di una percentuale di malnutriti che va crescendo
negli anni, arrivando quasi al 30%.
Ex-colonia
portoghese, ha una popolazione di 12 milioni di abitanti su un
territorio di circa 2 volte l'Italia. È stato il centro
principale della tratta degli schiavi verso il Nuovo Mondo nei secoli
XVII e XVIII. Ha subito una dura guerra di liberazione e una
altrettanto dura guerra intestina tra la fazione sostenuta dal
Sudafrica e dagli Stati Uniti (UNITA) e la frazione sostenuta dall'URSS e da Cuba, guerra che si è conclusa nel 2002. Dopo
l'Afghanistan è il Paese più minato. È molto ricca
di risorse minerarie (petrolio, diamanti, rame, oro) e di territorio
coltivabile, ma ha una popolazione poverissima, con una percentuale
di analfabetismo vicino al 40% tra le donne giovani. Negli ultimi
tempi, da dopo la pace, sembra di poter cogliere un miglioramento
nelle condizioni di salute e di nutrizione anche dei più
poveri, oltre che una ripresa edilizia, un miglioramento viario, un
aumento dei traffici.
Lo
Hospital da Divina Providencia, a Luanda
Luanda è
la capitale dell'Angola (7 milioni di abitanti in bidonville).
L'ospedale fa parte di una catena di ospedali distribuita
prevalentemente nei Paesi di lingua portoghese, condotta da una
confraternita, i poveri servi di San Giovanni Calabria, con sede a
Verona. La missione è sbarcata a Luanda nella figura di un
padre, don Francesco, nel 1970, con sede in un container. Da quella
persona e da quel container, in trent'anni, sono nate due
parrocchie, quattro Centri di Salute, una Scuola per 2000 bambini e
l'ospedale, che oggi serve una popolazione di circa 500.000
persone. Inizialmente solo pediatrico, con una trentina di letti,
l'ospedale è nato nel 2001, con la presenza di una pediatra
triestina (in verità una allora specializzanda, Marzia Lazzerini).
Nel 2002, fortunosamente, vi è stato aperta una sezione per
bambini malnutriti, supportata ufficialmente e materialmente dal WHO.
Internamento,
in portoghese, indica semplicemente il reparto di degenza, nel caso
specifico, la sezione destinata ai malnutriti. L'internamento ha 18
letti, quasi sempre tutti occupati, con una capacità di
ricovero di circa 230 pazienti (30 giorni di degenza media per
paziente), ma ne ricovera circa 250, utilizzando anche letti “fuori
sezione”. La situazione non è ottimale, ma più che
accettabile (per l'Angola). Ogni bambino ha il suo letto, la mamma
dorme vicino a lui in una brandina o su un panno. Ci sono le
zanzariere alle finestre e delle piccole zanzariere impregnate sui
letti dei bambini. Non c'è un personale dedicato, e anche il
medico direttamente responsabile, per lo più un “volontario”
italiano, non ha solo quell'impegno.
I bambini
sono tutti del primo o del secondo anno di vita e rientrano
rigorosamente nei criteri indicati dal WHO per la diagnosi: nel
momento in cui ne escono vengono dimessi. A seconda della loro
condizione stanno nel loro lettino, coricati immobili e indifferenti,
oppure arrivano a mostrare una piccola smorfia di timore quando si
avvicina il medico, o gli prendono il dito nella manina, o gli
sorridono, oppure portano il boccone alla bocca, o
scherzano, gattonano.
La loro
terapia principale consiste nella riabilitazione nutrizionale. Poiché
il malassorbimento è il loro problema centrale, questa
rialimentazione deve avvenire, almeno nei primi giorni, rispettando
la regola delle piccole razioni distribuite in molti pasti (di norma
12). La loro assistente, colei che si occupa di questa
rialimentazione, è la madre. Non sempre (quasi mai)
consapevole della sua responsabilità, né dotata della
pazienza, della accuratezza, e forse della motivazione per sostenere
questo lavoro monotono, faticoso e impegnativo.
