Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Novembre 2005 - Volume VIII - numero 9
M&B Pagine Elettroniche
Contributi Originali - Casi contributivi
Un
caso di convulsione protratta
1 SOC
Pronto Soccorso e Primo accoglimento, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste;
2 Clinica Pediatrica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
Indirizzo
per corrispondenza: giorgir@burlo.trieste.it
Abstract:
A feverish 15 months baby with a gastroenteritis came to the
Emergency Room because of a prolonged seizure started 15' before
access to the hospital. Vascular access proved impossible and in
spite of two administrations of rectal diazepam seizures continued
for more than 80'. The resolution of his status epilecticus became
possible only when an intraosseous access was performed allowing the
infusion of midazolam. The gastroenteritis was further complicated by
hypernatremic dehydration and by a virus related coagulopathy.
Starting form the case the different issues of seizures management,
intraosseous access, hypernatremic dehydration and virus related
disseminated coagulopathy are discussed.
Key
words: Prolunged seizures, hypernatremic dehydration,
intraosseous access
Mattia,
bambino di 15 mesi (circa 10 Kg di peso), giunge al pronto soccorso
(PS) in stato febbrile e convulsioni in atto. All'anamnesi si
rivela essere questo il primo episodio convulsivo. Mattia nei 3
giorni precedenti ha avuto febbre e diarrea, nelle ultime 24 ore
circa 20 scariche liquide compensate da una reidratazione orale con
2,4 litri di soluzione glucosalina commerciale. Alle 3 di notte la
mamma, richiamata la sua attenzione da rumori, trova Mattia a letto
rigido, prono, con revulsione dei bulbi oculari, privo di coscienza.
Prontamente si reca al PS dove arriva dopo circa 15 minuti.
All'osservazione
il bambino presenta: situazione di ipertono generalizzato, assenza di
coscienza, revulsione dei bulbi oculari, cute fredda, marezzata,
temperatura corporea 40.8°, frequenza cardiaca 198 bat/min,
restante obiettività negativa.
Viene
garantita al bambino l'ossigenazione con flusso 10 l/min ottenendo
una saturazione di ossigeno del 99%, somministrati paracetamolo 200
mg e diazepam 5 mg rettali.
Permanendo
lo stato convulsivo, dopo cinque minuti, seconda somministrazione di
diazepam 5 mg rettale. Passano 10 minuti, la crisi è continua
e per le difficoltà a reperire l'accesso venoso viene
chiamato l'anestesista; siamo oltre 30 minuti dall'inizio della
crisi.
Ore 4:
arriva l'anestesista, la vena non si trova ancora, si ricorre al
chirurgo per un possibile accesso venoso cruento. Ci troviamo in una
situazione di emergenza e non si riesce a realizzare quanto deciso in
tempi ottimali, il tempo scorre velocemente, l'attacco non
regredisce, il paziente è in 5 l/min di O2 con parametri
vitali stabili ma sempre in ipertono senza coscienza e la convulsione
dura ormai da 80 minuti.
La
pediatra, che ha preso il caso in carico dall'inizio, decide per
tutti e mette la prima intraossea della sua vita. Sono le ore 4.20,
l'accesso tibiale “classico” così ottenuto senza
difficoltà permette l'infusione di midazolam 2 mg (0,2 mg/
Kg). La crisi cessa dopo 5 minuti e si somministrano: 120 cc di
soluzione fisiologica in 20 min., 50 cc di mannitolo al 20 %.
L'infusione continua con Isolyte P 250 cc con 2 fiale di Ca
gluconato.
Gli esami
ematochimici rivelano: Na 174 mEql/l, Cl 139 mEq/l, K 2.9 mEq/l,
Creatinina 1.46 mg/dl, CPK 5420 U/l, LDH 4912 U/l, GOT 3191 U/l, GPT
2658 U/l, ferritina 1641 ng/ml, coagulazione, ematocrito e striscio
periferico nella norma, così come bilirubina, le gamma-GT,
l'aptoglobina e l'ammoniemia; si rileva una epatomegalia.
L'equilibrio acido-base evidenzia una acidosi mista con pH 7.10. Il
bambino viene trasferito in terapia intensiva, viene intubato per
alcune ore e si infondono plasma, piastrine, antivirali, antibiotici;
avviata nutrizione parenterale totale
L'ipernatriemia
di Mattia viene corretta inizialmente con un'infusione di soluzione
fisiologica e successivamente con soluzione idroelettrolitica
bilanciata con tempi lenti fino a che non riprende a bere.
