Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Febbraio 2002 - Volume V - numero 2
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- La claritromicina vale l'eritromicina nella cura della pertosse
La rosolia negli USA e in Italia
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Febbraio 2002 - Volume V - numero 2
M&B Pagine Elettroniche
Avanzi
Novità,
riflessioni, contributi e proposte,
Spesso
viene ritenuto che la frequenza delle contrazioni uterine rappresenti
un utile indice per sospettare un aumentato rischio di parto
prematuro. Nonostante che un aumento della frequenza delle
contrazioni uterine sia possibile che preceda un parto pretermine,
non è ancora evidente quale sia il valore clinico di questo
indice. Per chiarire meglio questo punto è stato condotto uno
studio basato sul monitoraggio per 34.908 ore di 306 donne con
gravidanza singola fra la 22° e la 24° settimana di
gestazione (Iams J.D. et al., N Engl J Med 2002, 346:250-5). Queste
le conclusioni alle quali sono giunti gli autori: sebbene la facilità
del parto pretermine aumenti ovviamente con un'aumentata frequenza
delle contrazioni uterine, la misurazione di questa frequenza non è
clinicamente utile per predire un parto pretermine. La nostra
limitata capacità di fermare un parto pretermine, quando esso
sia iniziato, è ancora più scoraggiante dei nostri
inutili sforzi di predirlo (Lockwood C.J., N Engl J Med 2002,
346:282-4).
Nonostante
la relativa frequenza dell'invaginazione intestinale nei soggetti
vaccinati con il vaccino tetravalente orale contro i rotavirus
(RRV-TV), circostanza sulla quale ancor oggi si discute (l'aumento di
invaginazione nel periodo immediato dopo la vaccinazione contrasta
con una diminuzione della stessa complicanza a distanza, Lancet 2001;
358: 1224–29), vengono ancora condotte esperienze con questo
vaccino nei paesi in via di sviluppo, dove la gastroenterite da
rotavirus si manifesta in forma grave e spesso mortale. Uno studio
del genere, in doppio cieco contro placebo, è stato condotto
in Bangladesh su 120 bambini, che hanno ricevuto il vaccino a 6, 10 e
14 settimane di vita (Breese J.S. et al.. Pediatr Infect Dis J 2001,
20:1136-43). Gli effetti collaterali si limitarono alla comparsa di
febbre nel 15% dei vaccinati nei 7 giorni successivi alla
vaccinazione; nell'87% dei trattati è stata notata una
risposta anticorpale, contro il 32% degli appartenenti al gruppo
placebo. In questo studio il vaccino è risultato immunogenico
e sicuro, anche se il numero dei soggetti trattati è troppo
basso per esprimere un giudizio sulla sua sicurezza.
La
pertosse, nonostante l'elevata copertura vaccinale, è ancora
una malattia relativamente frequente; il suo trattamento antibiotico
è importante non tanto per ridurre la gravità
dell'affezione, quanto per limitare la diffusione della Bordetella
pertussis nella popolazione. La maggior parte delle pubblicazioni
scientifiche e dei testi di riferimento considerano l'eritromicina
come l'antibiotico da usare sia nella prevenzione che nel trattamento
della pertosse; solo in alcuni pazienti l'insorgenza degli effetti
collaterali, soprattutto a carico dell'apparato gastro-intestinale,
ne limita l'impiego. La claritromicina, un macrolide, che ha
dimostrato in vitro una buona attività sulla Bordetella
pertussis è accompagnato da minori effetti collaterali. Per
confrontare gli effetti favorevoli e quelli collaterali è
stato condotto uno studio di confronto su 76 soggetti (di età
da 1 mese a 16 anni) trattati con claritromicina (7,5 mg/kg/dose, due
volte al giorno per 7 giorni) contro 77 soggetti della stessa età
trattati con eritromicina (13,3 mg/kg/dose per 3 volte al giorno per
14 giorni) (Lebel M.H. e Mehra S.. Pediatr Infect Dis J 20012,
20:1149-54).
L'eradicazione
microbiologica e le percentuali di guarigione clinica furono del 100%
con la claritromicina e del 96% con l'eritromicina. Il gruppo
trattato con claritromicina ha mostrato meno effetti collaterali (45%
contro 62%) e una compliance migliore di quello che ha ricevuto
eritromicina.
Negli USA
la battaglia contro la rosolia è quasi vinta. Negli anni '90
la media annuale è stata di 232 casi, soprattutto a carico di
soggetti di origine ispanica, nati al di fuori degli USA (Reef S.E.
et al., JAMA 2002 287:464-72). Anche l'embriopatia rubeolica ha
presentato una ridotta incidenza: una media di poco più di 10
casi per anno, sempre in soggetti di origine ispanica e sempre in
persone nate al di fuori degli USA. Solo una volta è capitato
che insorgesse una embriopatia rubeolica in un nato da madre
vaccinata. E In Italia come vanno le cose ? Non troppo bene. Nel 1997
si è verificata un'epidemia di rosolia con 34.612 casi; come
succede sempre, negli anni successivi il numero dei soggetti colpiti
è diminuito, 3.318 casi nel 1998 e 1.129 nel 1999 (i dati sono
ricavati dal Bollettino epidemiologico del Ministero della Sanità).
E l'embriopatia rubeolica? E' triste doverlo ammettere, ma non ne
sappiamo nulla, perché dai primi anni '90 non è
compresa fra le malattie da notificare; gli ultimi dati, che
risalgono alla fine degli anni '80 e ai primi anni '90 riportano
70-80 casi per anno. Poiché l'interesse per la rosolia si
accentra sulle conseguenze che questa affezione ha per il feto, è
difficile comprendere perchè questa malattia del neonato sia
stata esclusa dell'obbligo di notifica. Poiché la popolazione
degli Stati Uniti è 4 volte la nostra e la popolazione
pediatrica è 8 volte la nostra, in Italia dovremmo avere uno o
al massimo due casi per anno. Speriamo che, con il diffondersi della
vaccinazione MPR, si raggiungano questi traguardi. L'attuale campagna
promozionale, in atto in tutta Italia, contro il morbillo ha senza
dubbio un effetto di trascinamento anche per la rosolia; è
questa una ragione di più perché tutti i pediatri
s'impegno al massimo nella vaccinazione MPR, in ogni parte d'Italia.
Già
sulla pagina gialla del fascicolo di settembre 1998 e del febbraio
2000 è stato riportato il ritorno della talidomide nel
trattamento della malattie autoimmuni e delle malattie infiammatorie
croniche. La talidomide infatti riduce i livelli di TNF- circolante e
inibisce l'attività dei neutrofili. Essa trova un'indicazione
precisa nelle malattie infammatorie, perché è capace di
cambiare l'assetto anormale delle citochine che sono alla base del
quadro clinico. L'artrite cronica giovanile a inizio sistemico, che
risponde ai corticosteroidi, rientra fra le indicazione del farmaco,
quando, dopo l'uso degli steroidi siano stati notati effetti
collaterali significativi e quando anche il trattamento con farmaci
anti-infiammatori non steroidei sia fallito. In due bambini con
queste caratteristiche è stata usata la talidomide e in
ambedue è stato ottenuto un miglioramento significativo
(Lehman T.J.A. ret al., J Pediatr 2002, 140:125-7). Ovviamente per
questo farmaco rimangono tutte quelle precauzioni note per evitarne
l'uso.
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