Marzo 2010 - Volume XXIX - numero 3

Medico e Bambino


Lettere

Obesità

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Obesità
Medico e Bambino 2010;29(3):151-152 https://www.medicoebambino.com/?id=1003_151.pdf


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obesità
Gent Prof Panizon,
volevo solo aggiungere che anch'io ritengo che alla fine noi due la pensiamo proprio alla stessa maniera. L'unica differenza è che Lei può fare programmi per i PdF, io non ho questa autorità e, quindi, cerco di capire, e persino giustificare, i pediatri che non si comportano come vorremmo entrambe e come dovrebbe fare un buon padre di famiglia. Solo così credo di poter cambiare "con" loro un atteggiamento, che non posso accettare, perché fa un numero di danni pazzesco a tanti piccoli innocenti. Far diventare un ragazzino di 13 anni 120 kg, e ne ho visti tanti, ancora legalmente non imputabile delle sue azioni, mi sembra una violenza o almeno un abuso per incuria. Il responsabile della FIMP di Napoli, che ha fatto la formazione a Ferrara con me, sta cercando di far partire un progetto di cura precoce dell'obesità infantile a Napoli o se siamo fortunati in Italia. Io sono già contenta così, se posso lo aiuto... perché non ci da una mano anche Lei?


Rita Tanas
UO Pediatria Ferrara
gioved�, 8 Aprile 2010, ore 22:22

Re: obesità
Non si può, e a mio avviso non si deve, "restare già contenti" di una soluzione che riguarda un numero limitato di bambini. Certo, io so che ogni persona può fare solo il SUO: ma provi a pensare come sarebbe stato se la campagna contro la SIDS fosse stata accettata solo da 10, 100, 1000 pediatri? Così è per l'obesità: secondo me è un problema doveroso per 15.000 pediatri. Che se non lo sentono non sono nemmeno dei BUONI PEDIATRI.
Cosa Le devo dire? Penso proprio così. Quanto ad aiutarla? Volentieri, ma come? Sono ormai solo un povero vecchio.
Un abbraccio,


Franco Panizon
Dipartimento di Scienze della Riproduzione e dello Sviluppo, Università di Trieste
luned�, 3 Maggio 2010, ore 14:56

Obesità
Gli ambulatori dell'obesità infantile, che cercano gli "errori nutrizionali" e così colpevolizzano la famiglia e le poche donne coraggiose che ancora fanno e accudiscono i loro bambini, aumentano i conflitti. Poi consigliano o prescrivono la dieta: sono ambulatori tristi e consapevoli di poter solo fallire. I pediatri che hanno provato a fare la stessa cosa nei loro ambulatori, da soli senza l'aiuto degli specialisti, stanno rifiutando persino il finanziamento delle Regioni che lo hanno previsto, pur di allontanare questa tristezza. Gli specialisti, a loro volta, appena possono passano l'ambulatorio "obesi" all'ultimo pediatra assunto, che non può dir di no! È tempo di fare cose diverse. L'ambulatorio Obesità deve imparare a spogliare le famiglie dalle colpe (che paralizzano) e a gestire e risolvere i conflitti per far nascere nuove alleanze e cosi percorsi fattibili per la vita e persino piacevoli. Lei, prof Panizon, è ancora molto amato e ascoltato da moltissimi pediatri, e penso che possa fare molto e già lo sta facendo, La vorrei nel mio ambulatorio per una mattina...


Rita Tanas
Pediatria Ospedaliera Ferrara
marted�, 11 Maggio 2010, ore 08:31

Prevenire è meglio che curare
Per il 5 giugno prossimo a Salerno è stata organizzata una giornata di formazione per PdF su Obesità e S.Metabolica. Ci lasceremo ispirare dalle parole del Grande Maestro, Professor Panizon, e, insieme a ciò che comunque si deve sapere sull'argomento, cercheremo di far passare ai colleghi il messaggio che l'educazione delle famiglie alla prevenzione può essere più esaltante rispetto alla frustrazione del tentativo spesso vano, seppure necessario, di curare. Mai come in questo caso l'impegno dei pediatri può incidere sulla società e sulla salute delle prossime generazioni.