Liberalizzando moderatamente l'apporto di liquidi per bocca si
assiste ad una riduzione della natriemia un po' più rapida
del previsto che peraltro non comporta fortunatamente alcun problema.
Si
definisce Stato di Male Epilettico (SME) un episodio convulsivo della
durata ≥ 30 min oppure il ripetersi di crisi intermittenti, in
assenza di recupero di coscienza tra esse, della durata complessiva ≥
30 min. Lo SME si presenta in 1/3 dei casi in un quadro di epilessia
già conosciuta, in 1/3 dei casi può rappresentare
l'esordio di una epilessia e nel 1/3 rimanente è causato da
insulti acuti a carico del SNC. Tra le possibili cause ricordiamo: le
convulsioni febbrili, le infezioni, l'epilessia, il trauma, le
neoplasie del SNC, i disordini metabolici, le cerebropatie,
l'avvelenamento-tossicità da farmaci.
Merita
sottolineare che di fronte ad un quadro di SME accompagnato da febbre
deve essere valutata l'ipotesi di una possibile meningite. Infatti,
come evidenziato da un'analisi pubblicata su Archive Disease
Children del 2005, effettuata su 49 soggetti con stato di male
epilettico e febbre, si dimostra che la popolazione a rischio di
meningite batterica è significativamente più alta nei
pazienti con vero e proprio stato di male rispetto ai pazienti con
brevi convulsioni in corso di febbre (17% v 1,2 %)(1).
Ad ogni
buon conto, quando ci si trova davanti ad una crisi convulsiva la
prima cosa da fare è la valutazione e la stabilizzazione del
paziente secondo l'ABC (Airways, Breath, Circulation); fondamentale
è inoltre interrompere tempestivamente l'attività
convulsivante considerando sempre la protezione delle vie aeree e
l'eventuale ricorso al sondino orogastrico, valutare e correggere
possibili condizioni scatenanti e prevenire complicanze sistemiche e
la ricorrenza delle crisi o lo stato di male refrattario (crisi della
durata >60 min.).
Di fatto,
la ricorrenza delle crisi sembra essere condizionata non soltanto
dalla durata dello stato di male ma anche dalla concomitanza di una
eventuale patologia neurologica di base. Uno studio prospettico
condotto su una popolazione di 30 pazienti con febbre e convulsioni
durate per più di 30 minuti (nessuno dei quali ha presentato
esiti fatali o sequele neurologiche) ha messo in evidenza come il
gruppo di pazienti (20%) che presentava di base una patologia
neurologica presentasse con maggiore frequenza una successiva
ricorrenza degli episodi convulsivi. Insulti a carico del sistema
nervoso precedenti lo stato di male possono rappresentare importanti
fattori di rischio per la ripetitività degli episodi
convulsivi. Questo si dimostra anche nei casi in cui non vi sia la
concomitanza della febbre (2).
Inoltre,
una recente casistica riportata su Neuropediatrics (giugno
2005) condotta su 234 pazienti dimostra come la pre-esistenza di
insulti neurologici acuti o di malattie neurologiche progressive
correli significativamente con un peggiore outcome valutato in
termini di esiti fatali o gravi sequele neurologiche (OR= 33.68).
Questo studio, inoltre, rivela un'associazione tra la durata dello
stato di male, in particolare se maggiore di 2 ore ed il rischio di
sequele neurologiche (3).
In
conclusione, la prognosi in questi casi è condizionata dalla
causa scatenante la crisi convulsiva e dalla sua durata, ma anche
dall'eventuale patologia neurologica di base. Inoltre, più
lunga è la crisi più è complicato trattarla. In
generale, la mortalità si aggira intorno al 4 % e le sequele
neurologiche (epilessia, deficit motori, difficoltà di
apprendimento e problemi comportamentali) si hanno nel 6 % dei casi
sopra i 3 anni e nel 29 % sotto l'anno (4).
I farmaci
utilizzabili in corso di crisi convulsiva sono: le benziodiazepine
(diazepam 0,3 mg/Kg, lorazepam 0,1 mg/Kg, midazolam 0,2 mg/Kg), la
fenitoina: 18-20 mg/Kg e il fenobarbitale 20 mg/Kg. Fondamentale è
ricordare che per il midazolam possono essere utilizzate vie di
accesso alternative alla somministrazione parenterale. Pertanto, nel
caso si dimostri difficile reperire un accesso venoso si può
ricorrere alle somministrazioni intranasale, orale o intramuscolo del
suddetto farmaco sfruttandone la idrosolubiltà.
