Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Dicembre 2007 - Volume X - numero 10
M&B Pagine Elettroniche
Pediatria per l'ospedale
Fisiopatologia
della vitamina D (Seconda parte)
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
Gli
anni passano e le conoscenze sulla vitamina D e sulle sue infinite
attività aumentano di continuo. Il rachitismo vitamina
D-deficiente è solo la più appariscente delle
manifestazioni: oggi sappiamo che la deficienza di vitamina D
nell'adulto può precipitare o aggravare l'osteopenia e
l'osteoporosi, tanto da aumentare il rischio di fratture. Ma i
rapporti fra vitamina D e difese anti-infettive occupano ormai un
spazio notevole nella letteratura medica e pediatrica in senso
stretto. Holick MF. ha rivisto del tutto di recente le conseguenze
della mancanza di vitamina D in un Medical progress (Holick MF.
Vitamin D deficiency. N Engl J Med 2007, 357:266-81). Rivediamo
insieme con lui, gli aspetti nuovi di questa vitamina essenziale.
Azione
non scheletrica della vitamina D
L'encefalo,
la prostata, il seno e i tessuti del colon, come anche le cellule
immuni hanno un recettore della vitamina D e rispondono
all'1,25-diidrossivitamina D, la forma attiva della vitamina D.
Inoltre alcune di queste cellule e tessuti esprimono l'enzima
25-idrossivitamin D-1α-idrossilasi.
Direttamente
o indirettamente l'1,25-diidrossivitamin D controlla più di
200 geni, inclusi i geni responsabili della regolazione della
proliferazione cellulare, della differenziazione, dell'apoptosi e
della angiogenesi. Essa diminuisce la proliferazione cellulare sia
delle cellule normali che delle cellule cancerose e induce la loro
differenziazione terminale. Un'applicazione pratica è l'uso
dell'1,25-diidrossi vitamina D3 e dei suoi analoghi attivi per il
trattamento della psoriasi.
L'1,25-diidrossi
vitamina D è anche un potente immuno-modulatore. Monociti e
macrofagi esposti a un lipopolisaccaride o al Mycobacterium
tuberculosis attivano il gene del recettore della vitamina D e il
gene della 25-idrossivitamin D-1α-idrossilasi. L'aumentata
produzione dell'1.25-diidrossi vitamina D3 porta alla sintesi della
catelicidina, un peptide capace di distruggere il Mycobacterium
tuberculosis come altri agenti infettivi.
Quando i
livelli sierici di 25-idrossi vitamin D scendono al di sotto dei 20
ng per millilitro (50 nmole per litro) monociti e macrofagi sono
inibiti a iniziare la risposta immune innata: questa constatazione
può spiegare perché i neri americani, che sono spesso
vitamina D deficienti, sono più soggetti a contrarre la
tubercolosi in confronto ai bianchi, e tendono ad avere forme più
aggressive della malattia. L'1.25-diidrossi vitamina D3 inibisce la
sintesi della renina, aumenta la sintesi dell'insulina e aumenta la
contrattilità miocardia (vedi Figura 2).
Figura
2. Metabolismo della 25-idrossi vitamina D a l'1.25-diidrossi
vitamina D per funzioni non scheletriche.