Nei
“dieci passi” indicati dal WHO per la riabilitazione
nutrizionale è compreso anche un intervento molto semplice di
stimolazione sensoriale di questi pazienti che, come si comprende
facilmente dalla lettura del capitolo precedente, presentano, dal più
al meno, segni di arretratezza anche sul versante psicomotorio.
Tuttavia, nella situazione assistenziale che è stata
descritta, lo spazio temporale e culturale per un intervento ad hoc
manca. Questi pazienti, in questo Reparto, hanno una mortalità
del 25% e quindi già la semplice possibilità di dimetterli in
condizioni nutrizionali quasi normali è considerata un successo.
Non si
può, o non si dovrebbe, invece, dimenticare che il cervello
del bambino dei primi mesi, anzi di tutto il primo anno di vita, è
ancora largamente immaturo, soggetto ancora a vivacissimi fenomeni di
maturazione, di riorganizzazione dei circuiti, di aumento di
dimensioni e di connettività inter-neuronale (sinaptogenesi,
potatura, mielinizzazione), di acquisizione di competenze cognitive,
linguistiche e motorie e anche affettive, che hanno, in quei mesi, la
loro fase più “sensibile” e che necessitano, prima di
tutto, di un buono stato di nutrizione e secondariamente (ma non
tanto) di una “giusta” dose di stimoli.
In molti
di quei bambini non solo quelle competenze stentano a essere
acquisite, oppure si perdono per strada, ma la stessa circonferenza
cranica è spesso deficitaria rispetto agli standard di età
e di peso, indicando in maniera fin troppo eloquente l'esistenza di
un danno “materiale”, non sappiamo quanto suscettibile di
recupero.
L'opportunità
che mi è stata offerta, come specializzanda in fisioterapia,
di effettuare uno stage presso l'Hospital da Divina Providencia,
a Luanda, mi ha dato anche l'occasione di effettuare una ricerca
sul campo per misurare il livello psicomotorio medio dei pazienti
ricoverati e per valutare l'efficacia di un intervento mirato di
riabilitazione neuro-motoria. Per la valutazione del livello
psicomotorio è stata utilizzata la scala di Bayley, che
considera la capacità di superare alcune prove, tante più
quanto maggiore è l'età del soggetto, conseguendo un
punteggio di normalità, standardizzato per mese di età
(tra 28 e 32 a 4 mesi; tra 33 e 37 a 5 mesi, tra 38 e 43 a 6 mesi;
tra 44 e 50 a 7 mesi, tra 51 e 55 a 8 mesi, tra 55 e 57 a 9 mesi, tra
57 e 60 a 10 mesi, tra 61 e 63 a 11 mesi, tra 64 e 66 a 12 mesi, tra
68 e 69 a 14 mesi, tra 70 e 71 a 15 mesi).
I 30
bambini che ho potuto seguire durante tutta la degenza e poi nel
follow-up domiciliare, a un mese di distanza dalla dimissione
avevano, al momento della prima valutazione con Bayley, effettuato
dopo la fase di stabilizzazione, che richiede circa una settimana
un'età compresa tra i 9 e i 14 mesi (4 bambini di 9 mesi; 6
di 10 mesi; 4 di 11 mesi; 6 di 12 mesi; 10 di 14 mesi). La grande
maggioranza di questi bambini presentava una notevole compromissione delle principali
funzioni motorie, con un ritardo medio di circa 3,2 mesi per ciascun
gruppo di età.
La media
dei punteggi grezzi è risultata pari a 52,9, corrispondente a
un indice di sviluppo (MDI) di 68.
In
particolare apparivano compromesse le capacità di spostamento
orizzontale e verticale: il 94% dei bambini non gattonava (item 43
della scala Bayley); il 97% dei bambini nemmeno cercava di camminare
(item 53); l'83% dei bambini non sapeva passare dalla posizione
coricata alla posizione seduta (item 47); il 93% non sapeva passare
dalla posizione seduta alla posizione eretta (item 52); invece erano
relativamente buone le capacità di manipolazione seduta, la
coordinazione occhio-mano-bocca, la capacità di gioco sulla
linea mediana, il lancio degli oggetti, la capacità di portare
il cucchiaio alla bocca (item 48, 87% di punteggio positivo) e di
usare i polpastrelli per prendere una pallina (item 56; 83% di
punteggio positivo). Mentre le capacità elaborate in posizione
supina apparivano buone o discrete, risultavano molto deficitarie
quelle in posizione prona: all'item 24 (da prono, mantenere il capo
con controllo al 90°) solo il 13% ha ottenuto un punteggio
positivo.
