Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Giugno 2009 - Volume XII - numero 6
M&B Pagine Elettroniche
Casi indimenticabili
Mamma,
ho perso la tolleranza
Servizio
di Allergologia, IRCCS “Burlo Garofolo”, Università
degli Studi di Trieste
Patrizia
(nome di fantasia), splendida bambina di 3 anni e mezzo, giunge
presso il nostro ambulatorio per aver presentato nell’ultimo
anno gravi episodi di anafilassi scatenati dall’assunzione
di pesce.
La
famiglia mi racconta che Patrizia circa un anno prima (aveva 2
anni e mezzo), immediatamente dopo aver mangiato del pesce, aveva
lamentato dapprima bruciore alla gola, poi vomito a getto e
arrossamento cutaneo diffuso. A distanza di un mese la mamma
aveva voluto riprovare a somministrare del pesce, ma
all’assunzione era seguita la medesima reazione di bruciore
alla gola, vomito e arrossamento diffuso. Dopo un periodo di
sospensione più prolungato, di circa sei mesi, era stato
poi fatto un ulteriore tentativo, ma questa volta era seguita una
reazione molto più grave delle precedenti, che aveva
addirittura portato la bambina al Pronto Soccorso.
Da
allora la mamma si era guardata bene dal fare altri tentativi, e
aveva invece richiesto una consulenza specialistica presso il
Servizio Allergologico dell’Ospedale Infantile di Trieste.
Ascoltata la storia eseguo subito il prick test per alimenti (la
piccola non lo aveva mai fatto prima), che conferma la chiara
sensibilità verso l’estratto mix pesci, e scopre una
positività analoga (5-6 mm di ponfo) per il bianco d’uovo
e il latte.
Raccogliendo
l’anamnesi vengo anche a sapere che il pediatra della
bambina, pur senza aver mai eseguito un test cutaneo, per il
semplice fatto che Patrizia aveva presentato in latte materno una
lieve dermatite atopica aveva ritardato l’introduzione del
latte, dell’uovo e del pesce a dopo l’anno e mezzo.
Dopo quell’età la bambina aveva tuttavia introdotto
sia il latte che l’uovo che il pesce senza presentare alcun
disturbo fino al momento dell’episodio descritto.
Mi
rendo conto subito che il quadro di Patrizia non può
essere ricondotto a una comune reazione allergica agli alimenti.
Normalmente infatti la reazione si verifica alla prima assunzione
dell’alimento, mentre nel caso di Patrizia i genitori sono
sicuri nel confermare che il pesce faceva parte bisettimanalmente
della dieta dell’asilo frequentato della piccola e che,
inoltre, lei lo aveva sempre prima mangiato di gran gusto.
Il
caso mi appare pertanto contrastare con uno dei “postulati”
base dell’allergia alimentare, che vuole che un soggetto
non possa diventare allergico verso un alimento che mangia
abitualmente nella dieta di ogni giorno.
Mi
oriento quindi, seppur poco convinta dato l’elevato numero
degli episodi, verso una FREIA, ovvero a quella forma di
anafilassi che si verifica solo se all’assunzione
dell’alimento allergizzante si associa un’ intensa
attività fisica. La mamma smentisce però questa
possibilità, raccontando che gli episodi si erano sempre
verificati a tavola, quando Patrizia era seduta e tranquilla.
Penso
allora che possa esserci stato un cambiamento a livello della
“permeabilità intestinale”, forse a
seguito di un episodio di tipo gastroenteritico, ma la mamma nega
che Patrizia abbia sofferto in quelle occasioni di episodi virali
e comunque non avrei saputo spiegare come mai Patrizia avesse
perso selettivamente la tolleranza solo verso il pesce,
continuando invece ad assumere senza problemi l’uovo e il
latte (anch’essi prick positivi).
Non
mi resta dunque che approfondire il discorso a riguardo
dell’unico vero indagato: il pesce. Chiedo allora ancora:
“Che qualità di pesce ha dato reazioni? Era lo
stesso che mangiava in asilo? In che quantità lo assumeva?
Com’era stato cotto? Cosa aveva mangiato vicino al pesce?”.
E poi: “Da quanto tempo Patrizia non mangiava pesce quando
ha presentato per la prima volta la reazione allergica? Ed è
stata proprio la risposta a quest’ultima domanda a
suggerirmi quale fosse la chiave di lettura dell’intero
caso. La bambina aveva smesso di mangiare il pesce con la fine
dell’asilo (a metà giugno) e da allora non lo aveva
più consumato, dato che in famiglia nessuno lo gradiva.
Solo
il primo giorno di vacanza (a metà luglio), al mare, al
ristorante, aveva deciso di ordinarlo proprio perché le
piaceva tanto, e dopo i primi bocconi aveva sviluppato le
reazioni che ho raccontato. Un mese appena di esclusione
era stato quindi sufficiente per “slatentizzare”
quell’allergia al pesce che non si sarebbe verosimilmente
mai resa manifesta sul piano clinico se la piccola avesse
continuato a mangiare con regolarità l’alimento,
come del resto stava accadendo per il latte e l’uovo. |
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