Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Febbraio 2011 - Volume XIV - numero 2

M&B Pagine Elettroniche

Il punto su

Il sonno condiviso aumenta il rischio di SIDS nel lattante? Un dibattito sempre aperto
Maria Luisa Tortorella1, Annamaria Moschetti2
1Pediatra consulente presso la Casa di Cura “La Madonnina”, Bari
2Pediatra di famiglia, Palagianello (Taranto)
ACP Puglia e Basilicata
Indirizzo per corrispondenza: ml.tortorella@tiscali.it



Does bed-sharing increase the risk of SIDS?

Key words
SIDS, bed-sharing, proximal care, breastfeeding.

Summary
Sharing a bed with an infant is actually considered one of the environmental risk factors for SIDS (Sudden Infant Death Syndrome). Nevertheless, scientific evidences on this topic are still controversial also for the low methodological quality of some studies that demonstrated this association. Against existing evidences, the prevention campaigns in various Countries publish significantly different recommendations on the topic. In this article we discuss these informative choices, also and above all because in the last few years a growing body of evidences have appeared in literature regarding the benefits linked to a “proximal” child-rearing style, which expresses itself through physical contact.



Riassunto

La condivisione del letto con un lattante (bed-sharing) è attualmente considerato uno dei fattori di rischio ambientali per la SIDS (sindrome della morte improvvisa e inaspettata del lattante). Tuttavia in quest’ambito le evidenze scientifiche sono ancora controverse anche a causa della non correttezza metodologica di alcuni studi da cui è emersa questa associazione. A fronte delle evidenze attualmente disponibili, le campagne di prevenzione dei vari Stati emamano raccomandazioni anche significativamente diverse sull’argomento. In questo articolo discutiamo sull’opportunità di tali scelte informative anche e soprattutto perché sono apparse in letteratura ormai da anni sempre maggiori evidenze dei benefici connessi a uno stile di accudimento “prossimale” e cioè che si esprime attraverso il contatto fisico.


Premessa

Si definisce SIDS (Sudden Infant Death Syndrome) la morte inattesa di un bambino di età inferiore a un anno, che si verifica apparentemente durante il sonno e che resta inspiegata dopo una accurata indagine comprendente una autopsia completa, la revisione delle circostanze della morte e della storia clinica1.
Se la SIDS può verificarsi durante tutto il primo anno di vita, tuttavia il periodo critico per incidenza è tra il secondo e il quarto mese di vita2.

L'ormai annoso dibattito sulla pericolosità del dormire insieme nello stesso letto con un lattante rispetto al rischio di Sudden Infant Death Syndrome può contare attualmente su una mole di studi abbastanza voluminosa, in alcuni casi controversa, che comunque ha generato nelle società scientifiche pediatriche internazionali atteggiamenti (e linee-guida per la prevenzione) abbastanza diversificati. A fronte delle evidenze scientifiche a oggi raggiunte, il panorama mondiale delle brochure informative nazionali con le norme anti-SIDS (spesso incluse in progetti ben strutturati di educazione sanitaria e prevenzione) non è omogeneo, neanche sui consigli a riguardo del bed-sharing così come, peraltro, osservato da B. Ostfeld: “Variability among health care providers continues to exist regarding knowledge of risk factors and the provision of education to caregivers3.
La Tabella 1 dà un’idea della varietà di posizioni e messaggi diffusi a questo proposito.

Tabella 1. Raccomandazioni internazionali sul bed-sharing (BS) nella prevenzione della SIDS
Nazione
Anno
Raccomandazione:
Link
Francia
2009
No BS senza limiti di età
Associazione «Naitre e vivre»
Austria

No BS senza limiti di età
Australia
Per cittadini australiani e di altre nazionalità
2007
No BS senza limiti di età

Australia per indigeni
2007
No BS senza limiti di età


Germania
2009
No BS senza limiti di età


Nuova Zelanda

2009

No BS senza limiti di età

Portogallo
2008
No BS senza limiti di età
USA

No BS senza limiti di età, ma si parla della pericolosità dei letti “tipici”.
Italia
2008
No BS senza precisi limiti di età (i primi mesi di vita)
Canada
2009
No BS sotto le 16 settimane anche in assenza di fattori di rischio.
Olanda

