Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Marzo 2007 - Volume X - numero 3
M&B Pagine Elettroniche
Appunti di Terapia
Il
trattamento prenatale della toxoplasmosi congenita
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
L'infezione
da Toxoplasma gondii è una comune infezione da
parassiti, acquisita in seguito all'ingestione di oocisti, escrete
dai gatti e rimaste vive nella carne poco cotta di animali infetti.
La
trasmissione del parassita dalla madre al bambino avviene soltanto
quando l'infezione è acquisita per la prima volta durante la
gravidanza. Il rischio di trasmissione aumenta di molte volte con
l'aumentare dell'età gestazionale al momento
dell'infezione della madre. Complessivamente circa un terzo delle
madri infette mettono alla luce un neonato con toxoplasmosi.
Fortunatamente la maggior parte dei lattanti con toxoplasmosi
congenita si sviluppa normalmente, ma, secondo le vecchie ricerche,
più del 4% muore o presenta i segni di un danno neurologico
permanente o disturbi visivi bilaterali durante i primi anni di vita.
L'infezione
da toxoplasma in gravidanza è usualmente asintomatica e può
essere dimostrata soltanto dalle prove sierologiche. Nella maggior
parte dei Paesi europei vengono eseguite routinariamente le prove
prenatali per la toxoplasmosi congenita, in modo tale che le madri
infette possano essere trattate con antibiotici per ridurre il
rischio di trasmissione madre-prodotto del concepimento in caso si
abbia l'infezione fetale, in modo tale da ridurre la sofferenza del
bambino. Non esiste ancora alcun consenso su quale sia la strategia
di screening più efficace, sia sul miglior tipo di
trattamento. Esistono infatti incertezze sui benefici del trattamento
prenatale e preoccupazioni sugli effetti collaterali del trattamento
e sulle infrastrutture e i costi, necessari per implementare lo
screening prenatale: per tali ragioni sono seguite, a seconda del
Paese, diverse politiche assistenziali, che vanno da nessuno
screening, a screening neonatale e a screening neonatale con schedule
di re-testing mensile od ogni 3 mesi. Nei Paesi nei quali viene fatto
lo screening neonatale, differiscono anche le raccomandazioni per il
trattamento.
Nella
maggior parte dei Centri, inclusi anche quelli Francesi, la
spiramicina è prescritta immediatamente dopo che è
stata posta la diagnosi di toxoplasmosi materna; questo trattamento
viene cambiato con un altro, che si basa sull'impiego della
combinazione pirimetamina-sulfonamide, se viene diagnosticata
l'infezione fetale o se l'infezione è acquisita
tardivamente durante la gravidanza. Al contrario in Austria le madri
sono già inizialmente trattate con pirimetamina-sulfonamide
(dopo 15 settimane di gestazione) e si passa alla spiramicina se la
diagnosi fetale è negativa.
Fino a
oggi due riviste sistematiche hanno valutato l'effetto del
trattamento prenatale sulla trasmissione madre-bambino. Non è
stato eseguita nessuna prova randomizzata e gli AA non conoscono
nessuna prova, eseguita successivamente. La meta-analisi sull'effetto
del trattamento prenatale non è possibile con queste riviste,
per le differenze dei metodi analitici nei diversi studi e per le
modalità di aggregazione dei dati. D'altra parte sono stati
pubblicati nuovi dati osservazionali, come tre analisi, basate su
studi retrospettivi di coorte e sui risultati di un grande studio
prospettico multicentrico di coorte: nessuno di questi studi riporta
un significativo effetto del trattamento della trasmissione
madre/figlio, ma nessun può escludere importanti effetti da un
punto di vista clinico. I dati sugli effetti del trattamento
prenatale sul rischio di manifestazioni di toxoplasmosi congenita
(lesioni intracraniche e oculari) sono inconsistenti.
Per tutte
queste ragioni il SYROCOT (Sisyematic Review on Congenital
Toxoplasmosis), di cui fanno parte, per l'Italia, il gruppo
dell'Università di Napoli (Wilma Buffolano e A. Romano) e il
gruppo dell'Università di Milano (E. Semprimi e V. Savasi),
ha condotto una rivista sistematica di studi di coorte, basati sullo
screening universale per la toxoplasmosi congenita (The SYRICOT.
