Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Giugno 2024 - Volume XXVII - numero 6

M&B Pagine Elettroniche

Il commento

Come la ricerca deve guidare le scelte terapeutiche nel trattamento dei disturbi dello spettro autistico

Sara Carucci

Clinica di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza di Cagliari

Indirizzo per corrispondenza: sara.carucci@gmail.com

Il disturbo dello spettro autistico (ASD) è uno tra i più frequenti disturbi del neurosviluppo, altamente ereditabile ed eterogeneo e caratterizzato dalla diade interessi limitati e comportamenti ripetitivi e deficit dell’interazione e della comunicazione sociale1. Accanto ai sintomi core, sono frequentemente presenti comorbidità sia psichiatriche (ADHD, ansia, depressione) che neurologiche (epilessia) e internistiche (disturbi gastrointestinali). La diagnosi è clinica e si formula a seguito di una dettagliata anamnesi sulla storia di sviluppo psicomotorio, affettivo e del linguaggio e l’osservazione diretta del bambino nelle interazioni con i genitori o altri individui2.
Al momento non è stata individuata una singola causa sottostante l’ASD né un unico modello patofisiologico, ed è verosimile che non rappresenti un’entità biologica unitaria e che l’espressività fenomenologica possa avere cause biologiche multiple e complesse alla base.
Nonostante il DSM-5 abbia compiuto notevoli sforzi per limitare l’eterogeneità di questo disturbo, introducendo criteri più stringenti, i soggetti affetti si differenziano notevolmente tra di loro per l’estrema eterogeneità fenotipica, la presenza di comorbidità e le possibili varianti genetiche, con conseguenti importanti implicazioni per la ricerca scientifica nel campo dell’ASD3. L’eterogeneità della patologia potrebbe quindi essere ridimensionata sulla base dello studio trans-diagnostico dei disturbi del neurosviluppo basata sugli endofenotipi3.
Come ben sottolineato dalla Prof.ssa Marini nell’articolo pubblicato su questo numero delle Pagine elettroniche di Medico e Bambino4, la comunità scientifica attualmente propende per un modello patogenetico su base epigenetica che vede i fattori di rischio ambientali (età paterna avanzata, ipossia perinatale, diabete gravidico, preeclampsia, esposizione a inquinanti o infezioni durante la gravidanza ecc.) come un innesco per il rischio di autismo attraverso complessi meccanismi sottostanti quali infiammazione e stress ossidativo o danno ipossico e ischemico, così come effetti genetici ed epigenetici.
Marini ben descrive le alterazioni biologiche e biochimiche che si presentano nell’ASD con una frequenza molto alta, ricordandoci il concetto di bad trio (“il perfido terzetto”) come “l’insieme di disfunzione mitocondriale - infiammazione - disbiosi intestinale, con lo stress ossidativo che fa da “collante” tra i tre”5. Tuttavia, come la stessa autrice sottolinea, nonostante l’alta frequenza, queste alterazioni biologiche non possono essere attualmente considerate dei biomarcatori specifici dell’ASD, in quanto comuni ad altri disturbi del neurosviluppo e a un gran numero di altre patologie cerebrali.
Gli studi di individuazione precoce di biomarker su soggetti a rischio6 hanno messo in dubbio le teorie in cui l'ASD avrebbe origine da un deficit primario nei modelli innati di orientamento sociale mediato a livello sottocorticale7, così come risultano evidenti i limiti dei modelli deterministici, in cui un singolo cambiamento genetico dovrebbe comportare un cambiamento sinaptico che si traduca in un sintomo canonico. È quindi più probabile che esista un insieme complesso di interazioni evolutive in cui l’attività cerebrale e il comportamento emergente del bambino hanno relazioni bidirezionali con la trasmissione sinaptica e l’espressione genetica8.
Marini ci accompagna nella comprensione di una ereditarietà dell’autismo poligenica e altamente complessa con una dettagliata descrizione della teoria di Panisi e Burgio9, la “Developmental Origins of Health and Diseases" (DOHaD), spiegandoci la correlazione tra esposoma, epigenoma e genoma e ponendo l’accento sulla massima vulnerabilità nei primi mille giorni di sviluppo del SNC e la non semplice reversibilità di un sistema genetico potenzialmente tale10.
Centinaia di geni e regioni genomiche sono state associate all’ASD con mutazioni che vanno da singole basi a microscopici segmenti di DNA sino a migliaia di milioni di basi (copy number variants) seppur spesso in regioni non codificanti, aventi funzione regolativa11.
Nonostante ciò, è confortante aver scoperto che la maggior parte delle proteine codificate dai geni a rischio di ASD sono coinvolte nella struttura e nella funzione sinaptica o nella variazione della cromatina e nella regolazione dell’espressione genica12. E’ stato inoltre evidenziato un nesso con i neuroni glutammatergici fetali durante lo sviluppo corticale13, e di recente altre regioni cerebrali, compreso lo striato, hanno cominciato a essere indagate come punti di potenziale convergenza del rischio per l’ASD14.
Sulla base delle considerazioni fatte sinora, è importante comprendere come l’estrema eterogeneità del disturbo abbia in qualche modo potuto ostacolare il potere della diagnosi nell’individuare e guidare i trattamenti più efficaci, sia dal punto di vista farmacologico che comportamentale. Gli interventi che potrebbero basarsi su informazioni derivate da precisi meccanismi neurobiologici o dai biomarker rappresentano quindi al momento una strada promettente nel perfezionamento dei trattamenti a disposizione.
Sempre tenendo a mente l’ampia varietà di questa condizione, è importante sottolineare che interventi diversi possono essere richiesti nelle diverse fasi di sviluppo e adattati alle esigenze del soggetto nel corso di tutta la sua vita. Gli interventi precoci sono sicuramente indispensabili per migliorare le competenze di comunicazione e incidere sulle traiettorie evolutive e possono includere interventi mediati dal genitore, interventi effettuati con un terapista specializzato e strategie per gli insegnanti. Gli interventi psicosociali sono finalizzati a migliorare specifici aspetti quali l’attenzione congiunta, il linguaggio e l’ingaggio socio-relazionale; sono altrettanto importanti le tecniche per promuovere poi l’indipendenza nell’età adulta.
Gli Interventi Naturalistici Evolutivi Comportamentali (NDBI), realizzati in contesti naturali e che utilizzano contingenze naturali e ricorrono a varie strategie comportamentali per insegnare abilità attese per il livello di sviluppo evolutivo, hanno acquisito un discreto consenso sulla base di evidenze dirette; non è semplice tuttavia definire quali siano gli interventi più efficaci data la mancanza di studi di confronto diretto tra un approccio e l’altro15.
Gli approcci a bassa intensità includono gli interventi mediati dai genitori, dove gli stessi apprendono come essere maggiormente sintonizzati sui segnali e i bisogni del bambino e a facilitare la relazione nei contesti di gioco e nelle attività quotidiane migliorando le abilità di comunicazione e sociali e incrementando la soddisfazione dei genitori16,17.
Nonostante le conoscenze acquisite sinora, ci si scontra con l’impossibilità di assicurare a ogni paziente il trattamento più opportuno e troppo spesso ci si deve accontentare di ciò che i servizi offrono, piuttosto che poter cucire addosso al paziente un trattamento veramente personalizzato.
Al momento è necessario incentivare la ricerca sull’ASD anche attraverso nuovi approcci che identifichino nuovi modelli causali, per identificare i bisogni a lungo termine, i meccanismi sottostanti e quindi i trattamenti che possono portare a una migliore indipendenza e qualità di vita. Le famiglie rappresentano la principale risorsa di sostegno per le persone autistiche ed è quindi fondamentale includere i loro bisogni e la loro prospettiva sia nella ricerca che nella pratica.