Paola Crisafulli
FIMP Salerno
luned�, 24 Maggio 2010, ore 22:19

Obesità e PdF
Abbiamo seguito con vivo interesse i contributi di Rita Tanas e Franco Panizon, nei numeri di marzo e aprile di Medico e Bambino, sul complesso tema dell’obesità. Già Marina Vignolo in “Gestire il soprappeso nel bambino” (Il Pensiero Scientifico Editore 2008) segnala quanto i pediatri di famiglia poco si impegnino nel contrastare il soprappeso e l’obesità infantile presso i propri ambulatori, mentre i centri specialistici di secondo e terzo livello non riescono a far fronte alla quantità di richieste.
Non essendo in grado di produrre alcun giudizio su questa situazione, desideriamo contribuire, come suggerito da Panizon, con le nostre esperienze.

Tanas afferma giustamente che ci sono programmi di terapia dell’obesità di provata efficacia segnalando l’ultima metanalisi Cochrane e la systematic review della USPSTF. Tuttavia, Luttikhuis scrive chiaramente che il successo delle terapie è misurato su tempi eccessivamente brevi senza pertanto valutare il possibile e probabile rebound; il revisore invita, quindi, all’esecuzione di studi meglio disegnati. La task force americana, come sempre in maniera rigorosa, affermò nel non lontano 2005 che era inutile effettuare uno screening della popolazione infantile per l’obesità perché mancavano terapie efficaci. Oggi, invece, afferma che questo screening può essere fatto in quanto è presente qualche evidenza di efficacia. Anche in questa revisione, se leggiamo con attenzione, i pochi interventi validati per le cure primarie, sono sempre inficiati dalla breve durata del follow-up, mentre gli interventi terapeutici più significativi hanno richiesto più ore/settimana di impegno di professionisti addestrati (psicologi, medici, nurse) per molti mesi con l’eventuale impiego di farmaci: un approccio improponibile nelle Cure Primarie.

È giusto che nelle cure primarie il pediatra si educhi al BMI, lo sappia interpretare, usare e spiegare alla famiglia. E, forse, c’è ancora molto da compiere in questo senso, come confermato anche da una recente indagine su suolo americano (Pediatrics 2010;125:265-72).

Sappiamo per esperienza che la pratica prescrittiva, quando si deve intervenire su una modificazione degli stili di vita e su abitudini radicate, non solo non è efficace, ma diventa un vero e proprio spreco di energie e di tempo: una delusione per il professionista a causa degli scarsi risultati ottenuti, mentre la famiglia si distanzia dal medico. Cambiare il nostro modo di agire, spogliarci della nostra medicina basata sulla capacità di persuasione, offrire alla famiglia la disponibilità a discutere e a costruire un intervento condiviso, dove i genitori e il bambino investono le proprie energie nel cambiamento, è una sfida che i pediatri di Reggio Emilia si sono proposti di affrontare anche attraverso un percorso formativo specifico. Questo modello di approccio motivazionale, segnalato anche nella bibliografia dell’articolo firmato da Tanas, non si insegna nelle Scuole di Specializzazione in Pediatria dove, sottolineiamo, non si insegnano nemmeno le abilità e le competenze di un pediatra delle Cure Primarie. Crediamo che questo sia un punto fondamentale che meriti molta riflessione.

Tanas accenna alla fine del suo interessante articolo, che l’impegno del pediatra deve essere affiancato da una serie di iniziative legislative e “ambientali” che favoriscano quegli stili di vita che i pediatri nei propri ambulatori propongono. Il built environment è un tema continuamente affrontato nei nostri ambulatori, quando, insieme alla famiglia dobbiamo costruire una strategia possibile (Current Opinion in Pediatrics 2010;22:202-7). Ma quanti anni o decenni ci vorranno per una presa di coscienza dei nostri urbanisti e amministratori pubblici su questo tema cruciale?

Non so chi di noi pediatri ha visitato le fiere internazionali dell’alimentazione a Parma (Cibus) o a Milano (Tuttofood). Oltre a conoscere di growth chart e BMI dovremmo imparare a comprendere di più della moderna industria alimentare. Nell’ultimo numero di FOOD, mensile specializzato del settore, leggiamo di ampi margini di miglioramento nei consumi di beverage analcolico con target specifico verso le famiglia (succhi e bevande zuccherate, per parlarci chiaro), e per di più con un assaggio di ciò che avverrà con i tanto decantati fortified food o i functional food (patatine fritte con sale iodato, per esempio) dopo il disastroso risultato ottenuto dai light food. Con la consapevolezza dell’enorme potere persuasivo dell’informazione pubblicitaria rivolta ai bambini dove si spendono miliardi di dollari all’anno riuscendo a modificare anche le capacità percettive dei consumatori di pochi anni di età (Arch Ped Adolesc Med 2007;161:792-7).

