Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Luglio 2024 - Volume XXVII - numero 26

M&B Pagine Elettroniche

I Poster degli specializzandi

Prima l'epatite autoimmune e poi la MICI... dopo tanto tempo

Benito Pio Izzo1,2, Martina Mainetti1, Maria Rosaria Aprile3, Francesco Foschi4, Andrea Buzzi5, Federico Marchetti1,6

1UOC di Pediatria e Neonatologia, Ospedale di Ravenna
2Scuola di Specializzazione in Pediatria, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna
3UOC di Anatomia Patologica, Ospedale di Ravenna
4UOC di Medicina Interna e Epatologia, Ospedale di Faenza
5UOC di Gastroenterologia e Endoscopia Digestiva, Ospedale di Ravenna, AUSL della Romagna
6Dipartimento DIMEC, Università di Bologna

Indirizzo per corrispondenza: martina.mainetti@auslromagna.it

Caso clinico

Bambino che all’età di 3 anni ha presentato un riscontro occasionale di aumento delle transaminasi in assenza di indici di colestasi e con funzionalità epatica nella norma. Crescita regolare, non epatosplenomegalia. Gli esami hanno escluso le principali cause di sindrome citolitica cronica pura. L’autoimmunità epatica è stata sempre negativa (salvo lieve movimento transitorio di LKM -Liver Kidney Microsome-, poi non più confermato). Non significativa ipergammaglobulinemia. Calprotectina fecale negativa. Ecografia addominale senza alterazioni a carico di fegato e vie biliari.
Dopo un anno ha eseguito la prima biopsia epatica, che ha evidenziato un quadro di lieve infiammazione, ma senza chiari aspetti indicativi riferibili a un’epatite autoimmune. Nel tempo l’andamento delle transaminasi è stato altalenante e a distanza di 3 anni dalla precedente (all’età di 7 anni) è stata ripetuta la biopsia epatica, che ha mostrato quadro suggestivo di epatite autoimmune (epatite di interfaccia e alcuni focolai isolati di necrosi globulare, senza interessamento colangitico). La diagnosi formalizzata è stata di epatite autoimmune sieronegativa, ed è stata intrapresa terapia steroidea e con azatioprina, oltre ad acido ursodesossicolico (UDCA).
Dall’avvio del trattamento pressoché immediata e stabile negativizzazione delle transaminasi, con una biopsia, dopo due anni dall’inizio della terapia, che ha documentato solo lieve attività di malattia. La terapia steroidea è stata mantenuta per 4 anni al dosaggio minimo di 5 mg/die, poi sospesa con proseguimento dell’azatioprina e UDCA, con transaminasi sempre negative.
A 5 anni di terapia con azatioprina, a fronte di una persistente normalità delle transaminasi, è stato deciso di sospendere il farmaco. Dopo circa 2 mesi dalla sospensione, si è assistito a un nuovo rialzo delle transaminasi (AST: 163 U/l, ALT: 302 U/l), confermato in diversi controlli; si è deciso pertanto per il riavvio della terapia immunosoppressiva con micofenolato (in associazione a ciclo di terapia steroidea), in considerazione del fatto che la terapia con azatioprina era stata eseguita per 5 anni.
Si è assistito a rapida normalizzazione delle transaminasi.
Attualmente è in terapia con micofenolato da 8 mesi e il quadro epatico è in remissione laboratoristica; sta proseguendo UDCA e mantenendo una dose di steroide pari a 7,5 mg di prednisone.
Recentemente, all’età attuale di 13 anni, ha presentato un episodio febbrile con dolore addominale in fossa iliaca destra, associato a rialzo degli indici di flogosi; in tale occasione era stata esclusa una appendicite acuta e la coprocoltura ha documentato un Campylobacter, trattato poi con azitromicina con beneficio sulla sintomatologia.
Valorizzando la storia clinica, nel sospetto che il batterio potesse rappresentare in realtà l’epifenomeno di un quadro infiammatorio intestinale paucisintomatico associato al quadro epatico, qualche mese dopo la risoluzione del quadro infettivo è stato effettuato il dosaggio della calprotectina fecale, risultata elevata a 2 controlli (1.070 mg/kg feci, poi 1.919 mg/kg feci). Sono state pertanto effettuate indagini endoscopiche di approfondimento. L’EGDS (esofagogastroduodenoscopia) è risulta nella norma; la colonscopia, invece, ha mostrato lesioni infiammatorie di lieve entità a livello del colon con evidenza all'esame istologico di un infiltrato flogistico linfoplasmocitario della lamina propria, a distribuzione minimamente irregolare, con focale aggressione dell’epitelio ghiandolare con ascessi criptici ed erosioni superficiali. In considerazione di quadro istologico compatibile con una malattia di Crohn (MC) con localizzazione colica esclusiva e con una clinica paucisintomatica (solo saltuari dolori addominali di modesta entità), è stato deciso l’avvio del trattamento con mesalazina.
Attualmente la malattia intestinale appare in buon controllo con remissione clinica e laboratoristica, PCDAI (Pediatric Crohn Disease Activity Index) pari a 0 e calprotectina fecale in netta riduzione.

Discussione

L’associazione tra malattia infiammatoria cronica intestinale (MICI) e manifestazioni extra-intestinali di natura autoimmune, in particolare con interessamento epatico, è ben nota in letteratura. La particolarità del nostro caso è rappresentata dall’ordine invertito con il quale la condizione epatica e intestinale si sono presentate. È più comune, infatti, la comparsa di epatite autoimmune in contemporanea o a distanza dall’esordio della MICI. Nel nostro caso l’esordio dell’epatite autoimmune sieronegativa, con valori di calprotectina fecale al momento della diagnosi negativi e in assenza di sintomi intestinali, è stata molto precoce. A distanza di 9 anni si è resa manifesta la MICI. Va sottolineato che il quadro di MC, poco espresso clinicamente, sia emerso dopo la sospensione dell’azatioprina, che negli anni precedenti poteva aver contribuito a rendere muta la malattia intestinale.

Conclusioni

In presenza di una MICI non dimentichiamo mai nel tempo la possibile insorgenza di un problema (autoimmune) epatico; ma pensiamo anche il contrario (prima malattia epatica infiammatoria, nelle diverse espressioni, e poi MICI), anche dopo... tanto tempo.
Tema in discussione è la durata “concessa” della terapia immunosoppressiva con azatioprina.

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