Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Giugno 2011 - Volume XIV - numero 6
M&B Pagine Elettroniche
Caso contributivo
Un
caso di emofilia acquisita
1Scuola
di Specializzazione in Pediatria, IRCCS “Burlo Garofolo”,
Università di Trieste
2UO
Pediatria; 3UO Medicina Trasfusionale, Ospedale “M. Bufalini”,
Cesena
Indirizzo
per corrispondenza: angela.decunto@libero.it
A
case of acquired haemophilia
Key
words Acquired
haemophilia, Paediatric age, Case report
Abstract The
case of a boy who presented with an isolated gross haematuria is
reported. In the previous days he referred a muscular haematoma
after a minimal trauma. Coagulation studies showed a prolonged
activated partial thromboplastin time (90 sec), not corrected by
incubating a sample of his blood with equal volumes of normal
plasma (mixing study). A factor VIII level (FVIII) less than 1%
was detected and a FVIII inhibitor of 2 Bethesda unit was dosed.
Steroid treatment was started with prompt resolution of “acquired
haemophilia”. |
Riportiamo
il caso di un ragazzo presentatosi alla nostra attenzione per
ematuria macroscopica isolate, esordita a breve distanza da un
modesto trauma sportivo che aveva determinato la comparsa di un
ematoma muscolare. Le prove di coagulazione hanno mostrato un
prolungamento del tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT)
fino a 3 volte la norma, non corretto dallo studio di mixing con
plasma di soggetto sano. Il dosaggio del fattore VIII ha documentato
un importante deficit (residuo funzionale dell’1%) e si è
riscontrata la presenza di un anticorpo inibente il FVIII. È
stato avviato trattamento steroideo con rapida risoluzione del quadro
di “emofilia acquisita”.
Parole
chiave: Emofilia acquisita, età pediatrica, Case
report
F.,
maschio, 13 anni, si presenta alla nostra attenzione per una ematuria
macroscopica isolata esordita il giorno precedente, a breve distanza
da un modesto trauma sportivo che ha determinato la comparsa di un
ematoma in sede pre-tibiale destra. Clinicamente presenta alcuni
ematomi agli arti, non giustificati da un evidente trauma, oltre
all’ematoma traumatico segnalato. La storia remota e familiare
è negativa per coagulopatie. L’esame urine documenta la
presenza di globuli rossi con morfologia post-glomerulare. Gli
elettroliti sierici e urinari, la creatinina, l’emocromo e gli
indici di flogosi sono tutti nella norma, cosi come l’ecografia
dei reni e delle vie urinarie all’ingresso. Le prove di
coagulazione mostrano un prolungamento del tempo di tromboplastina
parziale attivato (aPTT) fino a 3 volte la norma. Lo studio di mixing
con plasma di soggetto sano non corregge tale anomalia, ponendo il
sospetto di un difetto di un fattore della coagulazione legato a un
inibitore acquisito. Il fattore VIII risulta molto diminuito (residuo
funzionale dell’1%) e viene effettuato il dosaggio
dell’anticorpo inibente il FVIII, che risulta essere presente
con un livello di 2 unità di Bethesda. Viene posta quindi
diagnosi di emofilia acquisita e viene avviato trattamento steroideo,
inizialmente endovena alla dose di 2 mg/kg, quindi per os. Durante il
ricovero, il ragazzo presenta una colica renale monolaterale, con
evidenza all’ecografia ripetuta in acuzie di idronefrosi
omolaterale, in assenza di segni di franca litiasi. L’episodio
si risolve dopo l’emissione di coagulo ematico; l’ecografia
di controllo risulta nella norma. L’assenza di anemizzazione
(Hb stabile ai controlli seriati, nel range di normalità) e la
risoluzione spontanea dell’ematuria dopo l’avvio dello
steroide ha indotto a non avviare un trattamento anti-emorragico
specifico. Dopo dieci giorni di terapia, in rapporto alla
normalizzazione dei livelli di FVIII, abbiamo iniziato a scalare lo
steroide, fino a sospensione definitiva nell’arco di un mese.
Non si sono verificate ricadute cliniche nei sei mesi successivi e il
dosaggio del FVIII si è ripetutamente confermato nella norma.