Quando un
macrofago o un monocita viene stimolato attraverso il suo toll-like
recettore 2/1 (TLR2/1) da un agente infettivo, come il Mycobacterium
tuberculosis o il suo polisaccaride, il segnale attiva
l'espressione del recettore della vitamina D (VDR) e la
25-idrossivitamin D-1α-idrossilasi (1-OHase). Un livello di 30 ng di
25-idrossivitamina (25(OH)D) per millilitro (75 nmole per litro) o
livelli più alti, fornisce adeguato substrato per 1-OHase per
convertire la 25(OH)D nella sua forma attiva, l'1,25-diidrossi
vitamina D (1,25(OH)2D). L'1,25(OH)2D arriva al nucleo dove aumenta
l'espressione della catelicidina, un peptide capace d'indurre
l'immunità innata e la distruzione degli agenti infettivi,
come il Mycobacterium tuberculosis. E' facile che
l'1,25(OH)2D, prodotta nei monociti e nei macrofagi, sia liberata
per agire localmente attivando i linfociti T che regolano la sintesi
delle citochine, e attivando i B linfociti, che regolano la sintesi
delle immunoglobuline. Quando il livello di 25(OH)D è intorno
a 30 ng/ml, è ridotto il rischio di presentare uno dei cancri
più comuni, quello del colon. Si pensa che la produzione
locale di 1,25(OH)2D nel seno, nel colon, nella prostata e in altri
tessuti, regoli una varietà di geni che controllano la
proliferazione, inclusi i p21 e p27, e altri geni che inibiscono
l'angiogenesi e inducono la differenziazione e l'apoptosi. Una
volta che l'1,25(OH)2D abbia completato il suo compito di mantenere
una normale proliferazione e differenziazione cellulare, essa induce
l'espressione dell'enzima 25-idrossivitamin D-24 idrossilasi
(24OHasi, che aumenta il catabolismo dell'1,25(OH)2D in acido
calcitroico biologicamente inerte. Così l'1,25(OH)2D,
prodotta localmente, non entra in circolo e non influenza il
metabolismo del calcio. La ghiandola paratiroide ha un'attività
1-OHasi; la produzione locale di 1,25(OH)2D inibisce l'espressione
e la sintesi dell'ormone paratiroideo. L'1,25(OH)2D prodotta nel
rene entra in circolazione e può regolare verso il basso la
produzione di renina nel rene e stimolare la secrezione d'insulina
nelle cellule beta delle isole del pancreas.
Latitudine,
deficienza di vitamina D e malattie croniche
Cancro
Le
persone che vivono ad alte altitudini hanno un aumentato rischio di
linfoma di Hodgkin e di cancro del colon, del pancreas, della
prostata, delle ovaie, del seno e in altri organi, rispetto alle
popolazioni che vivono ad altitudini più basse. Studi
prospettici e retrospettivi indicano che i livelli di 25-idrossi
vitamina D al di sotto dei 20 ng per millilitro (50 nmole per litro)
si associano a un aumento del 30-50% di rischio d'incidenza di
cancro del colon, della prostata, del seno, insieme a un'alta
mortalità per questi cancri. Un'analisi su 32.826 soggetti
mostrò che l'odds ratio per il cancro del colon era
inversamente associata ai livelli sierici mediani di 25-idrossi
vitamina D.
Uno
studio prospettico dell'introiti di vitamina D e del rischio di
cancro del colon nel 1954 mostrò una relazione diretta:
rischio relativo di 1 quando l'introito di vitamina D era da 6 a 94
UI al giorno e rischio relativo di 0,53 (quindi protettivo) quando
l'assunzione era di 233-652 UI al giorno. In un altro studio si è
osservato, in presenza di una concentrazione di 25-idrossi vitamina D
inferiore a 12 ng/ml (30 nmole per litro), un aumento del rischio del
cancro del colon, in un periodo di controllo di 8 anni.
In uno
studio in uomini con cancro della prostata, la malattia si sviluppò
3-5 anni dopo negli uomini che lavoravano all'aperto in confronto a
quelli che lavoravano in ambienti chiusi.
In 980
donne le assunzioni più alte di vitamina D si correlavano con
un rischio inferiore del 50% di cancro del seno.
Bambini e
giovani adulti che si esponevano maggiormente alla luce del sole
avevano una riduzione del 40% di linfoma non Hodgkin e un ridotto
rischio di morte per melanoma maligno, in confronto a quelli che si
esponevano meno al sole (N.B. ricordo che studi recenti hanno
dimostrato un'elevata incidenza di melanoma maligno in soggetti che
in precedenza avevano subito delle estese ustioni solari:
probabilmente il troppo poco fa altrettanto male del troppo).
L'enigma
in questo caso è il seguente: poiché il rene regola
strettamente la produzione di 1.25-diidrossi vitamina D, perché
i livelli sierici non aumentano in risposta a un'aumentata
esposizione alla luce del sole o a un aumentato introito di vitamina
D? D'altra parte in uno stato di insufficiente apporto di vitamina
D, i livelli di 1.25-diidrossi vitamina D sono spesso normali o
anche elevati. La facile spiegazione è che il colon, la
prostata, il seno e altri tessuti manifestano l'enzima
25-idrossivitamina D-1α-idrossilasi e producono 1,25-diidrossi
vitamina D localmente per controllare i geni che aiutano a prevenire
cancri, frenando la proliferazione cellulare e la differenziazione.
