Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Settembre 2002 - Volume V - numero 7

M&B Pagine Elettroniche

Avanzi

Novità, riflessioni, contributi e proposte,
a cura di Giorgio Bartolozzi


 Il consumo di frutti e vegetali influenza la pressione arteriosa ?
E' ormai certo che forti introiti alimentari di frutta e di vegetali si associano a ridotti rischi di cancro e di malattie cardio-vascolari. Analogamente elevati consumi di questi alimenti aumentano la concentrazione di agenti antiossidanti e abbassano la pressione arteriosa nel breve periodo, ma non si sapeva ancora niente nel lungo periodo. Per rispondere a questo interrogativo 690 soggetti fra i 25 e i 64 anni per 6 mesi sono stati tenuti per metà a una dieta ricca di frutti e vegetali e per l'altra metà a dieta libera (John J.H. et al., Lancet 2002, 359:1969-74). Gli agenti antiossidanti sono risultati più elevati nel gruppo trattato che nei controlli, ma il colesterolo totale è rimasto uguale nel gruppo trattato e nei controlli. Sia la pressione sistolica (p<0,0001) che la diastolica (p=0,02) si ridussero, sia pure di poco, (4 mm Hg e 1,5 mm rispettivamente) nel gruppo trattato nei confronti dei controlli. Viene concluso che è molto probabile che l'uso largo di frutti e verdure sia in grado di ridurre la malattie cardiovascolari nella popolazione generale.

Trattamento con farmaci "di seconda linea" della tubercolosi multifarmaco resistente: costo-efficacia
Non ci sono ancora dati a disposizione sulla fattibilità e sul rapporto costi/benefici del trattamento con farmaci di seconda linea (kanamicina (per 3 mesi), ciprofloxacina, etionamide, pirazinamide, ed etambutolo), per 18 mesi, di pazienti con tubercolosi cronica, dovuta a ceppi di Mycobacterium tuberculosis multifarmaco resistenti (Suàrez P.G. et al., Lancet 2002, 359:1980-9). La somministrazione dei farmaci è stata fatta con il sistema della "terapia direttamente osservata". Circa la metà dei soggetti trattati (225 su 466) guarì, il 12% morì, il 28% non rispose al trattamento e l'11% è stato perduto. Dal calcolo costi/benefici è risultato che questo tipo di trattamento è fattibile ed è costo-efficace, anche in un paese e medio reddito: l'esperienza è stata condotta in Perù.

L'allattamento al seno riduce il rischio di obesità
Non ci sono prove al momento attuale che l'allattamento al seno conferisca protezione nei confronti dell'obesità al di là del primo anno. E' stato a questo proposito studiato un campione di 32.000 bambini scozzesi di età fra 39 e 42 mesi; è stata definita obesità quella di soggetti con un indice di massa corporea fra il 95% e il 98% o più (Armstrong J. et al., Lancet 2002, 359:2003-4). La prevalenza di obesità è risultata significativamente più bassa nei bambini allattati al seno (odds ratio 0,70). Viene concluso che l'allattamento al seno si associa a una riduzione nel rischio di obesità nel bambino.

L'insulina non ritarda o proviene l'insorgenza del diabete nei soggetti a rischio
Il diabete tipo 1 insorge in soggetti geneticamente predisposti, come conseguenza della distruzione immuno-mediata delle cellule pancreatiche che secernono insulina. L'inizio clinico della malattia rappresenta il punto finale di un declino insidioso, progressivo della funzione delle cellule, dopo che la maggior parte di esse è stata danneggiata o distrutta. E' stato ipotizzato, sulla base di studi su animali, che il trattamento con insulina potesse ritardare o prevenire la comparsa del diabete tipo 1 in soggetti predisposti, sia attraverso un meccanismo metabolico (tipo pneumotorace pancreatico) sia immunologicamente. Tuttavia prove nell'uomo che dimostrassero che questa prevenzione fosse possibile non erano ancora disponibili. 372 soggetti (339 dei quali avevano un'età mediana di 11,2 anni) sono stati assegnati a caso a un trattamento con basse dosi d'insulina ultralenta (0,25 U/kg) per sottocute, al giorno per 3,7 anni, o a un gruppo di controllo (Diabetes Prevention Trial, N Engl J Med 2002, 346:1685-91). I risultati sono stati deludenti: nelle persone ad alto rischio di diabete, l'insulina al dosaggio usato non ritarda o previene la comparsa del diabete topo 1 (15,1% annuo di comparsa di diabete nel gruppo trattato con insulina contro il 14,6% annuo nel gruppo controllo).

