Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Gennaio 2011 - Volume XIV - numero 1
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Una
famiglia a strisce...
IRCCS
“Burlo Garofolo”, Trieste
Vedo
in ambulatorio dermatologico una bambina di 2 anni che da quasi
un anno presenta una lesione all’arto superiore sinistro. È
giugno, fa molto caldo. La mamma, persona molto pratica non per
niente mamma di 7 figli, mi aveva telefonato qualche giorno prima
dicendomi: “vorrei portarti la mia piccola F; ha ormai da
tanto tempo dei brufoletti sul braccio. Ho sempre pensato fosse
una dermatite atopica, perché siamo tutti un po’
allergici, tutti abbiamo la dermatite, il nostro pediatra ci ha
consigliato di eliminare il latte e i derivati del latte”
(…e già mi viene male…) “però
mi sembra strano che duri così a lungo e mi pare che stia
assumendo un andamento lineare. Siccome la mia primogenita ha
l’incontinentia pigmenti ed è tutta “a
strisce”, non vorrei che avesse la stessa cosa”. Al
che le dico di portare tutte e due le figlie così vediamo.
La
piccola F. è una bimba bellissima è presenta una
stria ipopigmentata larga circa 7-8 mm che corre dalla spalla
sinistra lungo l’arto superiore sinistro, fino al polso.
![]() La
diagnosi è molto semplice, è una di quelle cose che
ti fa fare subito un bellissima figura. Dico che si tratta di un
lichen striato, che passerà da solo, che può durare
molto a lungo, per cui non c’è da stupirsi che sia
lì da molti mesi e che non occorre fare alcun trattamento.
La
mamma allora mi racconta la storia della sorella, M., 18 anni.
Una ragazza in gamba, che sta studiando per l’esame di
maturità. Dalla nascita presenta una cute con colorazione
molto disomogenea, per la presenza di striature iperpigmentate
che interessano l’intera superficie corporea.
![]() ![]() Allora,
18 anni fa, era stata fatta diagnosi di incontinentia pigmenti
(IP), ipotizzando che le prime fasi della malattia, quella
bollosa e quella ipercheratosica, fossero passate inosservate
perché “vissute” in epoca prenatale. Negli
anni successivi M. aveva sviluppato una dismetria degli arti
inferiori progressivamente sempre più importante, tanto da
necessitare di un intervento di allungamento del femore sx nel
1998, per una differenza tra i due arti di 4 cm. Questo dato
aveva rinforzato l’ipotesi diagnostica di IP.
L’incontinentia
pigmenti è una malattia genetica multisistemica, X-linked
dominante, di cui sono affette solo le femmine. Il gene
responsabile si chiama NEMO e nell’80% dei casi si osserva
una delezione di tale gene, nel restante 20% si tratta di
mutazioni puntiformi. Il gene NEMO è coinvolto nel sistema
cellulare di attivazione dell’NF-kB e, quindi, nella
risposta infiammatoria, immunitaria e antiapoptotica. Le pazienti
affette possono avere problemi oculari, neurologici gravi, con un
ritardo mentale spesso severo, alterazioni dentarie e ungueali,
oltre alle manifestazioni cutanee che sono le più precoci.
Le
manifestazioni cutanee hanno tipicamente 4 fasi, inizialmente si
tratta di bolle che compaiono già in epoca neonatale,
seguono lesioni ipercheratosiche che non necessariamente sono
nelle stesse sedi delle bolle, poi strie iperpigmentate che si
dispongono lungo le linee di Blaschko e infine strie
ipopigmentate atrofiche, in particolare agli arti inferiori.
Siccome
i soggetti di sesso maschile che ereditano dalla mamma il gene
“mutato” muoiono, spesso nelle famiglie interessate
c’è una storia di poliabortività.
Non
ritrovando in M. gli elementi tipici, con una storia familiare
assolutamente muta in tal senso (altri 6 fratelli sani, di cui 4
femmine, mai un aborto nella mamma), ho messo in dubbio la
correttezza di questa diagnosi, diagnosi peraltro abbastanza
importante soprattutto in termini di trasmissibilità alla
prole.
Infatti
l’assenza di alterazioni neurologiche, in una ragazza con
uno sviluppo assolutamente adeguato, l’assenza di
alterazioni retiniche o oculari di altra natura, l’assenza
di una storia familiare significativa, in particolare nei
soggetti di sesso femminile (mamma e sorelle), la stabilità
delle lesioni cutanee che sono così dalla nascita e non
sono andate incontro all’atrofia che di solito si osserva,
mi sono sembrate poco indicative di IP.
Per
tale motivo ho eseguito un prelievo di sangue a M. e ai suoi
genitori ed è in corso l’analisi genetica del gene
NEMO presso un laboratorio specializzato del CNR a Napoli.
La
diagnosi a mio parere più compatibile con il quadro
clinico è quella di mosaicismo pigmentario.
Si
tratta di una condizione dovuta a una mutazione post-zigotica in
alcune linee cellulari, che si esprime con un’iperpigmentazione
o un’ipopigmentazione della cute che segue le linee di
Blaschko e interessa distretti cutanei specifici. È un
problema spesso solo cutaneo, ma può associarsi ad altri
quadri, tra cui anomalie scheletriche principalmente degli arti,
soprattutto asimmetrie.
Non è
una malattia genetica e non si trasmette alla prole.
Vedremo
cosa ci dice l’indagine genetica. |
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