Bibliografia

  1. American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). DOI: 10.1176/appi.books.9780890425596.
  2. Lord C, Brugha TS, Charman T, et al. Autism spectrum disorder. Nat Rev Dis Primers. 2020;6(1):5. DOI: 10.1038/s41572-019-0138-4.
  3. Waterhouse L. Heterogeneity thwarts autism explanatory power: A proposal for endophenotypes. Front Psychiatry. 2022;13:947653. DOI: 10.3389/fpsyt.2022.947653.
  4. Marini M. Disturbi dello spettro autistico: fenotipi, genotipi, marcatori e prospettive terapeutiche. Medico e Bambino 2024; 27(6): e104-e115. DOI: 10.53126/MEBXXVIIGU104.
  5. Panisi C, Guerini FR, Abruzzo PM, et al. Autism Spectrum Disorder from the Womb to Adulthood: Suggestions for a Paradigm Shift. J Pers Med. 2021;11(2):70. DOI: 10.3390/jpm11020070.
  6. Jones RM, Lord C. Diagnosing autism in neurobiological research studies. Behav Brain Res. 2013;251:113-24. DOI: 10.1016/j.bbr.2012.10.037.
  7. Johnson MH. Autism: demise of the innate social orienting hypothesis. Curr Biol. 2014;24(1):R30-R31. DOI: 10.1016/j.cub.2013.11.021.
  8. Nelson CA, Bloom FE, Cameron JL, Amaral D, Dahl RE, Pine D. An integrative, multidisciplinary approach to the study of brain-behavior relations in the context of typical and atypical development. Dev Psychopathol. 2002;14(3):499-520. DOI: 10.1017/s0954579402003061.
  9. Panisi C, Burgio E. Dalla genetica all’epigenetica: cosa cambia nella pratica clinica dell’ASD. Area-Ped 2021;22(3):126-33. DOI: 10.1725/3671.36572.
  10. Gershman A, Sauria MEG, Guitart X, et al. Epigenetic patterns in a complete human genome. Science. 2022;376(6588):eabj5089. DOI: 10.1126/science.abj5089.
  11. Grove J, Ripke S, Als TD, et al. Identification of common genetic risk variants for autism spectrum disorder. Nat Genet. 2019;51(3):431-44. DOI: 10.1038/s41588-019-0344-8.
  12. De Rubeis S, He X, Goldberg AP, et al. Synaptic, transcriptional and chromatin genes disrupted in autism. Nature. 2014;515(7526):209-15. DOI: 10.1038/nature13772.
  13. Fuccillo MV. Striatal Circuits as a Common Node for Autism Pathophysiology. Front Neurosci. 2016;10:27. DOI: 10.3389/fnins.2016.00027.
  14. Parikshak NN, Luo R, Zhang A, et al. Integrative functional genomic analyses implicate specific molecular pathways and circuits in autism. Cell. 2013;155(5):1008-21. DOI: 10.1016/j.cell.2013.10.031.
  15. Schreibman L, Dawson G, Stahmer AC, et al. Naturalistic Developmental Behavioral Interventions: Empirically Validated Treatments for Autism Spectrum Disorder. J Autism Dev Disord. 2015;45(8):2411-28. DOI: 10.1007/s10803-015-2407-8.
  16. Nevill RE, Lecavalier L, Stratis EA. Meta-analysis of parentmediated interventions for young children with autism spectrum disorder. Autism. 2018;22(2):84-98. DOI: 10.1177/1362361316677838.
  17. ISS. Raccomandazioni della linea guida sulla diagnosi e sul trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti. SNLG 2023.

Vuoi citare questo contributo?