In linea
di massima, una buona parte di questi deficit sono da attribuire alla
debolezza muscolare, piuttosto che a un difetto “centrale” della
maturazione neurologica, che tuttavia è certamente arretrata.
Di questi
30 pazienti, 15 sono stati sottoposti a un trattamento riabilitativo
mirato; gli altri 15 sono stati considerati come controlli. I due
gruppi sono stati confrontati sia mediante la scala di Bayley, sia
mediante un test non parametrico di Mann-Whitney, e i risultati sono
stati molto simili per entrambi i test. In particolare il punteggio
grezzo medio alla scala di Bayley è stato di 52,73 per il
gruppo “intervento” (MDI medio 68,86) e di 53,2 (MDI medio 68,33)
nei “controlli”. Sugli indici di sviluppo test di Mann-Whitney
dava un P-value pari a 0,8519, corrispondente a 85%, non
significativo. Il programma di trattamento è passato
principalmente attraverso una educazione alla madre, e può
essere così sintetizzato:
- migliorare la postura, col capo mai in estensione, ma leggermente flesso in avanti, posizione semiflessa del tronco e possibilmente seduta,modalità corrette di contenimento e stabilizzazione (holding), adeguate manovre per maneggiare il bambino durante il pasto (handling), promuovendo la stabilità e la percezione della linea mediana nel bambino.
- Sollecitare la componente relazionale durante il pasto (toccare, odorare, ascoltare).
- Stimolare un allattamento più consapevole, proponendo una postura adeguata per la madre, comoda, migliorando la capacità di contenere il bambino, l'attenzione allo scambio visivo, alla comunicazione non verbale e verbale, la funzione conoscitiva della bocca, l'aspetto emozionale-affettivo.
- Proporre la promozione prona da sveglio (utilizzata di solito dalla madre per ottenere il sonno) allo scopo di migliorare il controllo del capo, senza forzare le competenze del bambino (che in questa posizione ha difficoltà a sostenere il capo, liberare gli arti superiori, passare alla posizione supina, fino a scatenare il pianto), ma semmai utilizzando un cuscino facilitatore o una pezza di stoffa ripiegata come sostegno, e sollecitando la madre a porsi col volto alla stessa altezza del volto del bambino.
- Utilizzare il decubito laterale per promuovere il gioco sulla linea mediana, le attività di coordinazione occhio-mano-bocca e l'interazione con l'oggetto.
- Proporre il “gioco evolutivo”, in cui è essenziale l'interazione con la madre, adottando semplici accorgimenti in modo tale che esso possa stimolare strategie adattive per la conquista dell'autonomia e fungere da cerniera nel rapporto madre-figlio (i malnutriti sono tendenzialmente ipostimolati, apatici, irritabili, e questo produce un'insofferenza nelle madri, che rende l'accudimento una vera sfida terapeutica); cercare, nel gioco, di stimolare il bambino a eseguire passaggi da una posizione all'altra in modo indipendente, con la minore quantità possibile di aiuto e di sostegno.
- Creare giocattoli semplici, con materiali presenti sul luogo (stoffe, oggetti di legno o di plastica, siringhe), lavorando alla loro costruzione con la madre.
Oltre a
questo, le madri hanno ricevuto una elementare istruzione sulla
composizione degli alimenti, sui requisiti necessari per una buona
nutrizione anche dopo la dimissione (l'alimento utilizzato di base
nella famiglia angolana è il funji, una specie di polenta di
granoturco e/o manioca, molto povero di proteine, che vanno invece
aggiunte sotto forma di latte in polvere scremato, molto economico,
oppure di arachidi, jingouba schiacciate e di olio vegetale,
anch'esso di basso costo); inoltre hanno ricevuto dimostrazioni
pratiche sulla preparazione del cibo.
