Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
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Occhio all'evidenza
Mancanza
del placebo
Pediatra
di famiglia Asolo (TV)
Indirizzo
per corrispondenza: dradzik@alice.it
Appare
quanto mai difficile per il medico e per il paziente interpretare le
vere modifiche cui va incontro una determinata condizione clinica,
quando è stato intrapreso un trattamento: il miglioramento può
dipendere infatti, non solo dalla terapia in sé stessa
(trattamento attivo o placebo), ma anche da uno dei seguenti
fattori, che si manifestano indipendentemente da quest’ultima:
1. la
storia naturale della malattia: un paziente può migliorare
spontaneamente, i suoi sintomi diminuire o sparire, come risultato
del decorso spontaneo della sua malattia, in assenza di qualsiasi
tipo di trattamento. Questo avviene sia per condizioni acute (mal di
schiena, raffreddore, cefalea), che croniche (sclerosi multipla,
asma, depressione).
2. la
regressione verso la media: spesso, in un trial, vengono reclutati
pazienti perché presentano valori estremamente alti (per es.
pressione arteriosa) o bassi (per es. Hb) di alcune misure relative
alla loro salute o al loro rischio di sviluppare un determinato
esito. Quando queste si ripetono settimane o mesi dopo, tendono
spesso a ritornare nella norma o quasi nella norma, in assenza di
qualsiasi intervento.
3. un
trattamento esterno: i pazienti o i clinici che li hanno in cura
possono utilizzare altri trattamenti concomitanti, in grado di
migliorare i sintomi, prevenire le complicazioni o curare il
disordine stesso.
4. bias
di aspettativa da parte dell’investigatore. Quando un
investigatore ritiene (giustamente o scorrettamente), di conoscere
quale tipo di trattamento sta ricevendo un paziente inserito in un
trial, può consciamente o inconsciamente, distorcere gli
eventi, i sintomi e le reazioni avverse riportate dal paziente, sotto
o sovrastimandoli.
5. bias
di aspettativa da parte del paziente. Quando un paziente pensa
(giustamente o in modo scorretto) di sapere quale trattamento sta
ricevendo, può consciamente o inconsciamente distorcere il
modo in cui riporta i propri sintomi, eventi o reazioni avverse.
6. bias
di apprezzamento da parte del paziente: quando un paziente apprezza
l’attenzione e le cure che riceve in un Studio Clinico
Randomizzato, può consciamente o inconsciamente, ritenere di
dover dimostrare di essere un “buon” paziente
(socialmente desiderabile), riportando miglioramenti che in realtà
non sono tali.
La
risposta clinica che si osserva nel braccio placebo di uno
studio è quindi in realtà molto più ampia
dell’effetto placebo in sé stesso e deve essere
giudicata pertanto tenendo in considerazione anche queste 6
variabili. Se invece in un trial clinico non è previsto un
braccio di partecipanti che assuma del placebo e vengono messi a
confronto solo due trattamenti attivi non sarà possibile
evidentemente riuscire a valutare gli effetti clinici assoluti
indotti dai 2 singoli interventi e la nostra possibilità di
giudicare la loro reale efficacia risulterà assai limitata:
questo è quanto accaduto nello studio di Maspero et al1
che ho commentato in questo numero di Occhio all’Evidenza,
in cui un trattamento con salmeterolo/fluticasone tramite Diskus è
stato paragonato con un’ altro trattamento attivo, il
montelukast per os, in un gruppo di bambini con asma persistente, non
ben controllato.
Bibliografia
1. Maspero
J, Guerra F, Cuevas F, Gutierrez JP, Soto-Ramos M, Anderton S,
Mechali D, Chan R, 1Pedersen S. Clin Ther 2008; 30-1492:1504.
Efficacy and tolerability of salmeterol/fluticasone propionate versus
montelukast in childhood asthma: a prospective, randomized
double-blind, double-dummy, parallel-group study.
Lettura
consigliata sull’argomento placebo
Haynes
RB, Sackett DL, Guyatt GH, Tugwell P. Clinical Epidemiology
Lippincott Williams & Wilkins 3° ed 2008.
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