Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Ottobre 2006 - Volume IX - numero 8
M&B Pagine Elettroniche
Appunti di Terapia
La
quarta dose di vaccino acellulare contro la pertosse a 5-7 anni d'età
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
Il famoso
dottor P. Olin è tornato a parlare dopo oltre 10 anni dalla
conclusione dello “Studio pertosse”, eseguito in Italia e in
Svezia con il vaccino acellulare contro la pertosse versus il vaccino
intero. A quello studio parteciparono per l'Italia alcuni eminenti
studiosi, ancor oggi presenti come combattenti attivi sul fronte
delle vaccinazioni: il dott. Donato Greco, che allora lavorava
all'Istituto Superiore di Sanità (ISS), la dott.ssa Stefania
Salmaso, la dott.ssa Marta Ciofi degli Atti e il dott. Alberto Tozzi,
anch'essi dell'ISS. Il lavoro dei ricercatori italiani viene
ancor oggi portato a esempio di studio ben ideato e ben condotto: è
uno dei vanti maggiori del nostro Paese nel campo della vaccinologia.
Grazie
alla somministrazione nel primo anno di vita di 3 dosi del vaccino
DTPa abbiamo assistito a un'evidente riduzione dei casi di pertosse
nei 5-6 anni dopo il completamento della schedula vaccinale. Con
questa vaccinazione è stata annullata la punta epidemica della
malattia, presente fra i 2 e i 4 anni di età. Tuttavia il
controllo il controllo della pertosse fra i bambini di pochi mesi non
ancora vaccinati non è stato ottenuto completamente.
Ugualmente non è stata ancora definita con precisione la
durata dell'immunità dopo la vaccinazione primaria con tre
dosi, anche se ormai tutti sanno che questa immunità diviene
evanescente dopo 5-6 anni e viene quasi completamente perduta dopo
7-8 anni.
Per
stabilire con maggiore precisione la durata delle difese conferite
dalla vaccinazione con il vaccino Pa a 3, 5 e 12 mesi, è stato
condotto questo studio (Gustafsson L, Hessel L, Storsaeter J, Olin P.
Long-term follow-up of Swedish children vaccinated with acellular
pertussis vaccines at 3, 5 and 12 months of age indicates the need
for a booster dose at 5 to 7 years of age. Pediatrics
2006;118:978-84).
Il
follow-up clinico dei casi confermati di pertosse, mediante coltura o
mediante reazione polimerasica a catena, fu iniziato nell'ottobre
1997 in Svezia. Lo studio di popolazione incluse il 90% dei bambini
svedesi, nati durante il 1996 o più tardi e vaccinati a 3, 5 e
12 mesi di età e bambini che avevano partecipato alla grande
prova contro la pertosse negli anni 1993-96. In Svezia venne usato il
vaccino a tre componenti della SKB negli anni 1996 e 1997, e il
vaccino della Sanofi Pasteur (Pentavac) a due componenti dal
1998 in poi. La copertura vaccinale a due anni è stata del
98%.
L'incidenza
complessiva dei casi di pertosse, confermati dalla coltura o dalla
reazione polimerasica a catena cadde da 113-150 casi/100.000 durante
gli anni 1992-93 a 11-16/100.000 durante gli anni 2001-4. Nelle aree
di sorveglianza l'incidenza della pertosse fu di 31 casi/100.000
fra i bambini che avevano avuto due dosi e di 19/100.000 persone anno
dopo la terza dose a 12 mesi di età. L'incidenza rimase
bassa nei successivi 5 anni dopo la terza dose, ma aumentò nei
bambini da 6 a 8 anni, passando a 32-48/100.000 persone anno
rispettivamente. La più alta incidenza fu tra i lattanti che
non erano stati vaccinati o che avevano ricevuto una sola dose del
vaccino DTPa.



Secondo
le conclusioni degli autori l'aumentata incidenza fra i 7 e gli 8
anni suggerisce un'evanescenza della protezione contro la pertosse,
indotta dal vaccino. Per l'aumentata incidenza fra i lattanti,
infettati dai fratelli più grandi, questi dati suggeriscono
una dose di richiamo del vaccino acellulare contro la pertosse fra i
5 e i 7 anni di età.
Considerazioni
personali
Fa
piacere constatare che in Svezia si è giunti dopo una decina
di anni dalla grande prova del vaccino DTPa, alle stesse conclusioni
che hanno portato in Italia all'indicazione, fin dall'inizio,
della necessità di una quarta dose (vedi calendario nazionale
del 7 aprile 1999) all'età di 5-6 anni, prima dell'entrata
nella scuola elementare. La corretta scelta italiana ha permesso di
risparmiare la pertosse e le sue conseguenze a un numero elevatissimo
di bambini; ricordo che una pertosse in un bambino dei primi mesi può
avere delle conseguenze che arrivano fino alla morte; ormai sappiamo
che l'80% delle morti per pertosse avvengono in bambini al di sotto
dei 6 mesi di età e che l'ospedalizzazione per pertosse
riguarda soprattutto bambini con pertosse nel primo anni di vita.
L'esperienza
italiana e svedese c'insegna anche che la vaccinazione contro la
pertosse deve essere, come prima dose, anticipata il più
possibile. Poiché il calendario italiano prevede la prima dose
di esavalente al terzo mese, e poiché il terzo mese va dal 61°
al 90° giorno, il servizio di vaccinazione e il pediatra debbono
fare ogni sforzo perché l'immunizzazione avvenga il più
possibile vicina al 61° giorno. Anche perché in un vecchio
lavoro della dott.ssa Edwards venne constatato che l'eventuale
presenza di anticorpi contro la pertosse, passati passivamente dalla
madre al nascituro, mentre “disturba” la vaccinazione con il
vaccino intero, non ha alcuna interferenza con l'immunizzazione
dopo la somministrazione del vaccino acellulare.
E ora
veniamo alla quarta dose, quella dei 5-6 anni: è una
vaccinazione importante per la pertosse, ma essenziale anche per la
difterite e il tetano: è questa l'ultima occasione per poter
somministrare al bambino l'anatossina difterica in dose piena. Al
di là del compimento dei 6 anni non è infatti più
possibile usare una dose piena, bisogna usare una dose ridotta di
10-20 volte con le conseguenze immunitarie che tutti possono
immaginare. Quindi a questa età va usato, come detto
chiaramente nella schedula del Piano Nazionale del maggio 2005, il
vaccino DTPa già usato per la vaccinazione primaria. Impiegare
a questa età il Boostrix (che contiene dosi ridotte di tutti
gli antigeni) vuol dire rinunziare a un rinforzo immunitario che deve
durare, quando va bene, per 10 anni. Ma chi ci assicura che poi
l'adolescente riceverà un richiamo di Boostrix
successivamente?
Concludendo
il lavoro di Olin conferma la bontà del nostro calendario, ma
non ci dice niente di più di quanto sapevamo già e
avevamo da un decennio già applicato. Ciò non toglie
che una conferma della bontà delle nostre scelte non faccia
sempre piacere, ma per noi italiani, senza offesa, è un po'
“come scoprire l'acqua calda”.
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