Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Ottobre 2023 - Volume XXVI - numero 8

M&B Pagine Elettroniche

I Poster degli specializzandi

Un caso complesso di citopenia trilineare ed epatite gigantocellulare

Mattia Comella*, Maria Licciardello, Vito Miraglia, Giovanna Russo

Emato-Oncologia Pediatrica, Università di Catania
*Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Catania

Indirizzo per corrispondenza: mattiacomella@gmail.com

Un bambino di 5 anni, giunto alla nostra osservazione all’età di 2 anni per citopenia trilineare (Hb 9 g/dl, MCV 80 fl, GB 10.790/mm3, N 8%, PLT 9.000/mm3). L’esame obiettivo mostrava segni di dermatite atopica, obiettività cardio-toracica nella norma e lieve splenomegalia (milza a circa 1 cm dall’arco costale) con micropoliadenia cervicale e inguinale.
Sono stati eseguiti aspirato midollare, DEB test e ADA test per escludere patologie di natura oncologica e sindromi da insufficienza midollare congenite. La tipizzazione linfocitaria è risultata nella norma. Sono state escluse, inoltre, patologie neoplastiche, infettive e metaboliche. È stata intrapresa terapia con immunoglobuline endovena per la piastrinopenia al dosaggio di 800 mg/kg con parziale risposta; durante la degenza si è assistito a incremento degli indici di emolisi e positività del test di Coombs con presenza di autoanticorpi caldi, per cui è stata intrapresa terapia con prednisone (2 mg/kg) con mancata risposta. Come da linee guida AIEOP sulla gestione delle anemie emolitiche autoimmuni, è stato somministrato rituximab (375 mg/m2/settimanale per 4 settimane), come terapia di seconda linea, senza alcun beneficio; solo la terapia di associazione con sirolimus (0,15 mg/kg/die) e prednisone ha consentito il controllo della citopenia. Durante il follow-up, si è assistito a insorgenza di ipertransaminasemia persistente, per cui è stata effettuata biopsia epatica con riscontro di epatite gigantocellulare. Inoltre, il piccolo ha presentato incremento della splenomegalia, infezioni respiratorie ricorrenti e linfoadenomegalie patologiche, per cui è stato necessario eseguire biopsia linfonodale per escludere patologie linfoproliferative. Ulteriori studi di tipizzazione linfocitaria hanno mostrato deficit dei linfociti B e T regolatori, associati a incremento di linfociti T doppio-negativi e alterazione dell’attività citochinica con diagnosi compatibile con ALPS-like syndrome. Data la complessità del caso, è stato eseguito pannello di next generation sequency immuno-ematologico che ha mostrato una mutazione patogenetica del gene STAT3 (NM_139276): c.1974G>T p. (Lys658Asn), che ha permesso di porre diagnosi di STAT3 gain of function syndrome. Si tratta di una mutazione con gain of function di STAT3, associata a una sindrome caratterizzata da insorgenza di patologie autoimmunitarie, linfoproliferazione e citopenia, deficit staturo-ponderale e suscettibilità alle infezioni.
In atto il paziente è in terapia con basse dosi di prednisone, micofenolato con buona risposta sulle citopenie e sull’epatite gigantocellulare e terapia sostitutiva con immunoglobuline. In letteratura viene descritta l’associazione terapeutica di tocilizumab e ruxolitinib come target-therapy, per controllare la sintomatologia delle patologie autoimmuni e ridurre la linfoproliferazione e la fibrosi polmonare progressiva, impattanti la prognosi del paziente.

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