No BS sotto le 16 settimane anche in assenza di fattori di rischio
Irlanda
2006
No BS sotto le 13 settimane anche in assenza di fattori di rischio
Scozia
2007
No BS sotto le 13 settimane anche in assenza di fattori di rischio
Svezia

No BS sotto le 13 settimane anche in assenza di fattori di rischio
Brasile

No BS sotto le 13 settimane anche in assenza di fattori di rischio
Inghilterra
2009
Sì BS senza limiti di età se non ci sono fattori di rischio,
Argentina
2008
Sì BS senza limiti di età se non ci sono fattori di rischio
Giappone
2009
La pericolosità del BS è ancora controversa.
“Non lasciare a dormire solo un bambino per quanto possibile. Evitare di dormire insieme sul divano”
Associazione famiglie SIDS


Una questione insignificante?

Poiché è indispensabile tutelare l’accudimento prossimale, che sembra essere la modalità di accudimento “fisiologica” per la specie umana, ogni indicazione medica che implichi una modulazione in termini di “distanziamento” dalla madre nelle cure ordinarie è necessario che sia rigorosamente fondata su prove di evidenza scientifica, sia per quanto riguarda il periodo che le condizioni di rischio effettivo. Pertanto verrà esaminata criticamente la letteratura scientifica a oggi disponibile sull’argomento.


Analisi della letteratura scientifica su bed-sharing e SIDS

Gli studi hanno dimostrato con certezza che dormire insieme alla madre nello stesso letto (bed-sharing) comporta un aumentato rischio di SIDS nei seguenti casi4:
  • Esposizione al fumo della madre in gravidanza e dopo il parto.
  • Madre dedita ad alcol, droghe o farmaci psicotropi
  • Madre estremamente stanca
  • Dormire insieme su superfici inadatte quali: letti ad acqua, poltrone, divani.

Ulteriori studi hanno evidenziato inoltre un’altra categoria di soggetti a rischio: i lattanti al di sotto delle 13 settimane anche al di fuori delle suddette situazioni particolari.
L’età considerata un cut-off in questi lavori (riportati in Tabella 2) è piuttosto variabile, dalle 8 settimane di vita5 alle 11 settimane6 alle 13 settimane7.
Dall’analisi di questi articoli si evince che al di là di queste età-limite (e ovviamente in assenza degli altri fattori di rischio) il bed-sharing non rappresenta più di per sé un rischio specifico per la SIDS, essendo le OR tutte intorno all’unità e quindi statisticamente non significative.

Tabella 2. Studi caso-controllo sulla SIDS con OR per bed-sharing in assenza di altri fattori di rischio.
Articolo
Odds Ratio
CI 95%
Età limite (≥)
Cartpenter 2004
1.08

8 sett.
Tappin 2005
1.07
0.32 – 3.56
11 sett.
Vennemann 2009
1.02
0.44-2.36
13 sett.

