Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Giugno 2012 - Volume XV - numero 6
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Commenti- Tachicardia parossistica sopraventricolare in un neonato - Medico e Bambino&body=%0A'Il cuore non si conta'
Tachicardia parossistica sopraventricolare in un neonato%0AMartina Mainetti, Giancarlo Piccinini, Cesare Renzelli, Federico Marchetti, Gabriele Bronzetti*%0A UOC di Pediatria e Neonatologia, Azienda Ospedaliera di Ravenna; *UO di Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica, Policlinico S. Orsola-Malpighi di Bologna%0A%0Ahttps://www.medicoebambino.com/index.php?id=CCO1206_30.html">
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Giugno 2012 - Volume XV - numero 6
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Caso contributivo
"Il
cuore non si conta"
Tachicardia parossistica sopraventricolare in un neonato
Tachicardia parossistica sopraventricolare in un neonato
U.O.C
di Pediatria e Neonatologia, Azienda Ospedaliera di Ravenna; *U.O di Cardiologia Cardiochirurgia Pediatrica, Policlinico S.Orsola-Malpighi di Bologna
Indirizzo
per corrispondenza: martimaine@libero.it
Supraventricular
tachycardia in a neonate
Key
words Supraventricular
tachycardia, neonate, treatment, case report
Abstract
The
case of a 12-day-old boy with supraventricular tachycardia (SVT)
is reported. SVT in newborns is a relatively rare disease with
only a few cases per year at each perinatal centre. The acute
treatment of a single episode of SVT has generally an excellent
prognosis and the majority of infants with SVT have a good
clinical outcome. Iced water and adenosina are safe and
effective, and should become the treatment of choice for
termination of supraventricular tachycardia in neonates and young
infants. An antiarrhythmic prophylaxis of SVT recurrences is
usually recommended during the first year of life. |
Mattia
(nome di fantasia), neonato di 12 giorni, è nato a termine da
parto eutocico, non ha presentato problemi peri/post-natali, è
allattato al seno con buona crescita. La madre non ha assunto
farmaci.
Arriva in
Pronto Soccorso (PS) durante una guardia notturna, inviato dalla
pediatra di famiglia che lo ha valutato qualche ora prima per
inappetenza ed iporeattività. Visitandolo, non ha riscontrato
obiettività di rilievo (non ha febbre, non ha segni di
infezione respiratoria), ma qualcosa non l’ha “convinta”
del tutto.
All’arrivo
in PS i genitori spiegano che dalla sera Mattia si attacca al seno
più svogliatamente e sembra essere “diverso dal solito”.
Il
neonato è pallido, presenta tempo di Refill di 2 secondi, è
vigile, la fontanella è normotesa…ma all’auscultazione
cardiaca il battito è così veloce da non riuscire a
quantificare la frequenza cardiaca (“il cuore non si conta”).
L’FC rilevata strumentalmente risulta 284 bpm.
Viene
immediatamente eseguito l’ECG (Figura
1a), che conferma il sospetto di tachicardia parossistica
sopraventricolare (TPSV). Viene eseguita manovra di diving reflex che
determina in pochi secondi una ripresa del ritmo sinusale con FC nei
range di norma (Figura 1b).
Si
procede al posizionamento di un accesso venoso, nell’ipotesi di
dover eseguire bolo di adenosina in caso di ripresa della TPSV,
eventualità che non si è resa necessaria dato che il
piccolo non ha più presentato episodi.
Mattia è
stato ricoverato qualche giorno presso la nostra UTIN.
L’ecocardiogramma è risultato nella norma. È
stata esclusa una miocardite. La consulenza telematica presso il
Servizio di Cardiologia Pediatrica dell’Ospedale S.Orsola di
Bologna, ha confermato la diagnosi di tachicardia parossistica
sopraventricolare ortodromica da rientro su via accessoria. In
considerazione della presenza del substrato anatomico della TPSV,
della possibilità di recidiva e del rischio di scompenso
cardiaco a seguito di episodio prolungato di un nuovo episodio di
TPSV misconosciuta, è stata iniziata la profilassi con
propranololo alla dose di 2 mg/kg/die, che il piccolo ha ben
tollerato e che andrà proseguita nei primi 6-12 mesi di vita.
I genitori sono stati inoltre istruiti sul tempestivo riconoscimento
di eventuale recidiva tachiaritmica e sulla necessità, in caso
di recidiva, di condurre immediatamente Mattia in PS.

