Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Luglio 2019 - Volume XXII - numero 26

M&B Pagine Elettroniche

Presentazioni PPT



MALATTIE RARE E SINDROMOLOGIA


Troppo tardi, così presto

Luisa Cortellazzo Wiel
IRCCS Materno-Infantile “Burlo Garofolo”, Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Trieste


Indirizzo per corrispondenza: 
cortellazzo_w@hotmail.it


Se c’è una cosa che ho imparato all’Università è che non bisogna aver paura di pensare anche alla diagnosi più “brutta” se esiste una terapia che possa modificare il decorso della malattia. Anzi, in alcuni casi è proprio essenziale farla presto la diagnosi per migliorare il più possibile la prognosi. Ci sono però alcune diagnosi così brutte, che una terapia non c’è o non c’è ancora e in quei casi il fare diagnosi ci fa sentire nient’altro che dei boia.
La storia di Samuele, però, mi ha insegnato che dare un nome e un cognome al male, conoscerlo e spiegarlo, forse non servirà a sconfiggerlo, ma se non altro ad arginarlo e a evitare di aggiungere dolore al dolore. Lui ha 5 anni, ha raggiunto tutte le tappe motorie nei tempi, ma l’ha fatto sempre con un certo impaccio. La zia alla visita ne parla come se fosse sempre stato percepito “diverso” dai membri della famiglia allargata. Tiene anche la bocca sempre semiaperta, tanto che un otorino aveva consigliato un intervento di adenotonsillectomia, col quale le cose erano forse un po’ migliorate. Siccome però impacciato era e restava, si erano poi rivolti a fisiatri e osteopati, senza alcun grosso beneficio. In molti avevano visto Samuele, ma a tutti era sembrato semplicemente un bambino un po’ più goffo degli altri, che prima o poi sarebbe migliorato da solo. Finché il pediatra, insospettito, effettua un dosaggio delle CPK, che risultano stellari. Sarebbe bastato questo: bambino impacciato… CPK alte… maschio. Ma forse non è bastato quella volta a superare l’orrore di quella diagnosi e anche di fronte a una genetica che non lasciava scampo (delezione dell’esone 52), tutte insieme le figure sanitarie che avevano in carico Samuele si sono aggrappate alla diagnosi di Distrofia di Becker. Purtroppo però questa era esclusa in partenza, non solo dalla clinica già evidente a un’età così precoce, ma anche dalla genetica, che per lo spostamento della cornice di lettura correla inevitabilmente alla formazione di un codone di stop nel trascritto, che si traduce in una mancata sintesi di distrofina e non semplicemente nella genesi di un proteina accorciata.
Ma cosa sarebbe cambiato, chiederete, a fare diagnosi prima? Non si è forse regalato così ai genitori qualche mese in più di leggerezza? Forse sì, ma i genitori di Samuele nel frattempo hanno messo in cantiere un fratellino. È così che Mattia la diagnosi di distrofia di Duchenne la riceve insieme al fratello ad appena un mese di vita, sulla base del risultato della genetica che conferma la stessa delezione. Troppo tardi e così presto. La famiglia ci chiede se qualcosa si sarebbe potuto capire prima… dopotutto quel giorno che avevano visto il video di come si alza da terra un bambino con la Duchenne, avevano proprio pensato che assomigliasse molto al loro… La risposta ce la teniamo per noi. Si sarebbe potuto, sì, a patto di mettere da parte la paura e la presunzione di poter sempre fare qualcosa di fronte a ogni problema, se necessario negandolo.


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L. Cortellazzo Wiel. Troppo tardi, così presto. Medico e Bambino pagine elettroniche 2019;22(26) https://www.medicoebambino.com/?id=PPT1907_380.html