Al
momento della dimissione tutti i bambini, sia quelli sottoposti a
trattamento riabilitativo neuromotorio che i controlli, risultano
molto migliorati: rispetto alla partenza, in cui entrambi i gruppi si
collocavano, con una differenza minima, attorno a un punteggio grezzo
di 52,9 con un MDI di 68,5, l'insieme dei due gruppi registrava un
guadagno medio di 4 punti (corrispondente a circa +2 mesi).
Il
guadagno del gruppo di intervento era superiore, ma non
significativamente, rispetto a quello del gruppo di controllo
(punteggio grezzo medio 57,00 contro 56,06 dei controlli, MDI medio
80,33 contro 68,33 dei controlli; P-value al test di Mann-Whitney
pari a 0,3094, corrispondente a 30% non significativo).
A un mese
di distanza dalla dimissione, il miglioramento appare consolidato in
entrambi i gruppi, ma nel gruppo “intervento” i risultati sono
sensibilmente migliori che nei controlli: mentre al primo esame, in
entrambi i gruppi, il ritardo medio era di 3 mesi, dopo un mese di
follow-up nessun bambino ha un ritardo di 3 mesi o superiore; solo il
13% dei bambini del gruppo “intervento” ha 2 mesi di ritardo
contro 27% dei “controlli”; 33% dei trattati ha un mese di
ritardo contro 33% dei “controlli”, e ben 53% dei trattati,
contro il 27% dei “controlli” ha un punteggio che rispecchia uno
sviluppo motorio adeguato all'età.
I
punteggi grezzi medi sono: 64,8 (MDI 98,6) per il gruppo “intervento”
e 62,46 (MDI 88,46) per il gruppo “controllo”: il test di
Mann-Whitney applicato agli indici di sviluppo dà un valore di
P-value pari a 0,0074, corrispondente allo 0,7%, estremamente
significativo.
L'intervento
di riabilitazione psicomotoria si è dimostrato di un'utilità straordinaria, forse inattesa, anche se difficilmente
valutabile durante la fase intra-ospedaliera in cui è stato
posto in atto. I suoi risultati maggiori si sono evidenziati dopo la
dimissione, nel periodo domiciliare di consolidamento della
riabilitazione nutrizionale: a questo momento più della metà
di soggetti sottoposti all'intervento e poco più di un
quarto dei controlli hanno riguadagnato pienamente il ritardo di
sviluppo (in media più di 3 mesi) che dimostravano al momento
del ricovero. È quasi certo che questo guadagno sia dovuto al
rinforzo della interazione madre-bambino che si è verificata
durante il ricovero per merito dell'intervento, nel quale la madre
risultava, alla fine, l'attrice principale. È anche quasi
altrettanto certo che una parte consistente di questo miglioramento è
dovuto alla componente relazionale e affettiva che il mutato e più
consapevole atteggiamento della mamma ha saputo mettere in atto.
È
possibile, se non probabile (non si è pensato al momento di
valutare questo parametro elementare, e ormai è impossibile
farlo), che questa attivazione dell'affettività (e
della voglia di vivere, che manca tipicamente al bambino con
malnutrizione severa) abbia facilitato anche un più rapido
miglioramento dello stato nutrizionale, e che questo abbia concorso,
reintegrando la forza muscolare del piccolo, al rapido raggiungimento
delle capacità neuro-motorie attese per l'età, un
risultato per alcuni versi insperato, e che per altri versi
tranquillizza (sempre relativamente) circa la possibile
irreversibilità del danno neuro-psichico che la malnutrizione,
tanti più quanto è più grave e precoce, può
indurre. Alla fine, per quei bambini, risolvere o non risolvere
questo problema “nostro” è irrilevante. Resta il fatto che
lo studio fatto dimostra che effettivamente l'intervento
riabilitativo neuro-motorio non è un lusso; che, come previsto
nei protocolli WHO, DEVE essere far parte di un corretto intervento
riabilitativo nutrizionale ospedaliero; e infine, ma lo sapevamo, che
non è mai possibile separare il corpo dal cervello, e il
cervello dalla mente.
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