Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Febbraio 2003 - Volume VI - numero 2
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Febbraio 2003 - Volume VI - numero 2
M&B Pagine Elettroniche
Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte,
Alimentazione
della madre in gravidanza con acidi grassi insaturi a lunga catena e
intelligenza dei figli a 4 anni
L'acido
docosaexanoico (DHA; 22:6 n-3) e l'acido arachidonico (AA; 20:4 n-6)
sono importanti per lo sviluppo del sistema nervoso centrale di tutti
i mammiferi e quindi anche dell'uomo. Nel feto c'è un
accelerazione della crescita del cervello durante l'ultimo trimestre
di gravidanza ed i primi mesi di vita postnatale, con un aumento
importante del contenuto cerebrale in AA e DHA. Sia il feto che il
neonato dipendono per questi acidi grassi insaturi dall'apporto della
madre. Per mettere in evidenza quale effetto abbia la
supplementazione alla madre di questi acidi grassi durante la
gravidanza e l'allattamento è stato condotto uno studio in
doppio cieco in 341 donne in stato di gravidanza: a ciascuna di esse
sono stati dati 10 mL di olio di fegato di merluzzo o 10 mL di olio
di mais dalla 18° settimana di gravidanza fino a 3 mesi dopo il
parto (Helland I.B. et al., Pediatrics 2003, 111:pp.e39-e44).
135 bambini della stessa popolazione sono stati presi come controlli.
All'età
di 4 anni i bambini dei vari gruppi sono stati esaminati con una
batteria di 4 test. I bambini nati da madri che avevano preso l'olio
di fegato di merluzzo durante la gravidanza e per 3 mesi dopo il
parto hanno presentato livelli più alti alle prove se
rapportati a quelli le cui madri avevano ricevuto olio di mais (106,4
di QI contro 102,3; p=0,049). Il QI è risultato correlato con
la circonferenza cranica alla nascita (r = 0,23). Viene concluso
quindi che la somministrazione alla madre di acidi grassi insaturi a
lunga catena durante la gravidanza e l'allattamento può essere
favorevole per il successivo sviluppo mentale dei bambini.
Una
pubblicazione di enorme interesse (anche in mancanza di una forte
rilevanza statistica) che richiede assolutamente una conferma.
Poco si
sa sugli effetti a lungo termine sulla crescita di bambini non
infetti, nati da madri con infezione da HIV; più notizie
abbiamo invece sulla crescita e lo sviluppo di bambini infetti. Per
conoscere più approfonditamente questi problemi, è
stato condotto uno studio in 11 centri di 8 Paesi europei, di cui 2
in Italia (Padova e Genova) (The European Collaborative Study,
Pediatrics 2003, 111:pp. E52-e60). Sono stati studiati 1.587
bambini, di cui 1.403 non infetti e 184 infetti. A partire da pochi
mesi dopo la nascita fino a molti anni dopo, i bambini infetti sono
risultati essere più bassi e più magri dei bambini non
infetti, con un differenziale in crescita con l'aumento dell'età:
a 8-10 anni i bambini non infetti avevano un'altezza superiore del
16% e un peso superiore del 44%. Il peso e l'altezza migliorano in
modo significativo nei bambini gravemente ammalati dopo il
trattamento combinato.
La
risposta alle Ig endovena come indice prognostico della porpora
trombocitopenica immune
Talvolta
la porpora trombocitopenica immune (PTI) non si comporta come una
malattia acuta, ma diviene una forma cronica che può durare a
lungo: questa evenienza è relativamente frequente nell'adulto
e molto rara nel bambino. E' stato osservato che la risposta alle
immunoglobuline per via venosa (IgEV) nei soggetti adulti predice la
risposta alla splenectomia, una pratica che viene usata correntemente
nelle PTI croniche e che non sempre risolve il quadro clinico. Ma il
risultato della splenectomia può essere previsto anche nelle
PTI croniche dei bambini ? Fino a oggi le notizie in proposito erano
imprecise e discordanti. 32 bambini con PTI cronica sottoposti a
splenectomia, sono stati accuratamente studiati sotto questo riguardo
(Holt D. et al., Pediatrics 2003, 111:87-90). 21 di 23
pazienti che avevano avuto un'eccellente risposta alla IgEV hanno
avuto un altrettanto eccellente risposta alla splenectomia. Sei di 9
pazienti che avevano presentanto una cattiva risposta alle IgEV hanno
avuto una cattiva risposta alla splenectomia. Viene concluso che la
risposta alle IgEV è un predittore sensibile della risposta
alla splenectomia nell'88% dei pazienti. La risposta alle IgEV ha una
specificità del 75%, un valore predittivo positivo del 91% e
un valore predittivo negativo del 67%. La risposta al prednisone e la
lunghezza del tempo trascorso fino alla splenectomia non si correlano
invece con la risposta all'intervento. Questi risultati dimostrano
che nella decisione per la splenectomia è necessario tener
conto della risposta alle IgEV in bambini con PTI.
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