E' stato suggerito che se una cellula diviene maligna,
l'1.25-diidrossi vitamina D può indurre apoptosi e previene
l'angiogenesi, riducendo la possibilità per le cellule
maligne di sopravvivere. Una volta che l'1,25-diidrossi vitamina D
abbia completato queste funzioni, essa inizia la propria distruzione,
stimolando il gene CYP24 a produrre acido calcitroico inattivo. Ciò
garantisce che l'1,25-diidrossi vitamin D non entra nella
circolazione e non influenza quindi il metabolismo del calcio. E'
questa una plausibile spiegazione del perché l'aumentata
esposizione al sole e ad alti livelli di 25-idrossivitamina D si
associ a un diminuito rischio di patologia tumorale.
Malattie
autoimmuni, osteoartriti e diabete
La vita a
elevate altitudini aumenta il rischio di diabete tipo 1, sclerosi
multipla e malattia di Crohn. Vivendo al di sotto dei 35 gradi di
latitudine, per i primi 10 anni di vita, si riduce il rischio di
sclerosi multipla di circa il 50%. Fra le donne e gli uomini bianchi,
il rischio di sclerosi multipla si riduce del 41% per ogni aumento di
20 ng/ml di 25-idrossivitamina D, al di sopra di circa 24 ng/ml (60
nmole per litro) (odds ratio 0,59; IC 95%:0.36- 0.97; P =
0,04). Donne che ingerivano più di 400 UI di vitamina D al
giorno hanno una riduzione del 42% del rischio di sviluppare sclerosi
multipla. Osservazioni simili sono state fatte per l'artrite
reumatoide e l'osteoartrite.
Molti
studi suggeriscono che la somministrazioni di un supplemento di
vitamina D ai bambini riduce il rischio del diabete tipo 1.
Aumentando gli introiti di vitamina D durante la gravidanza, si
riduce lo sviluppo degli anticorpi anti-insule nei figli. In
Finlandia in 10.366 bambini, che ricevevano 2000 UI di vitamina D al
giorno durante il primo anno di vita e seguiti per 31 anni, è
stato notata una riduzione del rischio di diabete tipo 1 di circa
l'80% (RR: 0,22; IC 95%:0,05-0,89). Fra bambini con deficienza di
vitamina D, il rischio è aumentato di circa il 200% (RR: 3; IC
95%:1-9). In un altro studio la deficienza di vitamina D aumentò
la resistenza all'insulina, diminuì la produzione d'insulina
e si associò a sindrome metabolica. In un altro studio ancora,
la combinazione di assunzione giornaliera di 1200 mg di calcio e di
800 UI di vitamina D abbassò il rischio di diabete tipo due
del 33% (rischio relativo di 0,67; IC 95%:0,29-0,90), in confronto a
un introito giornaliero di meno di 600 mg di calcio e di 400 UI di
vitamina D.
Malattie
cardiovascolari
La vita a
più alte latitudini aumenta il rischio di ipertensione e di
malattie cardiovascolari. In uno studio in pazienti con ipertensione,
che vengono esposti a raggi ultravioletti B tre volte alla settimana,
per 3 mesi, i livelli di 25-idrossi-vitamina D aumentano di circa il
180%, e la pressione arteriosa (sia sistolica che diastolica)
diminuisce (di 6 mm di Hg). La mancanza di vitamina D si associa a
insufficienza cardiaca congestizia e ad aumento dei livelli ematici
dei fattori dell'infiammazione, inclusa la proteina C reattiva e
l'interleuchina 10.
Mancanza
di vitamina D e altre malattie
Schizofrenia
e depressione
La
deficienza di vitamina è stata collegata con un'aumentata
incidenza di schizofrenia e depressione. Mantenere una sufficiente
quantità di vitamina D in utero e durante la prima parte della
vita, per soddisfare l'attività trascrizionale dei recettori
della vitamina D nel cervello, può essere importante per lo
sviluppo del cervello, come per mantenere una buona funzione mentale
più tardi nella vita.
Funzione
polmonare e wheezing
Uomini e
donne con livelli di 25-idrossivitamina D al di sopra dei 35 ng/mL
(87 nmole per litro) hanno un aumento di 176 mL di FEV1 (volume
espiratorio forzato). Bambini di donne viventi all'interno delle
città con una deficienza di vitamina durante la gravidanza,
sono ad aumentato rischio di wheezing.
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