Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Giugno 2024 - Volume XXVII - numero 6

M&B Pagine Elettroniche

I Poster degli specializzandi

Febbre e rifiuto della deambulazione: pensa alla spondilodiscite

Alessia Cherubino

Istituto di Clinica Pediatrica; Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Indirizzo per corrispondenza: a.cheru2102@gmail.com

Caso clinico

G. è un bambino di 1 anno e 5 mesi, inviato dal proprio curante presso il Pronto Soccorso (PS) per astenia persistente da circa 3 giorni, febbre (TC massima 38,6 °C), tosse produttiva, inappetenza e rifiuto alla deambulazione. Diuresi presente e valida. Idratazione adeguata. Non riferiti dai genitori traumatismi pregressi.
All’ingresso in PS il bambino appariva in buone condizioni cliniche generali. Al triage la TC era di 38,6 °C; presente intensa iperemia e ipertrofia tonsillare bilaterale, in assenza di essudato. Non tumefazione e/o dolore a carico di ginocchia, caviglie, polsi e gomiti. Non limitazione all’escursione dell’articolazione coxo-femorale bilateralmente, ma apparente dolore a quella di destra, in posizione seduta e in piedi, con rifiuto del carico. Restante obiettività nella norma.
EGA venosa nei limiti: pH 7,38, K+ 3,8 mmol/l, Na+ 133 mmol/l, lattati 1,6 mmol/l, EB -5,6 mmol/l, HCO3- 19,9 mmol/l.
Agli esami ematici rilevati lieve piastrinosi (559 x 10^9/l) e PCR di 98,2 mg/dl.
Ecografia dell’articolazione coxo-femorale di destra negativa per segni ecografici di flogosi dell’articolazione.
Tampone nasale per virus con positività per adenovirus e rinovirus.
Alla rivalutazione del paziente, inoltre, si documentava dolore alla palpazione e durante i movimenti di flessione del tratto dorso-lombare della colonna vertebrale, in assenza di deficit di tipo neurologico. Si richiedeva Rx colonna lombo-sacrale, risultata negativa.
Si decideva dunque di ricoverare il paziente presso il reparto di Pediatria per la prosecuzione delle cure e degli accertamenti del caso.
All’ingresso in reparto si impostava terapia antibiotica per os con amoxicillina-acido clavulanico (previa esecuzione di emocoltura, negativa) e si eseguivano ecografia polmonare ed ecografia addome completo, in assenza tuttavia di alterazioni di significato patologico in atto. Veniva dunque richiesta RM della colonna lombosacrale e bacino con mezzo di contrasto (mdc) paramagnetico, la quale documentava alterazioni di segnale dei somi vertebrali D12-L1 e della porzione centrale del disco interposto con disomogenea iperintensità nelle immagini T2-STIR; impregnazione dopo mdc a livello somatico e associata componente iperintensa nelle immagini STIR con enhancement post contrastografico in sede prevertebrale nel tratto D11-L1 (Figura 1).

Figura 1. RM della colonna lombosacrale con mezzo di contrasto.


Si rafforzava il sospetto di focolaio di spondilodiscite con lieve impegno prevertebrale.
A seguito di valutazione chirurgica vertebrale, si confermava la diagnosi e si prescriveva utilizzo di busto dorsolombare tipo Cheneau.
Alla luce del quadro clinico si impostava terapia antibiotica con ceftriaxone ev, proseguita fino al momento della dimissione, avvenuta a 15 giorni dall’ingresso in PS.


Discussione

La spondilodiscite, processo osteomielitico a carico del corpo vertebrale con flogosi estesa al disco intervertebrale, con o senza ascesso dei tessuti molli, è una patologia impegnativa per la lunga durata e per i possibili esiti. L’agente eziologico più comune è lo stafilococco e, in aree endemiche, anche il bacillo di Koch e la brucella. La sua distribuzione per età è bimodale, infatti colpisce solitamente persone di età inferiore ai 20 anni o compresa tra 50 e 70 anni. Un approccio razionale che favorisca la diagnosi precoce e il trattamento appropriato deve tenere conto del fatto che le manifestazioni cliniche della spondilodiscite variano a seconda dell’età. Nei bambini piccoli e in fase prescolare può avere un decorso subacuto o cronico, in cui solo il mal di schiena, l’irritabilità e le difficoltà a camminare sono segni e sintomi della malattia.
La RM rimane il metodo migliore per confermare la diagnosi e valutare l’efficacia della terapia. Sulla durata complessiva del trattamento non vi sono indicazioni univoche: nella maggior parte dei lavori si indica un periodo di 4-6 settimane, di cui almeno le prime due per via endovenosa, ma le evidenze sempre maggiori della non inferiorità di protocolli short per altre infezioni osteoarticolari lasciano pensare che le cose potrebbero modificarsi nel tempo. Il drenaggio chirurgico e l’eventuale intervento ricostruttivo sono riservati ai casi più severi (tubercolosi), associati a un interessamento neurologico importante o a un andamento destruente. La prognosi finale è generalmente buona, soprattutto quando la terapia è iniziata precocemente.
È necessario tuttavia un accurato monitoraggio della risposta alla terapia.


Bibliografia di riferimento

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