Il lavoro di Tappin6 su lattanti scozzesi, spesso citato, risulta discutibile perchè risente di alcuni importanti difetti metodologici:
1. Le sue conclusioni rispetto all’età come fattore di rischio indipendente non possono essere accettate perchè non è stato indagato il consumo di alcool presso le madri dei lattanti morti di SIDS durante un bed-sharing nelle prime settimane di vita. L’assenza di dati riferiti all’uso di alcol crea dei dubbi che nello stesso numero della rivista infatti sono fatti propri da B. Thach, il quale osserva come il rischio per SIDS derivante dal bed-sharing, risultante dal lavoro di Tappin, sia maggiore di quello di Carpenter del 2004 e si chiede se ciò possa essere dovuto al maggiore consumo di alcool da parte delle madri scozzesi8. Gli Autori del lavoro in causa non hanno esaminato l’uso di alcool nella madre ritenendo pregiudizialmente di non poter ottenere dati affidabili con l’uso del questionario a causa della supposta reticenza delle madri su questo argomento, e fanno riferimento per questa scelta a un articolo del 19829.
C’è da osservare però che, dall’attenta lettura di quest’ultimo lavoro, non risulta alcun riferimento all’inefficacia di un questionario per la ricerca dell’uso di alcool nelle madri, si tratta infatti di una collezione di casi di mortalità infantile da varie cause con dati provenienti esclusivamente da cartelle cliniche e referti autoptici (senza alcun riferimento all’uso di alcool).
L’inefficacia dell’uso del questionario è inoltre smentita da due lavori successivi al 1982: quello di Blair10 che, con dati ricavati da questionario, dimostra che il rischio di SIDS aumenta significativamente per il numero di Unità Alcoliche assunte dalla madre nelle ultime 24 ore precedenti la morte del bambino (> 2 UA/24 H) e dal più recente articolo di Carpenter1 che, sempre con dati ricavati da questionario, riporta un OR per SIDS che aumenta di 1,6 per ogni UA bevuta dalla madre nelle 24 precedenti e che l'alcol è un fattore di rischio per SIDS solo se si pratica il bed-sharing. [nota: una Unità Alcolica (U.A.) corrisponde a circa 12 grammi di etanolo; una tale quantità è contenuta in un bicchiere piccolo (125 ml) di vino di media gradazione, o in una lattina di birra (330 ml) di media gradazione o in una dose da bar (40 ml) di superalcolico].

2. Il lavoro di Tappin non può inoltre essere preso in considerazione anche perché non ha indagato l’uso di tabacco di padre e madre in gravidanza ritenendo ancora una volta pregiudizialmente che coloro che fumano dopo il parto sono le stesse persone che hanno fumato in gravidanza. Inoltre dai dati di Carpenter si evince un rischio anche per le donne che abbiano fumato prima della gravidanza (anche se l’abitudine è stata sospesa in gravidanza e dopo), rischio che aumenta col numero di sigarette fumate.
Questi sono limiti importanti poiché, come già detto, sia il fumo di tabacco (padre e madre) in gravidanza che l’uso di alcool da parte della madre sono associati in maniera significativa al rischio di SIDS in bed-sharing.
Inoltre esistono dubbi fondati sulla correttezza metodologica anche del lavoro di Venneman7, il quale, allo stesso modo, non ha indagato l’uso di alcol da parte della madre nelle ore precedenti la morte per SIDS del lattante. L’autore afferma ritenersi conclusivo aver calcolato l’alcolemia del lattante deceduto, assumendo come scontato che essa sia un indicatore preciso e puntuale dell’assunzione di alcool da parte della madre.

Tale assunzione è da ritenersi scorretta per i seguenti motivi:
1. Per un bicchiere di vino bevuto dalla madre la concentrazione ematica massima di etanolo nel figlio allattato al seno è stimata tra 1.95 e 12.1 mg/l, se l'intera dose di alcol fosse assorbita e distribuita immediatamente dopo l'ingestione. Queste concentrazioni sono estremamente basse e sotto i limiti dei tests quantitativi di laboratorio e inoltre i loro effetti farmacologici sul neonato dovrebbero essere minimi od assenti11,12. Inoltre, il latte ritarda l'assorbimento dell'alcol nello stomaco e le sue concentrazioni ematiche saranno ancora inferiori.
Quindi un prelievo fatto al lattante può risultare negativo anche se la mamma in realtà ha bevuto più di un bicchiere di vino nelle ultime 24 ore.