Al fine di escludere altre malattie autoimmune associate, sono stati
dosati i principali autoanticorpi (ANA, anti-DNA,
antitransglutaminasi, antitireoglobulina e antitireoperossodasi),
risultati tutti negativi.
Il
deficit acquisito di fattore VIII è un disordine molto raro in
età pediatrica1. Clinicamente tale condizione può
essere ipotizzata in presenza di sanguinamenti muco-cutanei, ematomi
muscolari, ematuria in assenza di una storia personale precedente
suggestiva di coagulopatia. Diversamente dall’emofilia
congenita, gli emartri sono rari1,2. Sono possibili invece
sanguinamenti acuti importanti, e in particolare emorragie cerebrali
ed ematomi retro peritoneali. Nelle casistiche riportate in
letteratura, più spesso riferite all’adulto, il 33% dei
casi sono idiopatici, mentre gli altri casi possono essere associati
ad altra patologia autoimmune o post-infettivi1. Dal punto
di vista laboratoristico, il sospetto diagnostico è dato dal
riscontro di valori allungati di a PTT non corretti dallo studio di
mixing con plasma da soggetto sano. Tale dato suggerisce che la
carenza di uno dei fattori della coagulazione della via intrinseca
(studiata dall’aPTT) sia determinata da un fattore inibente
autoanticorpale presente nel sangue del paziente anziché
essere primitiva. La conferma viene dal dosaggio del fattore VIII e
del suo inibitore, il cui titolo può essere misurato in unità
Bethesda (una unità Bethesda viene definita come la quantità
di inibitore in grado di inattivare il 50 % del FVIII presente nel
pool normale di riferimento)1,2. La terapia si basa
sostanzialmente su due punti: 1. arrestare l’emorragia; 2.
inibire la formazione di autoanticorpi contro il fattore VIII. Il
trattamento antiemorragico prevede l’utilizzo di agenti che
bypassano la via intrinseca, e in particolare il fattore VII
ricombinante o il complesso protrombinico attivato, mentre l’utilizzo
di concentrati di FVIII risulta poco utile soprattutto in presenza di
elevati titoli anticorpali. Relativamente alla terapia
immunosoppressiva, è riportato l’utilizzo in prima
battuta dei corticosteroidi, da soli o insieme ad altri
immunosoppressori (in particolare la ciclofosfamide), mentre di
seconda scelta sono le immunoglobuline, la ciclosporina e anticorpi
monoclonali quali il rituximab1,2. L’outcome in età
pediatrica nella maggior parte dei casi è favorevole (80% dei
casi)1.
Cosa
insegna il caso
- Anche una ematuria macroscopica isolata post-glomerulare, specie se associata a ematomi, deve far pensare a un difetto della coagulazione.
- Un difetto dei fattori della coagulazione non è sempre necessariamente congenito e quindi va pensato anche in assenza di storia personale e/o familiare suggestiva di coagulopatia (come nel nostro caso).
- Si tratta di forme eccezionalmente rare, prevalentemente dell’adulto. In età pediatrica le forme primitive e autorisolutive sono più frequenti. Le forme secondarie (altra patologia autoimmune, disordini linfoproliferativi) sono più rare ma devono essere ricercate.
- Il difetto se particolarmente espresso sul piano clinico richiede necessariamente trattamento antiemorragico specifico, sempre con fattore VII ricombinante o complesso protrombinico attivato e mai con concentrati di FVIII.
- Contemporaneamente è imperativo un trattamento steroideo fino a esaurimento del processo autoimmune. L’associazione con un secondo immunosoppressore, quasi sempre indicata nell’adulto, in età pediatrica può essere rimandata a un secondo momento per la naturale tendenza all’autorisoluzione della malattia.
- Franchini M, Zaffanello M, Lippi G. Acquired hemophilia in pediatrics: a systematic review. Pediatr Blood Cancer 2010;55:606-11.
- Shetty S, Bhave M, Ghosh K. Acquired hemophilia A: diagnosis, aetiology, clinical spectrum and treatment options. Autoimmun Rev 2011;10:311-6.
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