Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Gennaio 2007 - Volume X - numero 1
M&B Pagine Elettroniche
Appunti di Terapia
La
riduzione nell'uso di antibiotici diminuisce
l'antibiotico-resistenza?
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
Le comuni
infezioni delle vie aeree superiori, spesso acquisite in comunità,
sono in generale le principali ragioni nel bambino della prescrizione
di antibiotici. Ormai è accertato che l'uso e l'abuso di
antibiotico sono le più importanti ragioni dell'insorgenza
di resistenza in occasione delle malattie delle vie aeree del
bambino.
E' per
ovviare a questo fondamentale inconveniente che è stato
consigliato da parte di molte associazioni di ridurre l'uso di
antibiotici, facendone costantemente un impiego “giudizioso”.
Tuttavia, va rilevato che, nonostante una riduzione nel loro uso
complessivo, si è assistito di recente a un aumento del
consumo per alcuni di essi: questo fenomeno può avere delle
conseguenze negative sull'auspicata diminuzione della
antibiotico-resistenza in generale.
Sulla
possibilità di ridurre il fenomeno della resistenza ai farmaci
antibatterici, diminuendo l'uso degli antibiotici, è stato
pubblicato di recente un articolo che chiarisce sufficientemente il
problema: Dagan R, Barkai G, Leinovitz E, et al. Will
reduction of antibiotic use reduce antibiotic resistance? Pediatr
Infect Dis J 2006;25:981-6 (Dagan è il Presidente della
Società Europea di Malattie Infettive Pediatriche). Come
esempio viene studiato il fenomeno della resistenza del più
importante patogeno delle vie aeree, lo Streptococcus pneumoniae.
Le
infezioni invasive causate da ceppi di pneumococco altamente
resistenti (≥ 2 μg/ml) si associano spesso a mancata risposta al
trattamento e talvolta ad elevati gradi di letalità, in
confronto a infezioni, dovute ad agenti antibiotico-sensibili.
L'aumento costante della resistenza alla penicillina o a molti
degli antibiotici disponibili rappresenta oggi una vera e propria
minaccia per la salute dei bambini. Vi sono prove epidemiologiche che
suggeriscono che l'uso esagerato di antibiotici non solo aumenti il
rischio che un bambino alberghi e possa trasmettere pneumococchi
resistenti, ma che, di conseguenza, aumenti anche il rischio di
presentare malattie invasive da pneumococco, causate da ceppi
resistenti. Ovviamente nella diffusione di un ceppo resistente sono
in gioco altri fattori di rischio, quali la densità della
popolazione, i bassi livelli economici, l'età inferiore ai 5
anni e la frequenza all'asilo nido e alla scuola materna.
Studi
longitudinali suggeriscono che ceppi di pneumococco, inizialmente
suscettibili, di rado acquisiscono una resistenza de novo, durante il
trattamento antibiotico; il meccanismo che più spesso è
responsabile della comparsa di resistenza, durante l'uso di
antibiotici, sembra essere invece dovuto al fatto che l'antibiotico
mette in evidenza, eliminando i ceppi sensibili, la minima
concentrazione della sottopopolazione di ceppi resistenti, presenti
fin dall'inizio. Accade che successivamente alla selezione, attuata
dall'antibiotico, si manifesta la diffusione nella popolazione dei
ceppi resistenti.
La
differenza nell'uso di farmaci antibatterici da un Paese all'altro,
porta, come diretta conseguenza, alla comparsa di percentuali diverse
di patogeni antibiotico-resistenti, proporzionali all'impiego che
se ne è fatto. La selezione di batteri resistenti dipende
inoltre largamente dalla classe di appartenenza dell'agente
antimicrobico e dalla caratteristiche di farmacocinetica (cioè
del metabolismo del farmaco: dall'assorbimento, alla distribuzione,
alla clearance, all'emivita e alla biodisponibilità) e di
farmacodinamica (cioè dell'analisi della sua attività).
Sulla
base delle diverse caratteristiche è possibile identificare 5
diversi comportamenti (vedi Figura 3):
- la resistenza duplice (penicillina e macrolidi) o multipla, attraverso diversi meccanismi, è comune nello Streptococcus pneumoniae;
- la caratteristiche delle cefalosporine sono tali per cui molti dei ceppi di Streptococcus pneumoniae sono suscettibile a livello intermedio alla penicillina e che la maggior parte di quelli fortemente resistenti alla penicillina sono resistenti anche alle cefalosporine;
- la resistenza ai macrolidi è comune; i ceppi di Streptococcus pneumoniae resistenti ai macrolidi sono comunemente resistenti alla penicillina o sono multiresistenti
- l'azitromicina, un antibiotico ad azione prolungata, rimane nei tessuti dell'organismo a basse concentrazioni, anche per settimane (sic), esercitando un'elevata pressione antibiotica, a bassi livelli, sulla flora microbica;
- l'amoxicillina e l'amoxicillina-clavulanato a dosi elevate (80-100 mg/kg al giorno) sono ancora capaci di agire sulla maggior parte dei ceppi di pneumococco, presenti sia nel naso-faringe che in altre sedi.