2. Le conclusioni di Vennemann è stata estesa anche ai lattanti allattati artificialmente, la cui percentuale sul totale dei morti era 77,7%, e agli allattati con allattamento misto che erano il 12,9% (nel mese precedente la morte). Pertanto qualora pure fosse vero il presupposto che l’alcolemia del lattante riflette quella materna, sul campione esaminato ciò sarebbe vero solo per 9,3% dei lattanti e cioè quelli allattati al seno (ciò per ammissione dello stesso autore). Questa distribuzione percentuale è tratta dalla stessa serie di casi (studio GeSid) pubblicata, però, in un altro studio36 teso a dimostrare la prevalenza significativamente bassa di allattamento al seno nei casi di SIDS.
L’assoluta importanza dell’uso di alcool da parte della madre nei casi di SIDS avvenuti durante il bed-sharing è stata ancora più recentemente sottolineata da un nuovo studio di Blair13, da cui emerge che la percentuale di vittime di SIDS avvenute in condizioni di cosleeping, ma senza fattori di rischio (0-1 unità alcoolica e non uso di farmaci psicotropi o droghe) era sovrapponibile alla percentuale di bambini controllo (vivi paragonabili per età) che avevano praticato il cosleeping nelle stesse condizioni. Mentre la combinazione dell’uso consistente di alcol o di droghe con cosleeping era 9 volte più frequente fra le vittime di SIDS rispetto al gruppo di controllo, risultando l’assunzione di alcool “il singolo fattore di rischio più forte in questo modello” (P>0.0003 con OR 41.62 all’analisi multivariata).

Rimane dunque metodologicamente valido solo lo studio multicentrico di Carpenter5 del 2004 che dimostrerebbe per i lattanti di età < a 8 settimane il rischio “in sé” del bed–sharing al di fuori di altre condizioni di rischio note.
Tuttavia le certezze espresse dallo studio di Carpenter del 2004 sulla pericolosità del bed-sharing “in sé”, in assenza di fattori di rischio, non sono confermate da 2 studi successivi e ben condotti del 2009: quello di Blair13, già prima menzionato, condotto su un campione di 80 bambini inglesi morti per SIDS e quello di Blabey condotto in Alaska14 su 126 lattanti vittime di SIDS che praticavano abitualmente il bed-sharing. Tutti i bambini di quest’ultimo studio avevano uno o più dei noti fattori di rischio (posizione prona, cosleeping con persona diversa dal caregiver, uso di tabacco pre- o post-natale da parte della madre, ridotta vigilanza della madre -alcol, o altro-, superficie di sonno impropria, gravi malattie acute in atto, fumo passivo, superficie di letto impropria, bed sharing con genitore estremamente stanco).

Inoltre il lavoro di Carpenter pur nella sua sostanziale correttezza metodologica si presta a un giudizio critico.
Si tratta infatti di uno studio multicentrico esclusivamente europeo che esamina dati relativi a coppie madre-bambino provenienti da differenti centri che vanno dalla Norvegia, alla Spagna, all’Est europeo.
Si può far propria a tal proposito l’osservazione fatta da Blair10 che i dati provenienti da studi effettuati su bambini occidentali non possono essere generalizzati a tutti i popoli poiché sono state studiate coppie madre-bambino che dormivano insieme su un letto occidentale (materasso morbido, cuscino, numerose coperte) e che quindi bisogna ancora dimostrare che il dormire insieme in questo particolare tipo di letto non possa essere “in sé” un fattore di rischio per lattanti privi degli altri noti fattori di rischio al di sotto delle 8 settimane. Quello che può essere un fattore discriminante fra i popoli occidentali e alcuni popoli orientali in cui la SIDS è scarsamente prevalente è la superficie del sonno (rigida) sulla quale il bambino dorme a portata di mano della madre.
A scagionare inoltre il dormire presso la madre come fattore di rischio in sé concorre lo stesso autore nel lavoro successivo del 200913 in cui mostra che, a parità di tassi di frequenza di bed-sharing, in differenti popoli le percentuali di SIDS variano di molto. L’autore testualmente scrive che “In certe culture il bed–sharing è comune e la prevalenza di SIDS è alta. Queste includono i Neri Afroamericani degli USA, Maori e Aborigeni. In maniera intrigante i tassi di SIDS sono bassi in culture dove il bed-sharing è comune come Giappone e Hong Kong, come anche nelle comunità Bengalesi e asiatiche residenti nel Regno Unito e Polinesiane residenti in Nuova Zelanda”.

I dati di letteratura sono, con le loro incertezze e le loro avvenute certezze, ben rappresentati dalle indicazioni dell’ISPID (International society for the study and prevention of perinatal and infant death), reperibili per intero sul web (www.ispid.org/prevention.html) e illustrate, per quanto concerne la condivisione del letto, nel Box 1.