Un lavoro
pubblicato su Lancet 1999 infatti evidenzia che, sia il
midazolam per os che il diazepam rettale, sono ugualmente efficaci
nel trattamento degli attacchi; il primo risolve l'attacco nel 75%
dei casi e il secondo nel 59% (5).
Da una
casistica pubblicata, su Epilepsy Behaviour 2004 si desume
inoltre che il Midazolam intranasale (0,2 mg/Kg) e il Diazepam
endovena (0,2 mg/Kg) sono egualmente efficaci nel trattamento
dell'attacco acuto nei bambini con un tempo medio di risoluzione
del quadro di 3,58 minuti per il midazolam e 2,94 minuti per il
diazepam. Tale differenza si dimostra non significativa tenendo anche
conto del tempo necessario per reperire l'accesso venoso (6).
Il
midazolam im (0.2 mg/kg), inoltre, sembra portare ad una più
rapida risoluzione dell'attacco rispetto al Diazepam ev grazie alla
più facile via d'accesso (7).
Un'altra
via di somministrazione a cui si pensa poco (come si evince dal caso
di Mattia) è l'intraossea. Quando l'accesso vascolare è
difficoltoso va ricordato che questa rappresenta una valida via di
somministrazione per qualsiasi farmaco e per boli di fluidi. Si
tratta di un accesso facilmente reperibile, l'osso in sostanza può
essere visto come una grossa vena che non collassa mai, a cui bisogna
pensare in emergenza. Formalmente questa via va sfruttata secondo le
raccomandazioni del PALS nel paziente in emergenza (shock, arresto)
dopo 90 secondi di tentativi infruttuosi di ricerca di un accesso
venoso (8). E' anche formalmente indicata dalle linee guida sul
trattamento dello stato di male in assenza di accesso venoso (9).
L'intraossea
ha letteratura per lo più sotto i 6 anni ma è efficace
a tutte le età. I possibili rischi riguardano infezioni quali
osteomielite e cellulite, sindrome da comparto (l'ago passa l'osso
da parte a parte con stravaso distrettuale e rischio di ischemia).
Per questo si raccomanda disinfezione accurata prima di posizionare
l'ago e fissaggio dell'ago stesso con tegaderm trasparente
monitorando eventuali stravasi; va da se che per ridurre il rischio
di infezione la via deve essere rimossa il prima possibile appena
reperito un accesso venoso. Diverse sono le sedi possibili di
accesso. La sede “classica” si localizza 2 cm sotto la tuberosità
tibiale lungo la linea mediana (Figura 1); sedi alternative si
repertano, invece, 2 cm sopra e 1 cm anteriormente al malleolo
mediale tibiale, sulla linea mediana del femore distale, 2-3 cm sopra
gli epicondili e sulla spina iliaca anteriore superiore. Le possibili
controindicazioni sono traumi locali (fratture), ustioni e malattie
dell'osso come osteogenesi imperfecta, osteopetrosi e osteoporosi
(Tabella 1)

| Osteomielite
Cellulite |
| Frattura
Ustioni |
| Osteogenesi
Imperfecta
Osteopetrosi
Osteoporosi |
In
conclusione per quanto riguarda la terapia anticonvulsivante si può
procedere per steps :
1)
diazepam ev 0,3 mg/Kg a velocità <2 mg/min (max 10 mg dose)
o Lorazepam ev 0,1 mg/Kg a velocità < 2 mg/min ( max 4 mg
dose). In alternativa all'accesso venoso diazepam rettale 0,5 mg/Kg
(max 20 mg), midazolam im 0,2 mg/Kg
- Attesa
di dieci minuti -
2) Se non
risoluzione: ripetere la dose eventualmente alternando i farmaci
3) Se
persiste la crisi convulsiva: fenitoina ev 18-20 mg/Kg a velocità
<1 mg/Kg/min (max singola dose 1 g) o fenobarbitale ev 20 mg/kg a
velocità di 1-2 mg/Kg/min (max singola dose 1 g).
- Nel
caso non sia reperibile l'accesso venoso usare la via intraossea -
4) Se non
miglioramenti passare alla terapia dello stato di male refrattario.