Ancora sul diabete mellito: un anticorpo monoclonale mitiga il dterioramento della malattia
I meccanismi effettori della distruzione delle cellule riguardano sia le cellule T citotossiche che alcune citochine prodotte dalle cellule T, come l'interferon- , il tumor necrosis factor e altre. L'uso sperimentale di un anticorpo modificato (hOKT3 1(Ala-Ala)), contro il CD3, ha fornito buoni risultati. In uno studio nell'uomo sono stati trattati 24 pazienti (da 7 anni e mezzo a 30 anni), di cui 12 hanno ricevuto l'anticorpo (da 1,42 a 45,4 g, in dosi crescenti, al giorno, per via venosa) per un singolo ciclo di 14 giorni e altri 12 sono stati tenuti come controlli (Herold K.C. et al., N Engl J Med 2002, 346:1692-8). La prova è stata fatta durante il primo anno di malattia. Il trattamento ha determinato una stazionarietà o un miglioramento in 9 su 12 pazienti trattati, contro solo 2 nel gruppo controllo. Viene concluso che con l'anticorpo hOKT3 1(Ala-Ala) viene attenuato il deterioramento progressivo nella produzione d'insulina e migliora il controllo metabolico durante il primo anno di malattia, nella maggioranza dei pazienti. Come afferma il commentatore (Gale E.A.M., N Engl J Med 2002, 346:1740-2) il numero dei casi è troppo piccolo e il periodo di osservazione troppo corto per trarre delle conclusioni definitive; lo studio poi non è stato condotto in doppio cieco e i controlli glicemici non sono stati standardizzati. E' perciò necessario intraprendere un nuovo studio che tenga conto di queste critiche prima di esprimere un parere a prova di critiche.

La morte dei bambini con epilessia
Le convulsioni, specialmente quelle tonico-cloniche con cianosi, sono terrorizzanti per le famiglie. La maggior parte dei genitori pensa che il suo bambino muoia durante la prima convulsione e continua a pensare che esista una reale possibilità di morte dopo ogni successivo attacco. Ma è vero che la morte capita spesso durante l'attacco convulsivo di un bambino epilettico ? Sono stati identificati tutti i bambini con epilessia, diagnosticati fra il 1977 e il 1985, nella Nuova Scozia (Canada): nel 1999 sono state incrociate statisticamente le morti fra i bambini epilettici, secondo i certificati di morte, i riscontri necroscopici e i certificati dei medici curanti (Camfield C.S. et al., Lancet 2002, 359:1891-5). 26 di 692 bambini epilettici morirono (3,8%), con una frequenza di morte 5,3 volte più alta di quella della popolazione generale, riferita al 1980 e 8,8 volte più alta riferita agli anni 90. Mentre 1 bambino su 97 (1%) moriva in assenza di epilessia, morivano 12 su 510 (2%) bambini con epilessia primitiva, parziale o generalizzata, e 13 su 85 (15%) bambini con epilessia secondaria, dovuta principalmente a deficit neurologici. La morte per epilessia è quindi molto rara nei bambini senza un grave deficit neurologico, mentre è più frequente quando il bambino presenti gravi malattie neurologiche, alle quali l'epilessia sia secondaria.

La resistenza al passaggio di aria in bambini di 3 anni figli di genitori atopici
La disponibilità di una metodica (pletismografo) per misurare la resistenza aerea specifica nei bambini dei primi anni di vita, può aiutare a identificare i fattori di rischio associati a una scarsa funzione polmonare nei bambini di pochi anni. Dallo studio di 200 bambini che avevano presentato respiro fischiante almeno una volta nei primi anni di vita, è risultato che avevano una resistenza al passaggio di aria nelle loro vie aeree superiore a quella di 303 bambini che non avevano mai fischiato (Lowe L. et al., Lancet 2002, 359:1904-8). La significativà fu elevata: p=0,002. Venne trovata una differenza anche fra quelli che non avevano mai fischiato: i bambini ad alto rischio perché figli di genitori atopici avevano resistenze superiori a quelli a medio rischio e a quelli a basso rischio. E' risultato evidente che anche in assenza di sintomi respiratori, i figli di genitori atopici e quelli con atopia personale hanno un'alterata funzione polmonare precocemente nella loro vita.