Box 1. Raccomandazioni dell’ISPID su bed-sharing e SIDS.
Rendi l’ambiente di sonno il più sicuro possible ed evita il surriscaldamento:
  1. Metti a dormire il bambino nella sua culla affianco al letto dei genitori (room sharing).
  2. Non condividere mai il letto con il bambino se tuo o il tuo partner fumate. I figli di fumatori sono più a rischio di SIDS se praticano il cosleeping.
  3. Non condividere mai il letto con il bambino se hai assunto alcol o droghe (non usare alcol o droghe quando porti il tuo bambino specie se hai probabilità di addormentarti. Questi bambini sono a più alto rischio di SIDS (o di soffocamento accidentale) mentre praticano il cosleeping.
  4. C’è un rischio di SIDS leggermente aumentato per il bed-sharing con i lattanti più piccoli di 3 mesi, anche se non esposti al fumo di sigaretta, in particolare se il bimbo è molto piccolo (<2,5 kg di peso alla nascita) o è nato prematuro.
  5. In qualche nazione si raccomanda di evitare in ogni caso la condivisione del letto, sebbene qualcuno non sia d’accordo e consigli di evitarlo solo se ci sono altri fattori di rischio come fumo o alcol.
  6. Non dormire mai con il bambino su divani o poltrone, perché aumenta il rischio di SIDS e di incidenti fatali durante il sonno.


Dalla disamina attenta della letteratura scientifica possiamo dunque concludere che non ci sono, allo stato attuale, prove univoche e incontrovertibili che il bed–sharing sia nocivo per i lattanti di qualunque età della vita privi dei noti fattori di rischio, ma per contro ci sono certezze statistiche che non esiste aumentato rischio nel praticare il bed-sharing al di sopra delle 8 settimane e al di fuori delle note situazioni pericolose.
Per i popoli occidentali ci sono dati, che richiedono ulteriori conferme, che al di sotto delle 8 settimane di vita la condivisione del letto nel sonno dovrebbe essere evitata anche in coppie madre-bambino in assenza di fattori di rischio. A scopo prudenziale, fino a quando non si saranno ottenuti dati inoppugnabili, è opportuno che i bambini occidentali al di sotto delle 8 settimane evitino il bed-sharing e dormano in una culletta affiancata al letto materno. Se allattati al seno possono esser presi nel letto matrimoniale per la durata della poppata e poi rimessi nella culla.