Figura
1a. Tracciato ECG in fase acuta, che mostra una tachicardia
parossistica sopraventricolare. Nel tracciato si evidenzia un’onda
P che segue il QRS, abbastanza distanziata da qualificare l’aritmia
come rientro attraverso una via accessoria.

Figura
1b. Tracciato ECG basale. Nel tracciato basale non si evidenzia
PR breve né una chiara onda delta: in epoca neonatale le vie
accessorie sono di solito “occulte”, non danno cioè
segno di sé nei tracciati ECG basali.
La TPSV
rappresenta la più comune tachicardia dell’età
pediatrica dopo la tachicardia sinusale. Una FC > 220 bpm nei
bambini di età inferiore ad 1 anno e > 180 bpm in quelli
con età superiore ad 1 anno deve far sospettare una TPSV. La
TPSV insorge nel 40% dei casi nel primo anno di vita e la sua
incidenza nel periodo neonatale non è stata adeguatamente
stimata anche se sembra essere relativamente rara (1 su 15.000-25.000
nati vivi). Nel bambino l’incidenza è molto più
alta (1 su 500 bambini). Una condizione predisponente (cardiopatia
congenita, assunzione di farmaci, infezione concomitante, in
particolare la miocardite da enterovirus) è riscontrabile nel
15% dei casi.
Dal punto
di vista patogenetico si riconoscono tre principali meccanismi:
- tachicardia da rientro attraverso una via accessoria
- tachicardia da rientro attraverso il nodo atrioventricolare (doppia via nodale)
- tachicardia automatica (ectopica)
In età
pediatrica la forma più frequente (circa 80%) è quella
da rientro su via accessoria, presentata anche dal nostro paziente.
In particolare, nella forma ortodromica (quella di Mattia), gli
impulsi provenienti dall'atrio sono condotti ai ventricoli attraverso
il nodo atrioventricolare e quindi retrocondotti all'atrio tramite la
via accessoria. Una caratteristica della tachicardia da rientro per
via accessoria è la presenza di un'onda P che segue ciascun
complesso QRS (questi ultimi nella maggior parte dei casi appaiono
stretti e regolari), dovuta proprio alla conduzione retrograda;
l’onda P è tipicamente più vicina al QRS che la
precede. Al contrario, nelle tachicardie automatiche l’onda P è
più vicina al QRS che la segue.
La
sintomatologia riferita dal bambino più grande (cardiopalmo,
dolore toracico, sensazione di fame d’aria, vertigini) viene a
mancare nel bambino più piccolo; in epoca neonatale, in
particolare, la TPSV tende ad essere inizialmente asintomatica e
pertanto gli episodi possono essere misconosciuti e prolungati con
rischio del neonato di giungere all’osservazione medica già
in fase di scompenso cardiaco (l’incidenza di quest’ultimo
arriva fino al 30% nella TPSV sotto l’anno di vita), fino a
quadri di vero e proprio shock cardiogeno.
Trattamento
dell’episodio acuto
Se il
paziente è clinicamente stabile vanno innanzitutto tentate
manovre di stimolazione vagale quali il “diving reflex”
(Figura 2) ottenuto mediante l’applicazione di ghiaccio per
15-20 secondi sul volto del bambino (regione oro-nasale) o il
massaggio del seno carotideo o manovre di Valsalva in caso di bambino
più grande e collaborante (per esempio facendolo soffiare
energicamente in una cannuccia, provocando il vomito); la
compressione dei bulbi oculari è sempre controindicata in età
pediatrica per il rischio di danno bulbare/retinico.
In caso
di inefficacia delle manovre di stimolazione vagale nel ristabilire
il ritmo sinusale, sarà opportuno procedere all’uso di
farmaci, in primis l’adenosina; l’efficacia di questa
nelle aritmie da rientro è superiore al 98%. Può
succedere però che l’aritmia riparta immediatamente dopo
una fugace fase di ritmo sinusale e pertanto, dopo 3 tentativi con
adenosina e subitanea recidiva aritmica, si dovranno somministrare
antiaritmici più longevi come beta bloccanti, classe Ic
(propafenone, flecainide), amiodarone. La scelta tra questi dovrà
tener conto degli effetti collaterali e del profilo di rischio
proartimico , oltre ad aspettti pratici come la possibilità di
infusione continua e la dosabilità ematica. Il calcio
antagonista verapamil è controindicato in età
pediatrica poiché può causare ipotensione grave e
dissociazione elettromeccanica (arresto cardiaco).
