Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Luglio 2004 - Volume VII - numero 7

M&B Pagine Elettroniche

Appunti di Terapia

Nuovi farmaci per l'artrite reumatoide
(parte seconda)
di G.Bartolozzi

Etanercept
L'etanercept è una proteina che si fonde con il recettore solubile del TNF (tumor necrosis factor): essa è composta di due dimeri, ognuno dei quali è composto da una porzione extracellulare che si lega con il recettore ad alta affinità del TNF tipo 2 (p75), e alla porzione Fc delle IgG1 umane. Questa proteina di fusione si collega sia con il TNF-_ che con il TNF-_, impedendo che essi interagiscano con i rispettivi recettori.
Dopo somministrazione sottocute l'etanercept si assorbe lentamente, con punte di concentrazione intorno alla 50° ora. La sua metà vita è all'incirca di 4 giorni. Un regime di 50 mg, una volta alla settimana, sembra essere efficace come un regime di due volte alla settimana di 25 mg.
E' stato condotto uno studio randomizzato, confrontando una dose di 10 mg con una dose di 25 mg di etarnecept, contro placebo, in 234 pazienti, per 6 mesi. Sono risultate efficaci ambedue le dosi con una risposta ACR 20 nel 51-59% rispettivamente dei pazienti, contro un 11% nel gruppo placebo. Con la dose di 25 mg si ebbe una risposta più rapida e più spesso vennero riscontrate risposte ACR 50 (40% dei pazienti) che con una dose di 10 mg (24%) o con il placebo (5%) (Moreland LW et al., 1999).
Il metotrexato è stato spesso considerato come confronto con questi nuovi farmaci antireumatici. Per esempio in uno studio in doppio cieco, randomizzato su 632 pazienti con artrite reumatoide in fase iniziale sono stati confrontati 10 o 25 mg di etanercept, due volte alla settimana, contro il metotrexato in dose scalare nel corso di 8 settimane, fino a raggiungere la dose settimanale di 20 mg (Bathon JM et al., 2000). I pazienti che ricevettero le dosi più elevate di etanercept ebbero una risposta più rapida entro le prime due settimane, ma dopo 12 mesi la risposta ACR 20 fu simile: 72% nel gruppo etanercept 25 mg e 65% nel gruppo metotrexato (P=0,16). Anche il miglioramento radiologico non fu significativamente differente nei due gruppi.
In un altro studio (Weinblatt ME et al., 1999) venne osservato che pazienti con risposte inadeguate di metotrexato mostrarono benefici quando venne aggiunto l'etanercept al loro regime di trattamento, in confronto al placebo.

Infliximab
L'infliximab, approvato inizialmente per il trattamento della malattia di Crohn è un anticorpo chimerico IgG1 anti-TNF-_, che contiene la regione legante l'antigene dell'anticorpo del topo, e la regione costante dell'anticorpo umano (l'aggettivo chimerico deriva proprio da questa doppia origine). Esso si lega al TNF-_ (solubile e di membrana) ad alta affinità, disturbando il legame del TNF-_ al suo recettore. L'infliximab inoltre uccide le cellule che esprimono il TNF-_, attraverso la citotossicità anticorpo-dipendente e complemento dipendente.
Ci sono differenze notevoli nei pazienti nei confronti della farmacocinetica dell'infliximab. In uno studio su 428 pazienti, le concentrazioni 8 settimane dopo la somministrazione per via venosa di 3 mg/kg di infliximab variarono secondo un fattore superiore a 100 (St Clair EW et al., 2002).
Una singola infusione di infliximab (da 1 a 10 mg/kg) migliora i sintomi dell'artrite reumatoide rapidamente (Elkliott MJ et al., 1994). Studi successivi dimostrarono che la monoterapia con infliximab (da 3 a 10 mg/kg) è superiore al placebo, ma la frequente comparsa di anticorpi antiinfliximab ha portato al suo uso in combinazione con il metotrexato invece della monoterapia. L'efficacia e il rapporto con la dose vennero ben definite in uno studio che interessò 428 pazienti, che avevano un'artrite reumatoide attiva, nonostante il trattamento con metotrexato (Lipsky PE et al., 2000). Su queste basi è stato utilizzato il regime riportato nella tabella 1: 3 mg/kg a 0, 2 e 6 settimane, poi ogni 8 settimane. Di fronte a una risposta incompleta la dose di mantenimento può essere ulteriormente aumentata fino a un massimo di 10 mg/kg. La metà vita dell'infliximab è di 9 giorni.
I pazienti che non hanno una risposta adeguata o che hanno una ricaduta possono rispondere meglio se l'intervallo fra le infusioni viene diminuito a 4-6 settimane e se le dosi vengono aumentate.

