Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.

Giugno 2002 - Volume V - numero 6

M&B Pagine Elettroniche

Contributi Originali - Casi contributivi

Il Malingering come causa di ricovero ospedaliero
Roberto Cerchio*, Cristina Brondello*, Alessandro Lenhardt, Ambra Gagliardo, Egidio Barbi, Aliverti Renata^, Federico Marchetti
Clinica Pediatrica I.R.C.C.S. Burlo Garofolo  Università di Trieste
^Divisione di Neuropsichiatria Infantile I.R.C.C.S. Burlo Garofolo
*Dipartimento di Scienze Pediatriche e dell'Adolescenza O.I.R.M.Università degli Studi di Torino

Introduzione
 Nell'ambito dei cosiddetti disturbi funzionali vengono comprese svariate condizioni; una di queste è il malingering. Con tale termine s'intende la deliberata esagerazione/invenzione di sintomi fisici o psichici allo scopo di ottenere un qualche vantaggio (in ambito pediatrico ad esempio avere maggiore attenzione da parte dei genitori, evitare  situazioni considerate difficili, come la scuola).

Descrizione dei casi
Nel periodo compreso tra il 21 gennaio e il 21 marzo 2002 presso la Clinica Pediatrica dell'Ospedale Burlo Garofolo di Trieste, il numero di pazienti ricoverati è stato di 130. In otto pazienti, pari al 6 % del totale, è stato impossibile trovare una causa organica dei disturbi presentati. Tutti erano adolescenti o preadolescenti (età al momento del ricovero compresa tra 11 anni e 2/12 e 16 anni e 6/12; media: 13 anni e 6/12) in maggioranza di sesso femminile (6/8) con durata della storia clinica variabile tra tre settimane e 2 anni e ½  (media: 1 anno; mediana: 5 mesi). In tutti i casi era coinvolta la sfera scolastica, con compromissione della frequenza (6/7) e/o difficoltà di studio (3/7).
Cinque di essi presentavano come sintomo guida una febbre di lunga durata associata ad altre manifestazioni. In tre casi è stato possibile arrivare ad una rapida conclusione nonostante la lunga durata della storia clinica limitando gli accertamenti a pochi esami ematochimici (emocromo, VES, PCR) ed alla rilevazione della temepratura corporea durante la degenza, che non ha mai documentato la realtà del sindomo febbrile; negli altri due casi la presenza di dolore addominale riferito come importante ha reso necessaria l'esecuzione di alcuni esami strumentali (ecografia addominale e pelvica, ecografia con lattulosio mannitolo, esame colonscopico in un caso). In particolare uno di questi pazienti ha presentato una “escalation” sintomatologica culminata in due episodi di emottisi che, in occasione di un successivo ricovero si sono rivelati autoprovocati tramite lesione del palato.
I tre casi rimanenti non presentavano febbre. Uno era giunto alla nostra osservazione dopo 6 ricoveri presso altre strutture ospedaliere, per episodi di riferiti di ipoglicemia che sono stati negati nella loro esistenza dal semplice fatto che non si sono mai presentati durante i giorni di degenza, oltre che dalla esecuzione di semplici valutazioni che hanno escluso una condizone di iperinsulinismo. Un altro riferiva multipli episodi di dolore localizzato ad addome e schiena (pregresso episodio di calcolosi renale all'età di 10 anni) ed evacuazioni con sangue rosso vivo (nessun testimone) non confermati dall'esame obiettivo e dagli accertamenti (imaging eco- e radiografico, esame urine, visita chirurgica). Il terzo riferiva cefalea, dolori addominali, vertigini. La presenza di una focalità all'elettroencefalogramma (eseguito su indicazione del neuropsichiatra) ha richiesto l'esecuzione della TAC cerebrale che ha dato esito negativo.
Veditabella.

IL MALINGERING E LA PSICOSOMATICA
La casistica sopra riportata dimostra la frequenza non trascurabile (8/130) di casi di “malingering” come causa di ricovero ospedaliero. La dizione malingering è per molti casi impropria. In effetti all'interno delle 8 storie descritte solo in poche situazioni vi è una condizione di esagerazione/invenzione dei sintomi con l'obiettivo di ottenere un risultato tangibile. Molto spesso il confine tra un disturbo rivendicativo (di tipo fittizio) e un disturbo psicosomatico somatoforme è sfumato, difficile da percepire in prima istanza.
I casi ricoverati avevano una storia di lunga durata del disturbo che in tutti i casi aveva richiesto tanti esami, valutazioni e pareri medici diversi. In quasi tutti i casi il vissuto personale e di contestualizzazione familiare erano per molti aspetti su un versante di preoccupazione ed in alcuni casi di esasperazione. In 3 casi vi erano condizioni personali dell'adolescente e/o dinamiche relazionali familiari che hanno consigliato da subito un intervento strutturato e non differibile di presa in carico da parte del neuropsichiatra infantile. Negli altri 5 casi l'atteggiamento è stato di attesa, in quanto si era nella condizione di aver "svelato" la natura e le caratteristiche del disturbo per la prima volta, in un contesto familiare e personale che presentava margini sufficienti di potenzialità di risoluzione.