L’importanza delle cure prossimali

La stessa ipotesi che la vicinanza fisica della madre al suo lattante durante il sonno sia un fattore di prognosi sfavorevole “quod vitam” presenta una inaccettabilità sotto il profilo biologico, essendoci al contrario prove che la prossimità alla madre sia per il neonato e il lattante un fattore biologico di regolazione fondamentale. Nei primati non umani la riunione con la madre agisce come “calmante naturale” attraverso un meccanismo mediato dagli oppioidi endogeni15, come del resto è noto l’effetto analgesico del contatto pelle-a-pelle con la madre nei neonati umani16 e l’azione della prossimità alla madre sulla riduzione dello stress e del pianto del neonato nei primi giorni di vita17. In più bisogna considerare che “in termini evoluzionistici il neonato umano è il primate più neurologicamente immaturo e con lo sviluppo più lento. Così l’intenso e prolungato contatto madre-bambino agisce come meccanismo protettivo contro difficoltà fisiologiche e noxae ambientali. [...] I benefici del contatto fisico intimo madre-figlio includono: migliore stabilità cardiorespiratoria e ossigenazione, meno episodi di pianto, migliore termoregolazione, maggior successo dell’allattamento al seno (prevalenza, durata, qualità)”18,19. In particolare il bed-sharing con i lattanti facilita lo scambio neurosensoriale fra madre e bambino nonché la maggiore e più pronta responsività materna20, e come componente di uno stile di allevamento di tipo “prossimale”, è correlato a una riduzione del pianto21 e a più bassi livelli basali di cortisolemia (indice questo di un “migliore” profilo di reattività allo stress) anche nella successiva infanzia22. Inoltre è dimostrato, in un campione di bambini figli di donne appartenenti a fasce a rischio sociale, che il contatto prolungato con il corpo della madre influenza positivamente la formazione di un legame di attaccamento di tipo sicuro23(anche per il tramite della maggiore responsività materna), tipo di attaccamento che è considerato la base psico-fisiologica per la salute e il benessere del bambino e del futuro adulto24,25.
Inoltre l’azione protettiva della prossimità alla madre è dimostrata in questo stesso campo dal maggior rischio di SIDS per i bambini posti a dormire lontano da essa, per esempio in cameretta4.
L’utilità biologica della vicinanza materna risulta evidente anche dal rapporto tra bed sharing e allattamento al seno, il cui successo, anche in termini di durata, diversi studi26,27,28,29,30,31,32,33,34 hanno dimostrato essere a esso correlato. L’allattamento al seno a sua volta sarebbe un fattore protettivo nei confronti della SIDS come è emerso da studi recenti35,36.
A tal proposito si fa osservare che l’importanza delle cure prossimali ed espressamente del bed-sharing per il successo dell’allattamento al seno è stata recepita e rimarcata recentemente anche dal Comitato Nazionale Multisettoriale per l'Allattamento Materno del Ministero della Salute italiano (Comitato istituito con Decreto Ministeriale del 15 aprile2008, coordinato dalla Prof.ssa Morresi, nominata dal Ministro per la salute, e di cui fanno parte due rappresentanti del Ministero, uno di ISS, Coordinamento Sanità Conferenza Stato-Regioni, Unicef, "Burlo Garofolo" Trieste, SIP, SIN, FIMP, ACP, SIGO, FNCO, IPSAVI, AICPAM, ONG per l’allattamento materno e Ibfan Italia) che ha sottolineato, nel documento di riferimento a uso degli operatori sanitari per promuovere l’allattamento al seno37, che “la prossimità con la madre è importante soprattutto di notte, [reminiscenza di quando i nostri antenati tenevano il lattante molto vicino per proteggerlo da possibili predatori]. Stare vicini la notte favorisce sia la relazione sia l'allattamento”.


La situazione italiana: Raccomandazioni italiane per la prevenzione della SIDS

In Italia le raccomandazioni per la riduzione del Rischio di SIDS, sono state pubblicate in un Opuscolo38 a cura dell’Associazione Semi per la SIDS approvato dal Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, oltre che da importanti associazioni pediatriche (SIP, SIN e FIMP), il cui testo riportiamo nel Box 2 in versione integrale:

Box 2.
Nanna Sicura
Nei primi mesi di vita:
• La posizione più idonea per dormire è quella sulla schiena
• Non fatelo dormire a pancia sotto nè di fianco
• Fatelo dormire su materasso rigido senza cuscino, nella vostra stanza ma non nel letto con voi

Non fatelo Fumare
• durante la gravidanza
• quando è nato
• non tenete il bambino in ambienti dove si fuma

Fresco è Meglio
Non copritelo troppo:
• Non avvolgetelo stretto nelle coperte
• Tenetelo lontano da fonti di calore: la temperatura ambientale ideale è di 18-20 C°
• Se ha la febbre può aver bisogno di essere coperto di meno, mai di più

Anche l’impiego del Succhiotto durante il sonno può ridurre il rischio di SIDS
è tuttavia importante:
• introdurlo dopo il primo mese di vita
• non forzare se il bambino lo rifiuta
• se lo perde non va reintrodotto
• evitare di immergerlo in sostanze edulcoranti
• sospenderne l'uso entro l'anno di vita