Adalimumab
Si tratta di un anticorpo monoclonale umano ricombinante della sottoclasse IgG1, che si lega al TNF-_ umano con alta affinità, sia disturbando il legame della citochina con il suo recettore che lisando le cellule che esprimono il TNF-_ sulla loro superficie.
Dopo la somministrazione sottocutanea, l'adilimumab viene assorbito lentamente, con punte di concentrazione raggiunte dopo 130 ore. Esiste una certa variabilità di livelli fra un paziente e un altro, indipendentemente dal sesso, dall'età e dal peso corporeo. L'aggiunta del metotrexato al regime riduce la clearance dell'adalimumab del 20% dopo una singola dose e del 40% dopo molte dosi.
In uno studio in doppio cieco, randomizzato, la risposta ACR20 a 40 mg di adalimumab, somministrati settimanalmente fu simile a quella ottenuta dopo la somministrazione ogni due settimane (53 contro il 46%) e ambedue furono superiori al placebo (19%) (van de Putte LBA et al., 2002). L'adalimumab ha un effetto sommatorio quando usato con il metotrexato.
 

Effetti avversi dopo l'uso di antagonisti del TNF
I primi studi rilevarono un'ottima efficacia e quasi nessun effetto collaterale: anche dopo l'entrata in commercio i rilievi furono rassicuranti.
Tuttavia con l'uso sempre più largo di questi farmaci venne messo in evidenza un ampio spettro di effetti, come le infezioni, il cancro, le vasculiti, malattie lupus-simili, malattie demielizzanti sclerosi multipla-simili, malattie del fegato, alterazioni ematologiche, comprese le anemie aplastiche e il linfoma, gravi allergie e meningiti asettiche. Le relazioni fra l'uso degli antagonisti del TNF e la maggioranza di queste manifestazioni è sconosciuta.

Infezioni
Sono insorte infezioni batteriche gravi, come tubercolosi, infezioni da micobatterici atipici, aspergillosi, istoplasmosi, coccidiomicosi, listeriosi, polmoniti da Pneumocystis carinii, infezioni criptococciche, citomegalovirus e meningiti asettiche. Va ricordato che tali infezioni sono più comuni nei pazienti di oltre 65 anni che nei pazienti più giovani. D'altra parte il rischio di infezioni gravi è circa due volte più alto nei pazienti con artrite reumatoide in confronto ai soggetti senza questa malattia. Per queste ragioni è difficile interpretare casi sporadici in soggetti riceventi farmaci anti-TNF per trattare un'artrite reumatoide. Tuttavia il rischio d'istoplasmosi e di tubercolosi è aumentato in questi pazienti trattati con anti-TNF. Queste osservazioni sono in accordo con gli studi che hanno dimostrato che il TNF è importante per la formazione del granuloma e per la prevenzione della tubercolosi latente.
La tubercolosi nei pazienti che ricevono farmaci anti-TNF è spesso legata alla riattivazione di una tubercolosi latente e usualmente insorge da 2 a 5 mesi dall'inizio del trattamento. Sono comuni le forme extrapolmonari e le forme disseminate; la presentazione atipica può portare a ritardi nella diagnosi e a un'aumentata morbilità.