Figura
1. Rappresentazione schematica delle conseguenze dei vari
antibiotici sulla comparsa di ceppi antibiotico-resistenti di
Streptococcus pneumoniae nella comunità (Dagan R, et
al. 2006)

Così
l'azitromicina, con la sua azione prolungata, ha il più alto
effetto promuovente la resistenza nella comunità, mentre il
più basso effetto è quello della amoxicillina ad alte
dosi (con o senza acido clavulanico) sullo Streptococcus
pneumoniae. Tuttavia conviene a questo punto ricordare che tutti
gli antibiotici (e quindi anche l'amoxicillina) promuovono la
resistenza, per cui la strada migliore è quella di evitare
l'uso di un qualsiasi antibiotico, quando questo sia possibile,
senza rischio per il bambino ammalato.
In vari
studi sull'uso di diversi antibiotici, condotti dagli autori per
studiare la sensibilità dello pneumococco prima e dopo il
trattamento, è risultato che la maggior parte dei ceppi di
Streptococcus pneumoniae non-sensibili alla penicillina,
risponde ancora ad alte dosi di amoxicillina, mentre essi sono
resistenti agli effetti dell'azitromicina e ad alte dosi di
cefalosporine (cefdinir).
La
dinamica dei ceppi di Streptococcus pneumoniae resistenti alla
eritromicina è ancora più impressionante. Sebbene alte
dosi di amoxicillina-clavulanato riducano lo stato di portatore di
ceppi eritromicino-resistenti, presenti durante e dopo il
trattamento, l'azitromicina aumenta lo stato di portatore di questi
ceppi. Lo studio dei ceppi presenti nelle vie aeree superiori a
distanza di diversi mesi dal trattamento ha dimostrato che nei
bambini, trattati con azitromicina, i ceppi eritromicino-resistenti
sono aumentati di 4 volte dopo un mese e di 3 volte dopo un altro
mese, in confronto ai bambini che avevano ricevuto un trattamento con
amoxicillina-clavulanato; solo dopo 3-4 mesi la situazione dei ceppi
in faringe divenne simile a quella di partenza (vedi Figura 2).
Questa situazione può essere responsabile di un aumentato
rischio di malattie, causate in bambini precedentemente trattati con
antibiotici che “promuovono la resistenza” in confronto a quelli
che non la promuovono. Due recenti studi, di cui uno degli stessi
Autori, confermano che questa possibilità può divenire
una realtà (Givon-Lavi N et al. 5° International
Symposium on Pneumococci and Pneumococcal Diseases; Vanderkooi
OG, et al. Clin Infect Dis 2005;40:1288-97).
Figura
2. Effetto a lungo termine di alte dosi di
amoxicillina-clavulanato versus azitromicina sullo stato di portatore
naso-faringeo di ceppi eritromicino-resistenti e multiresistenti di
Streptococcus pneumoniae, in bambini trattati per otite media
acuta (Dagan R et al, 2006).

Gli
Autori riportano un ulteriore studio da essi condotto per
approfondire queste ricerche: lo studio è stato eseguito negli
anni 1998-2003, in un periodo in cui vennero attuate, in 7 grandi
centri di cure primarie, 86.877 prescrizioni. Vennero studiati 1.415
campioni, prelevati dall'orecchio medio in soggetti con otite media
acuta. L'antibiotico più usato negli anni 1998-2000 fu
l'amoxicillina, associata o meno all'acido clavulanico, ma nel
2001 mentre si riduceva l'uso dell'amoxicillina, aumentava
l'impiego della azitromicina, che diveniva il secondo antibiotico
come frequenza di prescrizione, e delle cefalosporine (vedi
Figura 3). L'aumento della azitromicina dal 1998 al 2001 fu di
oltre 11 volte: qualcosa di analogo è avvenuto nell'Europa
occidentale, negli Stati Uniti e in Canada.
In linea
teorica la resistenza antibiotica si sarebbe dovuta ridurre quando il
trattamento complessivo degli antibiotici si fosse abbassato di circa
il 30%; tuttavia la penicillino-resistenza dello pneumococco non si
ridusse notevolmente, come ci saremmo aspettato; ugualmente l'uso
dell'amoxicillina (con o senza acido clavulanico) si ridusse dal
1998 al 2003 del 37%, ma di nuovo non ci fu alcun effetto sulla
penicillino-resistenza (vedi Figura 4 A). Invece l'aumento
nell'uso della azitromicina si associò fortemente a un
aumento della eritromiciono-resistenza e della multifarmaco
resistenza fra i campioni dai quali venne isolato lo Streptococcus
pneumoniae nelle otiti medie acute (vedi Figura 4 B).
