Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Novembre 2014 - Volume XVII - numero 9

M&B Pagine Elettroniche

I Poster degli specializzandi

Due colestasi a confronto
M. Massaro, E. Benelli, M.C. Pellegrin
Clinica Pediatrica, IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Trieste
Indirizzo per corrispondenza: massaro.marta@gmail.com


Riportiamo due casi emblematici di lattanti con colestasi, per approfondire una malattia genetica rara, ma che almeno in alcune forme è facile da diagnosticare se conosciuta.
K., 11 mesi, presenta “da sempre” importante prurito senza ittero né altri sintomi. Per una febbre viene portato dal pediatra, che rileva un’epatomegalia di nuova insorgenza. Gli esami mostrano ipertransaminasemia (AST 928 U/l, ALT 1591 U/l), con acidi biliari elevati (33 micromol/l); GGT, BT, BD e funzionalità epatica nella norma. L'ecografia non mostra dilatazione delle vie biliari ma conferma l’epatomegalia. La triade composta da prurito, aumento dei sali biliari e GGT normali rimanda alla colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC), diagnosi clinica poi confermata dalla genetica come PFIC di tipo 2 (a esclusiva localizzazione epatica).
E., 15 mesi, giunge alla nostra attenzione per febbricola. Alla visita si evidenzia epatosplenomegalia con transaminasi e GGT aumentate (ALT 230 U/l, AST 170 U/l, GGT 384 U/l); BT, funzionalità epatica e indici di flogosi nella norma. L'ecografia epatica rileva un'epatite colestatica cronica e l'EGDS mostra iniziali segni di congestione vascolare esofagea. Sono state escluse le possibili cause di ipertensione portale intraepatica (epatite virale cronica, malattia di Wilson, deficit di alfa-1-antitripsina, fibrosi cistica, malattia da accumulo, atresia biliare, colangite sclerosante, Alagille, epatite autoimmune, celiachia, ipotiroidismo). La biopsia epatica ha mostrato un quadro aspecifico di fibrosi epatica con proliferazione dei dotti biliari. La soluzione del caso è giunta dalla genetica, che ha evidenziato una mutazione in omozigosi del gene ABCB4 sul cromosoma 7, tipica della PFIC di tipo 3.

Le PFIC sono un gruppo eterogeneo di malattie autosomiche recessive, caratterizzate da colestasi intraepatica a insorgenza precoce e ad andamento progressivo fino alla cirrosi con insufficienza epatica. Sono causate da un'alterazione delle proteine coinvolte nel trasporto di componenti della bile dall'epatocita al canalicolo biliare: nel tipo 1 i fosfolipidi, nel tipo 2 gli acidi biliari e nel tipo 3 la fosfatidilcolina.
Le PFIC 1 e 2 si caratterizzano per sali biliari elevati nel sangue (responsabili del prurito) e bassi nella bile, con GGT normali. Nella PFIC 3 la diagnosi differenziale è invece più complessa: sono elevati sia gli acidi biliari che le GGT, perché la mancata escrezione della fosfatidilcolina espone il canalicolo all'effetto detergente dei sali biliari.
La terapia medica si avvale dell'acido ursodesossicolico e di rifampicina e colestiramina per ridurre il prurito da sali biliari. Sono necessari controlli semestrali, anche per escludere una degenerazione maligna, che può comparire precocemente soprattutto nella PFIC 2.
Alcuni pazienti possono giovarsi della diversione biliare. Il trapianto di fegato è però l'unica alternativa nel caso di fallimento delle terapie sopraindicate. L’acido ursodesossicolico è in grado di prevenire il danno epatico, ecco quindi l’importanza di una diagnosi precoce.


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M. Massaro, E. Benelli, M.C. Pellegrin. Due colestasi a confronto. Medico e Bambino pagine elettroniche 2014;17(9) https://www.medicoebambino.com/?id=PSR1409_40.html