Malattie maligne
Il linfoma è stato riportato in associazione con tutti e tre gli antagonisti del TNF, ma esiste ancora un dibattito sull'esistenza di una relazione causale. La ragione dell'incertezza è che il linfoma ha un'incidenza aumentata nei soggetti con artrite reumatoide e questa incidenza aumenta con l'aumentare della gravità della malattia. Il tipo di linfoma riportato d'altra parte è quello, presente nei pazienti con artrite reumatoide. A parte il linfoma l'incidenza di altri cancri non è significativamente aumentat5a.

Reazioni in sede d'iniezione o dopo infusione
Arrossamento e prurito in sede d'iniezione, almeno per qualche giorno, sono eventi comuni nei pazienti che ricevono etanercept e adalimumab. I sintomi come la cefalea e la nausea avvengono nel 20% dei pazienti durante l'infusione d'infliximab: essi sono controllabili con l'uso degli anti-istamicinici o rallentando la velocità dell'infusione. Sintomi suggestivi di una risposta immediata di ipersensibilità, come l'orticaria, avvengono nel 2% dei pazienti. Grave crisi anafilattica è rara: 2 casi su 500 pazienti con malattia di Crohn, trattati con infliximab.

Risposte immuni e autoimmuni
Anticorpi verso l'etanercept si sviluppano nel 3% dei soggetti trattati, ma ancora non si conosce il loro significato clinico. In altre pubblicazioni, anticorpi antichimera, diretti verso l'infliximab si sono sviluppati nel 53, 21 e 7 % dei pazienti che ricevano rispettivamente 1, 3 e 10 mg di infliximab per chilo di peso. La frequenza degli anticorpi fu bassa (8,5%) nei pazienti trattati con 3-10 mg/kg in associazione al metotrexato. Questi anticorpi accelerano la clearance dell'infliximab e si associano a una più elevata percentuale di reazioni in seguito all'infusione; essi accorciano le risposte nei pazienti con malattia di Crohn. Anticorpi verso l'adalimumab si sviluppano nel 12% dei pazienti, ma questa percentuale si ridusse all'1% quando venne associato un trattamento con metotrexato.
Anticorpi antinucleo sono stati ritrovati in circa il 60% dei pazienti che ricevettero infliximab e metotrexato, in confronto al 26% fra quelli che sono stati trattati solo con metotrexato.
Anticorpi anti-DNA a doppia elica si svilupparono dopo trattamento con atanercept nel 4% dei pazienti, dopo il 10% nei soggetti trattati con infliximab + metotrexato e nel 4% dopo adalimumab + metotrexato. Ciononostante l'insorgenza di lupus sistemico indotto da farmaci è rara.

Sindromi demielinizzanti
Sono state riportate sia esacerbazioni di sclerosi multiple quiescenti che sclerosi multiple di nuova presentazione. Questa relazione è considerata come plausibile.

Insufficienza cardiaca
Elevati livelli di TNF-_ si ritrovano in pazienti con insufficienza cardiaca: I primi tentativi di cura con anti-TNF sembrarono incoraggianti, ma studi successivi sono stati bloccati, per mancanza di una chiara evidenza di benefici e, nel caso dell'infliximab, per un aumento della letalità.

