Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Gennaio 2020 - Volume XXIII - numero 1

M&B Pagine Elettroniche

I Poster degli specializzandi

Linfoistiocitosi emofagocitica, tubercolosi e immunodeficienza primitiva

Lorenzo Lodi, Roberta Cupone

Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Firenze

Indirizzo per corrispondenza: lorenzolodi90@gmail.com

Bambina di 4 anni ricoverata per febbre persistente, innalzamento significativo degli indici di flogosi, leucocitosi neutrofila, riscontro all’Rx torace di una massa mediastinica di verosimile significato linfoadenopatico e di un addensamento parenchimale a focolaio all’apice polmonare destro.
Durante la degenza si assisteva alla comparsa di epatosplenomegalia, anemia, neutropenia, trombocitopenia, ipertrigliceridemia e iperferritinemia. Nel corso ricovero veniva documentata un’infezione da EBV mentre l’intradermoreazione di Mantoux e il test Quantiferon davano rispettivamente esito negativo e indeterminato con livelli plasmatici di IFN-γ costitutivamente elevati e senza incremento dopo stimolazione con mitogeni o antigeni tubercolari.
Nonostante l’aspirato midollare negativo per emofagocitosi, in 2 occasioni erano presenti 5 dei 6 criteri per la diagnosi di linfoistiocitosi emofagocitica (HLH); veniva pertanto intrapresa terapia con desametasone, rituximab, ciclofosfamide e ganciclovir con remissione parziale e controllo dell’infezione.
Due settimane dopo, la paziente manifestava una riattivazione del quadro infiammatorio sistemico (ferritina 395.644 ng/ml) e nonostante la risposta parziale alla terapia a base di immunoglobuline anti-timocita, si documentava la progressiva comparsa di sintomatologia oculare e neurologica.
Veniva quindi diagnostica un’infezione disseminata da Mycobacterium tuberculosis, mediante il riscontro con metodica PCR del genoma batterico a livello ematico, liquorale e oculare. Tale riscontro, successivamente confermato tramite coltura, indicava la somministrazione di terapia antitubercolare a base di 5 farmaci che portava inizialmente a un parziale controllo dell’infezione, ma successivamente a un drammatico peggioramento del quadro e quindi all’exitus per insufficienza multiorgano nonostante il supporto intensivistico.
Le indagini immunologiche e genetiche eseguite per la ricerca di forme familiari di HLH avevano dato tutte esito negativo, complicando notevolmente l’inquadramento diagnostico. Il riscontro di livelli plasmatici di IFN-γ estremamente elevati e l’infezione diffusa da M. tuberculosis hanno poi indirizzato l’iter diagnostico verso una forma di MSMD (Mendelian Susceptibility to Mycobacterial Diseases) che si concludeva con il riscontro in citofluorimetria di un deficit di fosforilazione a livello di STAT1 e quindi di una nuova mutazione a livello del gene IFNGR1.

Conclusioni
Di fronte a una HLH non bisogna circoscrivere le indagini alle sole forme familiari, ma ricercare potenziali trigger infettivologici, immunologici, reumatologici (MAS) e oncologici. Inoltre, nelle forme secondarie può comunque entrare in gioco una predisposizione genetica anche non direttamente correlata alle linfoistiocitosi emofagocitiche familiari: pensa a un’immunodeficienza primitiva!

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L. Lodi, R. Cupone. Linfoistiocitosi emofagocitica, tubercolosi e immunodeficienza primitiva. Medico e Bambino pagine elettroniche 2020;23(1):20 https://www.medicoebambino.com/?id=PSR2001_30.html