Prognosi grave nei bambini con leucemia linfoblastica acuta con alterazioni della regione cromosomica 11q23
Per identificare i fattori prognostici di bambini con leucemia linfoblastica acuta (ALL) con alterazioni della regione cromosomica 11q23 (traslocazione 4:11, 9:11 e 11:19), che rappresenta l'8% di tutte le LLA, sono stati studiati 497 bambini (Pui C-H. et al., Lancet 2002, 359:1909-15). Fra questi l'età è sembrata il più importante fattore prognostico: i soggetti di meno di un anno di età hanno una prognosi più grave di quelli di età superiore (p=0,0001). Mentre sotto l'anno tutti i tipi di traslocazione avevano lo stesso cattivo significato prognostico, al di là dell'anno di età la traslocazione 4:11 e quella 9:11 si associano a una peggiore prognosi. Anche il trapianto allogenico con cellule ematopoietiche da donatori HLA-compatibili non sembra migliorare la prognosi in pazienti con leucemia t(4:11) positiva.

Un nuovo tipo di Staphylococcus aureus meticillino-resistente
E' stato identificato in Giappone un nuovo tipo di Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA), acquisito in comunità, che ha causato alcune infezioni mortali in individui peraltro sani (Baba T. et al. Lancet 2002 359:1819-27). Questo stafilococco, chiamato MW2 presenta il gene della resistenza alla meticillina (mecA) in una nuova forma all'elica, diversa da quella dei ceppi di stafilococco aureo,attualmente circolanti, soprattutto in ospedale.

Stato di portatore di meningococco gruppo C dopo 1 anni dalla vaccinazione con polisaccaride coniugato del gruppo C
Il Regno Unito è stata la prima nazione che ha introdotto nella popolazione la vaccinazione con polisaccaridi coniugato del meningococco gruppo C. Il risultato ottenuto con la vaccinazione è stato eccellente. Ma questo vaccino, come quello contro l'Hib, riesce anche ad influenzare lo stato di portatore a distanza dalla vaccinazione ? E' stato confrontato lo stato di portatore fra 14.064 studenti di 15-17 anni durante la vaccinazione nel 1999 con quello di 16.583 studenti della stessa età controllati dopo 1 anno. Lo stato di portatore del meningococco gruppo C fu ridotto del 66% (p=0,004). Ne risulta che il vaccino coniugato contro il meningococco gruppo C (MMC) protegge dallo stato di portatore di meningococco gruppo C, anche a distanza di un anno dalla vaccinazione. Non sono state rilevate altre conseguenze sull'incidenza degli altri meningococchi (sierogruppo B, W135 e Y).

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G. Bartolozzi. L'insulina non ritarda o proviene l'insorgenza del diabete nei soggetti a rischio
Ancora sul diabete mellito: un anticorpo monoclonale mitiga il dterioramento della malattia
La morte dei bambini con epilessia
La resistenza al passaggio di aria in bambini di 3 anni figli di genitori atopici
Prognosi grave nei bambini con leucemia linfoblastica acuta con alterazioni della regione cromosomica 11q23
Un nuovo tipo di Staphylococcus aureus meticillino-resistente
Stato di portatore di meningococco gruppo C dopo 1 anni dalla vaccinazione con polisaccaride coniugato del gruppo C'> Il consumo di frutti e vegetali influenza la pressione arteriosa ?
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Prognosi grave nei bambini con leucemia linfoblastica acuta con alterazioni della regione cromosomica 11q23
Un nuovo tipo di Staphylococcus aureus meticillino-resistente
Stato di portatore di meningococco gruppo C dopo 1 anni dalla vaccinazione con polisaccaride coniugato del gruppo C. Medico e Bambino pagine elettroniche 2002;5(7) https://www.medicoebambino.com/?id=AV0207_10.html