Uso in clinica degli antagonisti del TNF nell'artrite reumatoide
Al momento attuale gli antagonisti del TNF sembrano essere il trattamento più efficace nell'artrite reumatoide. La risposta è generalmente rapida, spesso dopo poche settimane, anche se non in tutti i soggetti trattati.
Purtroppo non vi sono ancora sufficienti informazioni di confronto fra i diversi tipi di antagonisti del TNF e fra questi e altri farmaci che siano capaci di modificare la malattia. Sono anche necessari dati più precisi nei confronti degli effetti collaterali, per cui al momento attuale sembrano appropriate alcune precauzioni nell'uso di tutti gli antagonisti del TNF.
  • La terapia anti-TNF non deve essere iniziata in pazienti che abbiano una infezione attiva ed essa deve essere sospesa se insorge un'infezione grave;
  • Una relativa controindicazione è offerta anche dalle infezioni croniche o ricorrenti;
  • Prima dell'inizio del trattamento tutti i pazienti debbono essere scrinati per la tubercolosi latente e debbono essere trattati, prima dell'inizio della terapia anti-TNF, se le prove per la tubercolosi risultino positive;
  • I medici debbono essere informati sui pericoli della tubercolosi e delle infezioni opportunistiche prima d'iniziare il trattamento in soggetti con artrite reumatoide;
  • Il trattamento con antagonisti del TNF deve essere evitato in soggetti con malattie demielinizzanti o con insufficienza cardiaca; d'altra parte il trattamento deve essere sospeso se si verifichino queste evenienze;
  • Rari casi di pancitopenia, di anemia aplastica e d'insufficienza epatica sono stati riportati; ma per queste situazioni patologiche non è necessario eseguire uno screening.
Anakinra
L'interleuchina 1, prodotta dai monociti, dai macrofagi e da alcune cellule specializzate del panno sinoviale possiede effetti infiammatori che includono l'induzione dell'interleuchina 6 e della cicloossigenasi 2. Le azioni dell'interleuchina 1 sono regolate verso il basso dagli antagonisti del recettori dell'interleuchina 1, un inibitore naturale che compete con il legame dell'interleuchina 1 a livello dei recettori della stessa interleuchina.
L'anakinra è una forma ricombinante dell'antagonista del recettore dell'interleuchina 1, diretto verso i recettori di tipo 1 dell'interleuchina n1, presenti in molti tessuti. Nei pazienti con artrite reumatoide, i livelli di questo antagonista del recettore nelle articolazioni infiammate sono più bassi di quanto sarebbe richiesto dai livelli d'interleuchina 1 presenti; questo sbilanciamento contribuisce alla persistenza dell'infiammazione articolare.
Poiché l'anakinra ha una vita media corta, è necessario somministrarla giornalmente; questa modalità d'uso è più efficace della somministrazione settimanale o per 3 volte alla settimana. L'anakinra viene eliminata attraverso il rene, per cui i pazienti con insufficienza renale hanno una ridotta clearance. L'emodialisi e la dialisi peritoneale non sembrano allontanare quantità sufficienti di anikinra.
In adulti è stata usata alla dose di 150 mg/die o, se combinata con il metotrexato, alla dose di 1-2 mg/kg/die (Bresnihan B et a., 1998; Cohen S et al., 2002).
L'anakinra da sola o in combinazione con il metotrexato è più efficace del placebo in studi clinici randomizzati e controllati, in circa 900 pazienti. Le risposte ottenute dopo un trattamento di 24 settimane sono durevoli; dopo 48 settimane il 18% dei pazienti trattati ha una risposta ACR 50, mentre il 3% ha una risposta ACR 70. L'anakinra rallenta anche la velocità del danno, come dimostrato dalle radiografie.
Il più comune effetto, dose dipendente, è l'irritazione cutanea nella sede d'iniezione (50-80% dei pazienti). La maggior parte delle reazioni è lieve e scompare in poche settimane. Un minor numero di pazienti ha reazioni più gravi, come prurito, tumefazione e dolore. E' aumentato anche il rischio d'infezioni batteriche (2,1% dei trattati); su 1000 pazienti trattati non venne dimostrata nessuna infezione opportunistica.
L'anakinra può essere utile in pazienti che non hanno risposto o che non tollerano il metotrexato, la leflunomide o gli antagonisti del TNF. Il trattamento non deve essere iniziato in soggetti con infezione attiva e deve essere sospeso se interviene un'infezione grave. Occorre cautela nei soggetti con infezioni croniche o ricorrenti. Viene consigliato di monitorare la crasi ematica con un emocromo completo, perché si sono osservati casi di neutropenia e trombocitopenia reversibili.
L'associazione di anakinra e di metotrexato è ben tollerata; tuttavia va ricordato che ambedue i farmaci possono portare a un abbassamento nel numero dei globuli bianchi. L'uso contemporaneo di anakinra e di antagonisti del TNF può aumentare il rischio d'infezione; per tale ragione l'uso combinato deve essere evitato.
Tabella 2 – Raccomandazioni per il monitoraggio, in corso di trattamento*
Farmaco
Raccomandazioni
Leflunomide
Emocromo completo e determinazione della alanino aminotransferasi prima del trattamento e successivamente ogni mese; se rimane stabile ripetere queste prove ogni 2-3 mesi
Etanercept
Stare clinicamente attenti alla tubercolosi, istoplasmosi e altre infezioni
Adalimumab
Come per l'etanercept
Infliximab
Come per etanercept
Anakinra
Emocromo completo all'inizio del trattamento, poi mensilmente per 3 mesi e poi ogni 3 mesi.