Ci impegniamo, e continueremo a farlo, nel confrontarci con i genitori più in difficoltà, con scarse capacità educative e con scarsa alfabetizzazione, famiglie che non sono in grado di riconoscersi nello stato di disagio in cui versano, che non leggono e non si informano e che aspettano la risoluzione dei loro problemi con la medicina prescrittiva a cui sono stati ben abituati. Oltre a invitare a ridurre il consumo di TV, anche se l’offerta di nuovi canali televisivi per la famiglia è in continua ascesa, stiamo proponendo la lettura condivisa in famiglia e a leggere con i bambini, abitudine che è associata a una riduzione del BMI (J Am Diet Assoc 2003;103:1298-305), oltre che a migliorare lo stato di Literacy di tutta la famiglia, base necessaria per ogni moderno intervento di tipo sanitario.

“Un abuso per incuria” come afferma Rita Tanas dovrebbe essere associato, ad esempio, anche al frequente non uso delle cinture di sicurezza in auto per i bambini nonostante l’ampia evidenza del rischio e delle informazioni che quotidianamente offriamo. Colpa, quindi, del pediatra che non si è sentito “buon padre di famiglia” oppure c’è qualcosa d’altro da tenere in conto?

Combattere l’obesità significa riflettere sullo stile di vita occidentale, modello che sta sempre più allontanandosi dalla natura della nostra specie. Giusto, giustissimo l’impegno in prima linea del pediatra di famiglia. Ma non aspettiamoci da questa figura professionale la risoluzione di un problema così complesso od un effetto misurabile a breve o lungo termine sulla intera popolazione pediatrica. Un pensiero non credibile e nemmeno più accettabile. Non possiamo, tuttavia, non concordare con quanto dice Panizon, che consideriamo un punto di riferimento professionale e un caro amico: “Certo, sarà la famiglia a decidere, a capire, a fare” e noi, pediatri dovremo offrire l’opportunità a questa famiglia di mettersi nelle condizioni di poter scegliere nel modo più consapevole possibile, la propria strada da percorrere.


Costantino Panza, Maura Caracalla, Anna Maria Davoli, Annarita Di Buono
Pediatri di famiglia
marted�, 1 Giugno 2010, ore 11:29

Obesità e PdF
La nuova situazione economica italiana e i tagli che si stanno attuando, purtroppo, rallenteranno ulteriormente un percorso di miglioramento ambientale di sostegno alla prevenzione dell'obesità. La mia Regione, per esempio, attualmente non si ineressa all'obesità e preferisce mirare alla cura degli Eating Disorder, che spesso sono da essa e dalla dieta scatenati o a essa associati. Non mi resta che sperare, e ringrazio i PdF di Reggio Emilia per l'impegno e il commento, che tutti i pediatri comincino o continuino a fare la loro parte, che ha un ruolo fondamentale. Se vogliamo che i nostri piccoli obesi diventino normopeso saremo sempre delusi e avviliti, se pensiamo che anche mantenere il peso o BMI percentile stabile con uno stile di vita un pochino più attivo di "tutta la famiglia" negli anni è un regalo di salute e benessere enorme, allora possiamo fare molto e otterremo molto.
Rita Tanas
Az Ospedaliero-Universitaria Divisione Pediatrica di Ferrara
gioved�, 10 Giugno 2010, ore 07:58

Obesity day
Come avevo previsto, dell'obesità non si parla più. 2 grandi studi di prevenzione/terapia di popolazioni a rischio elevato, bambine afro-americane, il GEMS Memphis e il GEMS Stanford, si sono chiusi con valutazioni negative dei loro splendidi risultati (Robinson TN, et al. e Kleges RC, et al. Arch Pediatr Adolesc Med. Nov 2010). I paesi dell'OCSE stanno definendo 3 progetti vincenti, capaci di dare risultati in poco tempo con meno di 1 euro a persona, sulla prevenzione nei Paesi poveri, dove obesità e comorbilità crescono senza che ci siano i mezzi per affrontarle (Cecchini M, Sassi F, Lauer JA, Lee YY, Guajardo-Barron V, Chisholm D. Tackling of unhealthy diets, physical inactivity, and obesity: health effects and cost-effectiveness. Lancet 2010;376:1775-84). Speriamo che almeno queste 3 strategie, affidate al governo, possano partire anche da noi. Mentre aspettiamo l'avvio delle strategie di comunità, cosa fare di quelle sul singolo individuo?
Rita Tanas
Pediatra, Ferrara
mercoled�, 15 Dicembre 2010, ore 17:34