L’adenosina
è un farmaco a breve emivita (circa 5 secondi) che induce un
blocco a livello del nodo del seno e del nodo atrioventricolare .
Data la breve emivita va somministrata in bolo rapido (ev o io),
seguita da un lavaggio con sol. fisiologia (2,5-5 ml); la dose
iniziale è considerata 0,1 mg/kg e, in caso di inefficacia,
può essere successivamente aumentata a 0,2 mg/kg e fino a un
massimo di 0,5 mg/kg. In caso di efficacia del farmaco si osserverà
un brusco rallentamento della frequenza cardiaca, talvolta con una
transitoria fase di bradicardia (talora fino ad asistolia), con
ripresa di regolare attività cardiaca. I potenziali effetti
collaterali (flush cutaneo, cefalea, ipotensione, broncospasmo) non
sono frequenti e comunque fugaci data la breve emivita. Per prudenza
è sempre bene somministrarla in ambiente provvisto di
defibrillatore.
Una
recente metanalisi documenta come sia conveniente partire
direttamente, già al primo bolo, con un dosaggio doppio di
adenosina (0,2 mg/kg); in tal modo infatti non solo risulta ridotta
la dose totale di adenosina per singolo paziente (la dose doppia è
più efficace e riduce il ricorso a ulteriori somministrazioni
del farmaco), ma sopratutto sembra si possa ridurre di un terzo il
ricorso alla cardioversione elettrica. Nel caso di un paziente con
una grave compromissione cardio-respiratoria o un improvviso
aggravamento clinico il tentativo con l’adenosina va effettuato
solo se l’accesso vascolare ed il farmaco sono prontamente
disponibili; in caso contrario (o se l’adenosina non risulta
efficace) è indicata cardioversione sincronizzata (0,5-1
J/kg); la cardioversione non va comunque mai procrastinata nel
paziente instabile con già segni di ipoperfusione sistemica.

Si
tratta di una manovra di stimolazione vagale che viene usata come
approccio di prima linea nella TPSV nel paziente in buon compenso
clinico, prima di ricorrere all’adenosina. Si effettua premendo
sul volto del bambino per 15-20 secondi un guanto contenente
ghiaccio.
Prevenzione
delle recidive
La
probabilità di recidiva risulta direttamente proporzionale
all’età a cui si verifica il primo episodio di TPSV: è
molto bassa nei bambini che presentano il primo episodio nei primi
mesi di vita (in particolare prima del quarto mese), fino a salire
(anche al 60%) in coloro che lo presentano più tardivamente.
Una volta
risolto l’episodio acuto va valutata l’opportunità
di instaurare una terapia profilattica allo scopo di prevenire
eventuali recidive. Anche se il rischio di recidiva è tanto
più basso quanto più precoce è l’episodio
di TPSV, va sottolineato che l’epoca neonatale è
fortemente a rischio di episodi di TPSV misconosciuti e pertanto con
conseguenze cardio-circolatorie anche gravi. Pertanto una TPSV
neonatale consiglia la profilassi antiaritmica per almeno tutto il
primo anno di vita, sapendo che dopo tale età la probabilità
di estinzione spontanea dell’aritmia arriva fino al 70 %. La
profilassi può essere effettuata con farmaci quali digossina,
beta-bloccanti, flecainide e propafenone. Salvo casi estremi e rari,
in caso di persistenza aritmica il trattamento interventistico
radicale (ablazione con radiofrequenza della via accessoria) può
essere preso in considerazione verso i 10 anni di età; fino ad
allora infatti, i farmaci sono in grado di controllare l’aritmia
nella grande maggioranza .
La TPSV
non è un evento così infrequente in età
pediatrica e può rappresentare un’urgenza in PS. In età
pediatrica circa il 40% dei casi si verifica entro il primo anno di
vita. L’epoca neonatale in particolare è quella più
esposta al rischio di episodi misconosciuti (gli episodi infatti
tendono a decorrere in modo asintomatico o paucisintomatico) e
prolungati con anche rischio di scompenso cardiaco. Le manovre vagali
e la terapia farmacologica con adenosina risolvono la maggioranza
degli episodi acuti; sembra inoltre che l’uso già
all’inizio di dosaggio più elevato di adenosina (0,2
m/kg) riduca ulteriormente il ricorso alla cardioversione elettrica.
L’eventualità di avvio di una profilassi farmacologica
della prevenzione delle recidive andrà valutata caso per caso
tenendo conto dell’età del bambino, della frequenza,
durata ed entità degli episodi, della presenza di cardiopatia
o di patologie sottostanti.
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