Aprile 2008 - Volume XXVII - numero 4

Medico e Bambino


Editoriali

Le incerte sorti del Servizio Sanitario Nazionale

G.Tamburlini

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G.Tamburlini
Le incerte sorti del Servizio Sanitario Nazionale
Medico e Bambino 2008;27(4):210-213 https://www.medicoebambino.com/?id=0804_210.pdf


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Il futuro del SSN
Vorrei partecipare alla riflessione sul futuro del nostro SSN che Giorgio Tamburlini ha proposto.
Quello che proverò a dire è molto strettamente legato alla mia personale esperienza professionale e politica di questi non pochi anni ormai di lavoro e d’impegno.
La prima considerazione immediata e anche un po’ brutale è questa: partiamo dai bilanci, partiamo dalla loro trasparenza, dalla loro comprensibilità e giudichiamo su quanto viene investito e su che cosa, da qui valutiamo efficienza, appropriatezza, efficacia.
Il nostro becero aziendalismo meridionale (e non solo) ha contribuito a produrre in questi anni un peggioramento delle condizioni di salute della popolazione (ad es. in Campania) (obesità nei bambini, speranza di vita, mortalità evitabile, mortalità specifica per tumori) a fronte di una lievitazione di spese e costi. Ora ci troviamo di fronte alla necessità del rientro, affrontato con ragionieristico impegno (senza offesa per i ragionieri) e con commissari che calano a frotte sulla nostra regione con piglio autoritario ed efficientistico.
I bilanci della sanità sono difficilmente leggibili e credo, in mancanza di contabilità analitica, molto grossolanamente controllabili dagli stessi manager-commissari.
Se è però vero che nel 2007 il 47,5% dei bilanci sono ascrivibili a beni e servizi e alla spesa ospedaliera accreditata, quindi ad appalti, acquisti, …., specialistica e altra assistenza convenzionata (Oasi 2007 - Cergas Bocconi), se è vero che la spesa per la diagnostica e terapia tende a crescere per varie ragioni (offerta e domanda di sempre più raffinate e costose tecnologie, di farmaci “intelligenti”,…), se è vero che l’invecchiamento della popolazione tende a far crescere i costi assistenziali in generale, non posso che pensare che il futuro del SSN sia un futuro con risorse sempre più limitate e sempre più indirizzate ai bisogni di pochi (benestanti, anziani) rispetto alla popolazione in generale. Se questa prospettiva poi si applica alle regioni meridionali ed alla mia (Campania) in particolare, l’aziendalismo condito con l’incombente federalismo fiscale, produrrà con gli attuali paradigmi interpretativi, razionamento ed abbandono assistenziale per molti (disabili, anziani poveri, tossicodipendenti, malati mentali ecc.).
Allora ripartiamo dai bilanci, ripartiamo dall’efficienza, dall’appropriatezza e dall’efficacia.
Prima di ripartire però dobbiamo tentare di superare l’attuale paradigma fatto di domanda, offerta, valutazione di procedure al massimo, in cui i manager (compresi gli assessori al ramo) hanno più il ruolo di direttori di un supermercato (attenzione alle merci, al magazzino, agli acquisti, alla scadenza di prodotti) che non di tecnici attenti soprattutto alla governance della salute.
La governance della salute è però possibile in presenza di alcune condizioni imprescindibili (a parte un livello di tollerabile presenza per il sistema delle lobby affaristiche):
1) la presenza di un sistema consapevole di sanità pubblica in cui la valutazione dei risultati di salute sia elemento chiave per le decisioni e le valutazioni
2) un sistema di programmazione partecipata e definizione trasparente delle priorità di salute ai diversi livelli territoriali
3) in ultimo ma solo perché architrave di un nuovo paradigma, la rinnovata centralità degli esseri umani all’interno del sistema salute.

Tutti e tre questi elementi hanno bisogno di qualche ulteriore esplicitazione.
Il primo elemento, la necessità di un rinnovato sistema di salute pubblica:
a che serve l’epidemiologia se non a orientare, valutare, a ridurre in qualche modo razionale i gradi di libertà delle decisioni della politica e degli affari?
quale è oggi il ruolo degli osservatori, delle agenzie regionali, nell’orientare le politiche sanitarie e soprattutto i relativi bilanci?
Mi pare che siamo lontani da una trasparente valutazione e da un coerente sistema decisionale. I profili di comunità e poi?
Il secondo elemento, molto collegato al primo, la mancanza di una trasparente definizione delle priorità a diversi livelli territoriali: qui siamo, dal mio punto di vista campano e meridionale, all’anno zero, alla gestione da supermercato del sistema salute, nonostante i recenti “esercizi programmatori” dei Piani di Zona e dei Programmi delle Attività Territoriali.
Il terzo elemento, la necessità di un nuovo antropocentrismo della salute richiederebbe un’ampia trattazione che va al di questo intervento di riflessione e anche al di là delle mie personali capacità. Ma qualche elemento cercherò di darlo.
Partiamo dalle catene causali della salute e dai determinati riconosciuti: biologici, genetici, sanitari, sociali, ambientali. Partiamo anche dall’equità nella salute (definita come l’assenza di differenze nella salute associate sistematicamente - significativamente e persistentemente - al vantaggio/svantaggio sociale in termini di ricchezza, potere o prestigio), considerando che gli attuali differenziali sociali della salute sono obiettivi che se superati migliorerebbero la salute media in modo assolutamente significativo.
Fatto questo decidiamo quali poste vanno messe nel bilancio generale della salute, quanto deve essere destinato (non sprecato ma investito) al sistema sanitario, quanto al sistema sociale, quanto a quello educativo, quanto a quello dell’ambiente, per migliorare la condizione di salute di tutti i cittadini e investire nel capitale umano.
La condizione di salute di tutti i cittadini sta al centro e l’appropriatezza e l’efficacia orientano gli investimenti, che non sono per esempio sanitari per il sociale (ricoveri ospedalieri per bambini o anziani con disagio sociale), sanitari per l’ambiente (cure per le malattie respiratorie vs interventi per la mobilità o dosaggi della diossina vs bonifica ambientale) ecc.
Senza un cambiamento radicale del paradigma interpretativo, l’attuale sistema non potrà che fallire per mancanza di risorse, preda delle pressioni del mercato che orientano i bilanci della sanità più di quanto non facciano attualmente le priorità condivise di salute, l’appropriatezza e la valutazione dei risultati.


Giuseppe Cirillo
Pediatra, Napoli
venerd�, 26 Settembre 2008, ore 15:47