Effectiveness of trenatal treatment for congenital toxoplasmosis: a
meta-analysis of indiovidual patients' data. Lancet 2007,
369:115-22), per stabilire l'effetto della temporalizzazione
(timing) e del tipo del trattamento prenatale sulla trasmissione
madre-figlio dell'infezione e sulle manifestazioni cliniche nel
primo anno di vita.
In questa
rivista sono state incluse 26 coorti: da questo esame sono state
identificate con lo screening prenatale 1.438 madri; gli autori hanno
riscontrato una debole conferma che il trattamento, iniziato entro 3
settimane dalla sieroconversione, riduca la trasmissione madre/figlio
in confronto al trattamento iniziato dopo 8 settimane o più
(odds ratio aggiustato 0,48, 95% intervallo di confidenza da 0,28 a
0,80; p=0,05). Nei 550 nati vivi, infettati, identificati con lo
screening prenatale o neonatale, non sono state dimostrate prove che
dimostrino che il trattamento prenatale riduca significativamente il
rischio di manifestazioni cliniche (l'odds ratio fra i trattati e i
non trattati è risultato di 1,11 (IC 95% da 0,61 a 2,02).
L'aumento dell'età gestazionale al momento della
sieroconversione è risultato strettamente associato con un
aumentato rischio di trasmissione madre-figlio (odds ratio 1,15 con
IC 95% da 1,12 a 1,17) (vedi figura 1) e un diminuito rischio di
lesioni intracraniche (0,91; da 0,87 a 0,95), ma non di lesioni
oculari (0,97; da 0,93 a 1.00) (vedi Figura 2).
Figura
1. Rischio di trasmissione del Toxoplasma gondii dalla madre al
prodotto del concepimento a seconda dellìetà gestazione
al momento della sieroconversione della madre (Syricot, 2007)

Gli
autori concludono che vi sono deboli prove per un'associazione fra
trattamento precoce e ridotto rischio di toxoplasmosi congenita.
Considerazioni
personali
Nella
discussione, dopo aver commentato i risultati riscontrati durante lo
studio, gli stessi autori, tutti europei, enumerano numerose fonti di
errore, evidenziatesi durante l'elaborazione dei dati a
disposizione. Sorprendentemente essi escludono dalla metanalisi uno
studio di coorte dell'America (penso che intendano degli Stati
Uniti) e tre studi dell'America del Sud, per le differenze nel
carico della malattia fra la popolazione, nei ceppi di parassiti, nel
rischio di manifestazioni cliniche e nelle modalità con la
quale vengono valutate le lesioni intracraniche (tomografia
computerizzata negli USA contro ultrasuoni in Europa).
Essi
auspicano ripetutamente l'esecuzione di una grande prova clinica
randomizzata e controllata per fornire a clinici e a pazienti valide
certezze dei benefici potenziali del trattamento prenatale, perchè
ulteriori studi osservazionali è difficile che cambino questi
risultati.
Figura
2. Rischio di manifestazioni cliniche in bambini lattanti infettati
da Toxoplasma gondii secondo l'età della madre alla
sieroconversione (Syricot, 2007)

A parte
tutto questo, dalla lettura della pubblicazione si ricavano quattro
dati epidemiologici di grande importanza clinica e prognostica:
- Il rischio di trasmissione del Toxoplasma gondii dalla madre al prodotto del concepimento è direttamente proporzionale all'età gestazionale al momento della sieroconversione della madre, cioè al momento nel quale la madre viene in contatto con il protozoo (vedi figura 1). Questo dato, già in precedenza conosciuto, viene sottolineato e reso percentualmente valutabile dalla prima settimana di gestazione alla quarantesima. Ma nel contempo
- Il rischio delle lesioni intracraniche si riduce notevolmente (di oltre 4 volte) con l'aumentare dell'età gestazionale al momento della sieroconversione (vedi figura 2); in questo l'infezione congenita da Toxoplasma gondii si differenzia in modo netto dalla rosolia congenita, nella quale le conseguenze dell'infezione per l'embrione/feto sono tanto maggiori quanto più precoce è l'infezione;
- Parallelamente alla notevole riduzione del rischio di lesioni intracraniche, la riduzione del rischio di lesioni oculari è piuttosto scarsa (si riduce solo di circa un terzo) (vedi figura 2);
- Il rischio di morte fetale, per infezione da Toxoplasma gondii su 1.745 madri infette è stato molto basso, con 35 morti, pari al 2%, inferiore a quello che si riscontra correntemente in letteratura e che gli stessi autori riportano all'inizio della pubblicazione e riferentesi a studi nord-americani ed europei.
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