Figura
3. Prescrizioni di farmaci antimicrobici per bambini ebrei in età
inferiore ai 5 anni nel sud d'Israele, 1998-2003.

Figura
4.
- Proporzione della penicillino-resistenza fra 1.425 isolamenti di Streptococcus pneumoniae da otiti medie acute di bambini ebrei al di sotto dei 5 anni, in relazione alle percentuali di prescrizione di amoxicillina negli anni 1998-2003.
- Proporzione della eritromicino-resistenmza fra 1.425 isolamenti di Streptococcus pneumoniae da otiti medie acute di bambini ebrei al di sotto dei 5 anni, in relazione alle percentuali di prescrizione di azitromicina negli anni 1998-2003

Il
potenziale dei macrolidi ad azione prolungata nel promuovere la
resistenza ai macrolidi è ben conosciuta da molti anni: i
macrolidi ad azione prolungata sono anche associati alla selezione di
ceppi resistenti alla penicillina, sia a livello di pazienti che di
popolazione (Boccia D. Eur J Clin Pharmacol 2004, 60:115-9;
Pantosti A, et al. Clin Infect Dis 2005, 40:1298-300).
Da tutto
questo risulta che i dati della letteratura confermano che per
ridurre l'antibiotico-resistenza, non è sufficiente ridurre
il consumo generale degli antibiotici. E' evidente inoltre che non
tutti gli antibiotici promuovono la resistenza dello Streptococcus
pneumoniae: L'amoxicillina (con o senza acido clavulanico),
specialmente ad alte dosi, è la meno pericolosa riguardo alla
promozione della resistenza, sia a livello individuale che della
popolazione. D'altra parte le cefalosporine per bocca e i macrolidi
a lenta eliminazione, come l'azitromicina, sono i più
pericolosi. Se l'uso di questi farmaci non è ridotto, è
facile che la resistenza al singolo antibiotico e la multiresistenza
continuino ad aumentare.
E' vero
che la vaccinazione contro lo pneumococco con il vaccino coniugato
riduce la prevalenza e l'incidenza sia dei ceppi resistenti alla
penicillina e ai macrolidi, sia delle malattie, causate da ceppi
resistenti, ma questo effetto benefico può essere
neutralizzato dal continuo alto uso di antibiotici, che possono
selezionare e promuovere i sierotipi antibiotico-resistenti, non
inclusi nel vaccino (come il tipo 19A).
Gli
Autori comunicano che questa pubblicazione è stata in parte
sostenuta dalla GlaxoSnithKline, dalla Wyeth e dalla Abbott.
Considerazioni
personali
La
pubblicazione è talmente chiara, ben documentata e ben scritta
che lascia poco spazio ai commenti.
Mi rimane
da aggiungere un'esperienza toscana di qualche anno fa. Come voi
sapete lo streptococco β-emolitico, gruppo A, non diventa mai
resistente alla penicillina e quindi anche alla amoxicillina; esso
tuttavia diviene facilmente resistente ai macrolidi. In una cittadina
a ovest di Firenze l'eccessiva prescrizione di macrolidi
(azitromicina soprattutto) portò in breve tempo la resistenza
dello streptococco ai macrolidi al 50-60% dei ceppi isolati; solo una
riduzione nella prescrizione di questo antibiotico nel periodo di
tempo successivo, ha fatto rientrare l'incidenza della resistenza
ai macrolidi nei limiti ufficiali.
Voglio
ricordare inoltre che la resistenza dello pneumococco alla
penicillina non è nel nostro Paese, così elevata come
in Spagna, Francia, Stati Uniti, Romania, Sud Africa e altri Paesi:
da noi la resistenza alla penicillina si aggira intorno al 12% di
tutti i ceppi isolati, di cui un terzo con livelli ≥ 2 μg/mL (cioè
un'elevata resistenza) e i due terzi con una resistenza lieve,
inferiore ai limiti sopra riportati e, quello che è
importante, ancora sufficiente per rendere aggredibile lo pneumococco
dalla amoxicillina, quando questa sia usata ai livelli massimi
(90-100 mg/kg).
Ciò
significa indirettamente che, salvo rare limitate eccezioni, l'uso
degli antibiotici era stato relativamente limitato nel nostro Paese.
Tuttavia il suo “uso giudizioso” è sempre auspicabile; ed
è da ricordare che quando decidiamo che merita adoperarlo,
esso deve essere usato alle dosi più alte e per il minor tempo
possibile.
Dosi
basse e per lunghi periodi di tempo sono assolutamente da evitare.
Dalla
lettura del lavoro di Dagan è possibile imparare molto; esso
andrebbe maggiormente diffuso.
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