L’osservazione delle indicazioni italiane mostra alcune criticità:
1. Coppie madre-bambino senza fattori di rischio.
Le indicazioni sono sbilanciate in senso restrittivo rispetto alle evidenze della letteratura scientifica poiché c’è una controindicazione assoluta alla condivisione del letto che si estende a un periodo imprecisato (“ nei primi mesi di vita”).
2. Coppie madre-bambino con fattori di rischio.
Non viene fatta alcuna menzione dei fattori di rischio notoriamente associati al bed–sharing tra cui soprattutto il consumo di alcol da parte della madre, ma anche di farmaci psicotropi e stupefacenti e lo stato di estrema stanchezza. In questi casi si correrebbe il pericolo contrario, perché l’indicazione generica “i primi mesi di vita” potrebbe essere interpretata in maniera restrittiva in termini temporali dalle madri “ a rischio”, e che non vengono informate di esserlo, poiché, come è noto, l’evento SIDS si può verificare fino all’anno di vita.
3. Manca il divieto esplicito a dormire insieme al lattante su divani o poltrone (situazione universalmente riconosciuta come una delle più pericolose). È opportuno tener presente, nella comunicazione dei rischi, che le madri, per un eccesso di zelo rispetto alle norme anti-SIDS nei confronti del lettone, potrebbero abituarsi a portare il lattante su di un divano o poltrona per allattarlo di notte, determinando esse stesse una situazione di elevato rischio, qualora vi si addormentassero, come già è stato segnalato da Blair13.
4. Tali indicazioni sembrano inoltre andare contro abitudini della popolazione tuttora molto diffuse almeno in alcune aree della nazione (o forse oggi più diffuse che in passato, come è documentato essere avvenuto negli USA39), come si evince dallo studio sulle abitudini al sonno dei bambini di Puglia e Basilicata, in cui su un campione di 1438 bambini il 68,5% dei lattanti tra 3 e 12 mesi pratica il BS almeno una volta a settimana)40. Bisogna considerare, come espresso da Blabley14 e Lahr41, che scoraggiare genericamente il bed-sharing andando contro le abitudini delle popolazioni potrebbe risultate controproducente dal punto di vista dell’efficacia comunicativa e quindi dell’obiettivo che si vuole perseguire, potendo determinare perplessità e scetticismo, con conseguente scarsa compliance, da parte delle madri. Tale scetticismo potrebbe portare a una reazione di rifiuto assoluto delle indicazioni, esteso anche al limitato periodo in cui il bed-sharing andrebbe invece opportunamente evitato, almeno fino a nuove prove, così come è successo in Nuova Zelanda42 (The New Zealand cot death study, uno studio caso-controllo promosso dal Dr. Ed Mitchell condotto dal 1987 al 1990, ha identificato 4 principali FDR per la SIDS: dormire proni, fumo passivo, allattamento artificiale, e bed sharing. Il programma nazionale di prevenzione fu lanciato nel 1991 verso i primi 3 FDR, e il bed sharing fu aggiunto nel 1992 - sulla base delle morti per SIDS di figli di madri fumatrici - ma il consiglio di non condividere il letto contrariò molti leaders di gruppi etnici, perchè andava contro le loro pratiche tradizionali di allevamento dei bambini. “Abbiamo pochi dati su quello che il bed sharing significa nei differenti gruppi in Nuova Zelanda” disse in seguito il Dr. Mitchell).

Per quanto detto sarebbe opportuno che a livello nazionale le raccomandazioni anti-SIDS a proposito del sonno condiviso si attengano strettamente alle evidenze scientifiche, lasciando per il resto libere le famiglie di scegliere come mettere a letto i loro figli nel rispetto della loro naturale attitudine e delle tradizioni familiari e locali.
Questo anche in linea con le raccomandazioni contenute nel Manuale Metodologico del Programma Nazionale Linee-Guida (PNLG)43, che identifica fra i requisiti per lo sviluppo e l'applicabilità di una linea-guida evidence-based quelle di “basarsi sulle migliori prove scientifiche disponibili e […] di essere flessibile e adattabile alle mutevoli condizioni locali, [...] includere le prove relative a differenti popolazioni target e diversi contesti geografici e clinici, considerare i costi e prevedere gli aggiustamenti a differenti sistemi di valori e preferenze dei pazienti”.
Tanto si rende necessario per interferire il meno possibile con le “cure prossimali”, fattore importante di promozione della salute infantile, mentre si persegue il doveroso obiettivo di ridurre l’incidenza della SIDS.


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M.L. Tortorella, A. Moschetti. Il sonno condiviso aumenta il rischio di SIDS nel lattante? ; Un dibattito sempre aperto. Medico e Bambino pagine elettroniche 2011;14(2) https://www.medicoebambino.com/?id=IPS1102_10.html