Settembre 2010 - Volume XXIX - numero 7

Medico e Bambino


Editoriali

Spetta a noi

Franco Panizon

Professore Emerito, Dipartimento di Scienze della Riproduzione e dello Sviluppo, Università di Trieste

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F. Panizon
Spetta a noi
Medico e Bambino 2010;29(7):415-417 https://www.medicoebambino.com/?id=1007_415.pdf


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Spetta a noi

Leggendo l’articolo del prof. Panizon dell’editoriale del numero di settembre (intitolato “Spetta a noi”, Medico e Bambino 2010;29:417), ne ricavo, come sempre, una serie di sentimenti “forti”: dapprima una sensazione di disagio per il quadro negativo-catastrofico descritto nella parte iniziale, poi la percezione spiacevole si trasforma lentamente in una fiduciosa prospettiva, in una speranza di riscatto, insieme all’accoglienza della giusta esortazione a rimboccarsi le maniche e a fare la propria parte, tutti quanti.
Conoscendo l’enorme dose di umanità e di saggezza del professore, mi sento coinvolta dalle sue parole, e ogni volta mi faccio un esame di coscienza: in genere finisco per assolvermi, almeno in parte. Non attuo praticamente mai la cosiddetta medicina difensiva e sono nella schiera dei prescrittori “blandi”, anche se finisco quasi sempre per dare più farmaci o prodotti alternativi (argomento che da solo meriterebbe una disquisizione) di quanto vorrei. E poi dedico un certo tempo a quella che reputo educazione sanitaria. Forse la mia piccola parte la faccio. Forse.
Il professore incita a fare meglio con meno (frase ormai storica nell’ambiente medico), a promuovere l’autonomia del paziente, a liberarlo dalla nostra presenza… e a non prestarci alle sue richieste improprie. Parole che approvo pienamente, ma nella realtà?
Mi domando spesso infatti quanto sia giusto assecondare le richieste di guarigione dei numerosissimi raffreddori che cerco di “curare” quotidianamente. La maggioranza dei problemi di salute con cui ho a che fare nel mio ambulatorio di pediatra di famiglia, è proprio questa. Quante volte sento ripetere la frase: “Ha raffreddore e tosse da ieri.” oppure “Ha la febbre a 37,2”. La prima domanda che mi pongo è perché sono “costretta” a vedere un bambino con questo tipo di sintomi. Ma regolarmente mi trattengo dall’esporre il mio pensiero (oppure lo faccio in modo troppo “soft”), aumentando il mio senso di frustrazione, e di incongruenza.
In realtà apprendo dalle mamme che al pronto soccorso qualche critica sul loro comportamento iper-protettivo e anticipatorio viene mossa, con il risultato di ottenere lo stupore delle persone che si chiedono perché mai non dovrebbero approfittare dell’opportunità che il reparto pediatrico dell’ospedale del Delta offre loro tramite l’accesso diretto dalle 8.00 alle 15.00 dal lunedì al venerdì. Come è evidente un doppione rispetto ai nostri ambulatori di pediatri di base.
Ora chiedo: è molto diffusa in Italia questa situazione di iper-disponibiltà? Come possiamo biasimare l’atteggiamento di iper-cura quando siamo noi i primi a rendere le persone dipendenti, a non educare all’autonomia?
Indubbiamente un anno fa nel mese di novembre, quando imperversava la “suina”, si sentiva il bisogno di un ampliamento dell’offerta dei servizi. Ma normalmente…?! Non sarebbe auspicabile una migliore organizzazione che miri alla complementarietà delle cure offerte dall’ospedale e dal territorio? In fondo basterebbe poco, a cominciare da una giusta volontà di collaborazione!
Domando anche se nelle realtà privilegiate dove esiste la pediatria di gruppo con infermiera dedicata, questa riesca a funzionare da filtro per le richieste improprie, e a dare i giusti consigli che spesso sono sufficienti per rassicurare e arginare l’ansia eccessiva dei genitori: la comunicazione (ovviamente nel senso del saper comunicare) è fondamentale.
L’ultima parte dell’articolo è come sempre intrisa di grande ottimismo, nell’ottica semplice e “rivoluzionaria” che la collettività tragga vantaggio dall’opera del singolo. Già, se ognuno facesse la sua parte le cose andrebbero meglio per forza.
Quante volte mi sono sentita spronata dalle parole di incitamento del professore! E mi piace molto l’idea che fare le cose secondo coscienza è fonte di soddisfazione.
Sono felice di poter dare con questa lettera un contributo a un possibile auspicabile dibattito.


Leda Guerra
Pediatra di famiglia, Codigoro (Ferrara)
mercoled�, 10 Novembre 2010, ore 10:35