In linea
teorica (ma anche nella pratica per l'evenienza disponibile) il
lorazepam è da preferire al diazepam per la maggiore durata
d'azione (grosso modo 12 ore contro un'ora), senza maggior
rischio di depressione respiratoria.
Nel caso
di stato epilettico refrattario al fine di prevenire la ricorrenza
delle crisi si può indurre un'anestesia generale con
barbiturici o con l'inalazione di anestetici (Isofluorano),
mantenendo un supporto cardiorespiratorio con intubazione
endotracheale e miorilassanti ed un monitoraggio continuo
cardiorespiratorio con ossimetria pulsatile e controllo EEG.
Quando il
trattamento dello stato epilettico prevede la scelta del midazolam,
questo si usa in bolo venoso 0,15 mg/Kg (150 gamma/Kg), proseguendo
con infusione venosa di 0,03-0,3 mg/Kg/ora (0,3 mg/kg/ora pari a 5
gamma /Kg /min). Tale infusione va aumentata di 1 gamma/Kg/min ogni
15 min fino ad un massimo di 5 gamma/Kg/min alla prima ora e
successivamente fino ad un massimo di 7 gamma /Kg/min.
Indispensabile
è anche stabilire una terapia infusionale in relazione allo
stato del paziente: va impostata una glucosalina 2-3 ml/Kg/ora,
glucosio 0,5-1 gr/Kg se vi è un'ipoglicemia, vitamina B6 100
mg se il paziente è di età < 2 anni, Naloxone 0,1
mg/Kg se si sospetta l'ingestione di narcotici e vitamina B1 (100
mg) se è presumibile l'ingestione di alcolici.
Un
ulteriore spunto offerto dal caso è quello della
disidratazione ipernatriemica. In questo senso ci limitiamo a
ricordare che nella correzione della disidratazione ipernatriemica il
ripristino del volume si ottiene con infusione di fisiologica 20
ml/Kg in 20 min (ripetibile). Successivamente va ottenuta una discesa
lenta del Na per evitare il rischio dell'edema cerebrale seguendo
la regola del 12 ovvero la riduzione del Na deve essere inferiore a
12 mEq/L/die (10,11). La soluzione di scelta da far seguire alla
fisiologica secondo le indicazioni dell'ultima edizione del Nelson
è rappresentata da una diluizione di soluzione fisiologica in
destrosio al 5% (D5). In particolare:
-
Neonato: _ D5 in SF con aggiunta di 20 mEq di KCl;
- Bambino
> 3aa: _ D5 in SF con aggiunta di 20 mEq di KCl (12).
Infine,
riteniamo doveroso commentare le importanti alterazioni
laboratoristiche dell'emocromo e della coagulazione che si sono
evidenziate nel caso di Mattia.
Di fatto,
si è trattato verosimilmente solo di una gastroenterite
complicata da ipernatriemia e stato di male, ma, mentre alcuni dati
di laboratorio possono essere facilmente spiegati (CPK elevate da
convulsione protratta e da ipernatriemia stessa), per altri è
più difficile trovare una causa (anemia, piastrinopenia,
coagulopatia, iperferritinemia). Per questo motivo è stato
eseguito un doveroso approfondimento diagnostico che ha negato
ipotesi meno verosimili: meningite, encefalite, sindrome di Reye o
altra patologia metabolica, epatiti virali, pur improbabile sindrome
da attivazione macrofagica. Abbiamo, quindi, concluso per un quadro
di infezione virale complicata da una “endotelite”.
In
letteratura esistono diversi studi e case-reports che documentano una
associazione tra infezione virale e l'innesco di una attività
procoagulante mediata dal danno a carico dell'endotelio vascolare.
Il virus che più frequentemente viene chiamato in causa in
questo processo è quello della varicella, tanto che alcuni
ritengono che la CID possa rappresentare una complicanza di tale
patologia insieme alla ARDS e alla rabdomiolisi (13,14).
Tra gli
altri virus che si dimostrano coinvolti nell'indurre un quadro di
endotelite con discoagulopatia in senso procoagulante (verosimilmente
riconducibile all'induzione di espressione del fattore estrinseco)
vanno ricordati ancora sia virus respiratori che gastro-intestinali
quali i virus influenzali, parainfluenzali, VRS, gli adenovirus, il
CMV, poliovirus, echovirus e coxsackie (15- 17).
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