* I pazienti che ricevono atenercept, adalimumab o infliximab debbono essere scrinati per precedenti esposizioni alla tubercolosi, prima che il trattamento sia iniziato. I pazienti che ricevano un altro farmaco antireumatico, modificante la malattia, come il metotrexato, richiedono monitoraggi aggiuntivi, a seconda del prodotto.

Limitazioni e futuro
I farmaci discussi in precedenza sembrano relativamente sicuri ed efficaci nel trattamento di breve durata o di durata intermedia dell'artrite reumatoide. Sono in studio applicazioni diverse dall'artrite reumatoide:
  • L'infliximab è efficace nel trattamento della malattia di Crohn
  • Gli antagonisti del TNF hanno un loro ruolo nel trattamento della psoriasi, della spondilite anchilosante, dell'uveite, della vasculite
  • Essi hanno un ruolo anche nel trattamento dell'artrite cronica giovanile e nella malattia di Still (forma generalizzata dell'artrite giovanile)
Ancora molti aspetti rimangono oscuri.
I trattamenti dell'artrite reumatoide continuano ad avanzare rapidamente e molti nuovi farmaci sono in studio. Essi includono:
  • Tacrolimus:
  • Rituximab;
  • Un antagonista dell'interleuchina 6;
  • Una proteina di fusione, l'antigene 4-IgG1 citotossico associato ai linfociti T (CTLA-4-Ig), che blocca le vie costimolatrici delle cellule T;
  • Pegylate, un antagonista solubile del recettore del TNF;
  • Agenti che intrappolano le citochine;
  • Agenti che bloccano l'interleuchina 15;
  • Agenti che prevengono la rottura del componente C5 del complemento umano;
  • Agenti che inibiscono le molecole di adesione.
L'introduzione di nuove terapie migliorerà la prognosi dell'artrite reumatoide, perché anche con le nuove terapia alcuni pazienti soffrono ancora, come prima dell'inizio delle nuove cure, o presentano un controllo parziale della malattia.

Caratteristiche della pubblicazione e degli autori
- La ricerca è stata sostenuta da un grant (HS1-0384) del Centro per l'Educazione e le Ricerche sulle Terapie e da un grant (HL 65082 e HL 67964) dell'U.S. Public Health Service.
- Il dottor Olsen riporta che ha ricevuto un onorario dell'Aventis e sostegno per la ricerca dal Bristol-Myers Squibb negli ultimi due anni.

Vuoi citare questo contributo?

G. Bartolozzi. Nuovi farmaci per l'artrite reumatoide (parte seconda). Medico e Bambino pagine elettroniche 2004;7(7) https://www.medicoebambino.com/?id=AP0407_10.html