ALCUNE RIFLESSIONI CRITICHE E DI INSEGNAMENTO
Quello che colpisce di fronte all'osservazione dei diversi iter diagnostici ed a volte terapeutici che hanno seguito i pazienti con disturbi psicosomatici è la mancata capacità di chiudere il caso sul versante dell'organicità dei disturbi riferiti. Alla febbre non si riesce a dare una connotazione conclusiva che sposti l'attenzione su altro, vale a dire sulla causa non organica che la determina. La febbre spesso rimane tale, sino a quando si risolve, in attesa che non si ripresenti più. A volte il medico è complice inconsapevole delle dinamiche inconsce che si vengono a creare. E' il testimone della malattia, avendo ad es. assistito ad una conversione isterica o ad una misurazione della temperatura con tecniche raffinate (da inganno) in grado di documentare visivamente la febbre. Anche noi, in almeno due situazioni, siamo ricorsi ad indagini diagnostiche eccessive (colonscopia, TAC) in quanto nella condizione di non credere ad un iter diagnostico (e di intuizione) che ha nella semplicità la sua forza di convinzione.
Gli 8 casi nella loro enorme diversità di sintomi e di contesti relazionali e di vissuto del disturbo, hanno alcune caratteristiche di insegnamento comune che possono essere riassunte nei seguenti punti:
  • E' fondamentale pensare subito a questa possibilità diagnostica, specie quando i dati di laboratorio di primo livello non concordano con la clinica riferita;
  • limitare l'approccio diagnostico strumentale e di laboratorio a pochi esami di base (emocromo, VER, PCR  nei casi con febbre come sintomo guida) per evitare lunghi ed estenuanti ricorsi alle cure mediche;
  • fornire adeguate spiegazioni alla famiglia sull'interpretazione dell'origine dei sintomi, rassicurandoli e convincendoli circa l'opportunità di evitare od interrompere l'estenuante pratica di “doctor-shopping”. Le lettere di dimissione e i colloqui con il ragazzo/a e la famiglia non possono essere mai interlocutori sul versante dell'organicità del disturbo (siamo in attesa di ulteriori indagini; gli esami vanno bene ma dobbiamo ancora capire etc). In caso contrario si rimarrà spesso convinti che il paziente soffre di una malattia grave, della quale esiste una causa "reale" che non si riesce a capire. Pertanto la diagnosi di disturbo psicosomatico deve essere posta con assoluta chiarezza e con carattere di conclusività;
  • la diagnosi e la spiegazione del ruolo delle emozioni nella genesi di questi disturbi non sono la soluzione dei problemi, ma il primo momento per mettere in piedi un progetto condiviso;
  • spesso è necessaria una presa in carico precoce da parte del neuropsichiatra (che lavora in stretto rapporto con il pediatra); questo è un momento delicato che può anche non essere accettato dalla famiglia e che in questo caso deve essere rimandato ad una fase più matura del progetto terapeutico;
  • il bambino e la famiglia devono essere aiutati da subito per condurre una vita normale, spiegando che i disturbi potranno ancora continuare, ma che tenderanno a risolversi e che in ogni caso è fondamentale tornare ad una vita relazionale che sia intensa di rapporti (frequenza della scuola, attività di tipo ricreativo);
  • particolare attenzione deve essere posta a quelle situazioni in cui il sintomo non è espressione di un disagio del bambino-adolescente ma è riferito (o causato) dal genitore (sindrome di Munchausen)
TABELLA
 
 
Caso 1
Caso 2
Caso 3
Caso 4
Caso 5
Caso 6
Caso 7
Caso 8
TOT.
Dolore
 
+
+
+
+
+
+
+
+
8/8
 
Addominale
+
+
+
-
+
-
+
+
6/8
 
Cefalea
-
+
-
-
+
+
-
-
3/8
 
Mialgia
-
-
+
+
-
-
-
+
2/8
Febbre
 
-
-
+
+
+
+
+
-
5/8
Astenia
 
-
-
-
+
-
+
-
-
2/8
Sonnolenza
 
-
-
-
+
-
+
-
-
2/8
Sudorazione
 
+
-
-
-
-
-
-
-
1/8
Pallore
 
+
-
-
-
-
-
-
-
1/8
Lipotimia
 
+
-
-
-
-
-
-
-
1/8
Ipoglicemia
 
+
-
-
-
-
-
-
-
1/8
Diarrea
 
+
-
-
-
-
-
-
-
1/8
Rettorragia
 
-
-
-
-
-
-
-
+
1/8
Vertigini
 
-
+
-
-
-
-
-
-
1/8
Emottisi
 
-
-
-
-
-
-
+
-
1/8
Pollachiuria
 
-
-
-
+
-
-
-
-
1/8
Scuola
Assenze
+
+
+
-
+
+
+
+
7/8
 
Difficoltà
-
+
-
+
-
+
-
-
3/8

Bibliografia

1. Drenth JP, van der Meer JW. Hereditary periodic fever. N Engl J Med 2001 Dec 13; 345 (24): 1748-57
2. Campo JV, Fritz G. A managment model for pediatric somatization. Psychosomatics 2001 Nov-Dec; 42 (6): 467-76
3. Hasan AM, FRCPI, DCH. Differential diagnosis of fever of unknown origin in children. Current Opinion in Rheumatology 2000; 12: 439-44
4Libow JA. Child and adolescent illness falsification. Pediatrics 2000 Feb; 105 (2): 336-42
5.Wise MG, Ford CV. Factitious disorders. Prim Care 1999 Jun; 26 (2): 315-26

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R. Cerchio, C. Brondello, A. Lenhardt, A. Gagliardo, E. Barbi, A. Renata, F. Marchetti. Il Malingering come causa di ricovero ospedaliero. Medico e Bambino pagine elettroniche 2002;5(6) https://www.medicoebambino.com/?id=CL0206_10.html