Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
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Appunti di Terapia
Immunogenicità
del vaccino contro l'influenza in bambini da 6 a 23 mesi
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
Per i
bambini dai 6 ai 23 mesi è presente un rischio elevato di
ospedalizzazione per influenza (Neuzil KM, et al. N Engl. J Med 2000;342:225-31). La vaccinazione contro l'influenza è la
modalità principale per ridurre l'effetto della malattia sui
bambini, per i quali il vaccino si è dimostrato sicuro ed
efficace (Colombo C et al. Rev Epidemiol Sante Publique
2001;49:157-62). Per queste ragioni l'Advisory Committee on
Immunization Practices (ACIP) ha raccomandato che, a partire
dall'autunno del 2004 i bambini da 6 mesi a 23 mesi ricevano tutti
il vaccino trivalente inattivato contro l'influenza (TIV) (CDC.
MMWR Recomm Rep 2004;53(RR06):1-40). Per questo gruppo di bambini,
che non erano stati mai vaccinati, sono necessarie due dosi per avere
una risposta protettiva. Tuttavia va considerato che somministrare
due dosi a bambini da 6 a 23 mesi nel periodo di tempo fra settembre
e novembre è effettivamente molto impegnativo: nell'anno
precedente (2003) la proporzione di bambini che avevano ricevuto 1
dose era quasi il doppio di quella che avevano ricevuto due dosi al
27 dicembre di quell'anno (27% contro il 15%).
Capita
spesso che venga eseguita un'immunizzazione parziale (cioè
con una sola dose) con il vaccino contro l'influenza anche nei
bambini ad alto rischio (al di sotto dei 9 anni) che si vaccinino
nella prima volta.
Invece
della somministrazione di due dosi di TIV in autunno, molti
ricercatori hanno seguito una via alternativa, basandosi sul concetto
che la somministrazione di una dose in primavera può
immunizzare i lattanti a sufficienza per far sì che una
singola dose di TIV possa essere necessaria nella stagione
influenzale successiva (Walter EB, Neuzil KM, Zhu Y, et al. Influenza
vaccine immunogenicity in 6- to 23-month old children: are identical
antigens necessary for priming?. Pediatrics 118:e570-8,
2006).
In
precedenza era stato riportato dagli stessi autori che la risposta
anticorpale e la percentuale di reattogenicità era simile in
bambini da 6 a 23 mesi che avevano avuto due dosi di TIV, a distanza
di un mese l'una dall'altra, in autunno, in confronto con una
schedula che prevedeva una dose di TIV in primavera, seguita 6 mesi
dopo da una dose in autunno, contenente lo stesso antigene
influenzale (Englund JA, et al. Pediatrics 2005;115:1039-47).
Nello
studio attuale gli autori hanno esaminato se la somministrazione di
una dose in primavera del vaccino contro l'influenza, preparato
nell'anno precedente, immunizzava i lattanti quando la seconda dose
veniva eseguita nell'autunno successivo, tenendo conto che le due
dosi di TIV contenevano differenti antigeni A/H3N2 e B. I risultati
sono stati confrontati per l'immunogenicità con quelli
ottenuti con due dosi di TIV contenenti gli stessi antigeni,
somministrate come di regola, a distanza di un mese l'una
dall'altra, nell'autunno dello stesso anno.
Bambini
sani, nati fra il primo novembre 2002 e il 31 dicembre 2003 sono
stati reclutati in primavera e sono stati assegnati a caso a un
gruppo che seguiva la schedula alternativa (una dose a primavera +
una dose in autunno successivo, con vaccini contenenti antigeni
diversi) e a un gruppo che seguiva la schedula standard in autunno
con due dosi dello stesso vaccino.
La
reattogenicità venne stabilita secondo i diari tenuti dai
genitori e con la sorveglianza telefonica. Venne prelevato del sangue
dopo la seconda dose di vaccino trivalente in tutti i bambini e dopo
la prima dose di vaccino nel gruppo vaccinato in autunno.
L'obiettivo
dello studio è stato quello di dimostrare la non inferiorità
della risposta anticorpale dopo la schedula che prevedeva la
somministrazione in primavera in confronto alla schedula standard
autunnale, nonostante si trattasse di vaccini diversi. La non
inferiorità si è basata sulla proporzione di soggetti,
in ogni gruppo, con valori del titolo di anticorpi inibenti
l'emoagglutinazione ≥ 1:32 di due dei tre antigeni (H1N1, H3N2 e
B), contenuti nel vaccino 2004-2005.
Un totale
di 468 bambini venne assegnato a caso al gruppo primavera (233
bambini) o al gruppo autunno (235 bambini) allo scopo di ricevere il
vaccino inattivato trivalente contro l'influenza.
Vennero
notate eccellenti percentuali di risposte al vaccino A/H1N1, con un
livello anticorpale ≥ 1:32, sia nel gruppo primavera (86%) che nel
gruppo autunno (93%). La percentuale di risposta all'H1N1 nel
gruppo primavera non fu inferiore al gruppo autunno. La non
inferiorità nel gruppo primavera non era tuttavia presente
verso gli altri due antigeni dell'influenza: per l'A/H3N2 la
risposta fu del 70% nel gruppo primavera versus l'83% per il gruppo
autunno, mentre la risposta al vaccino B fu del 39% in primavera e
dell'88% nel gruppo autunno.
Dopo due
dosi di vaccino, il titolo medio geometrico di anticorpi fu ancor
meno elevato nel gruppo primavera sia per gli antigeni A/H3N2 che B.
Per ognuno del 3 antigeni del vaccino, i titoli medi geometrici di
anticorpi per il gruppo primavera versus il gruppo autunno furono
rispettivamente:
- Per A/H1N1 79,5 ± 3,3 e 91,9 ± 2,6
- Per A/H3N2 57,1 ± 4,1 e 77,8 ± 3,7
- Per B 18 ± 2,4 e 61,6 ± 2,5
D'altra
parte una proporzione, significativamente più elevata, di
bambini nel gruppo primavera presentarono livelli potenzialmente
protettivi di anticorpi verso tutti e 3 gli antigeni, dopo la prima
dose autunnale del vaccino inattivato trivalente contro l'influenza,
in confronto ai bambini del gruppo autunno che avevano ricevuto solo
la prima dose.
Per
l'influenza A/H1N1 è stato trovato un livello anticorpale ≥
1:32 nel 86% dei bambini nel gruppo primavera contro il 55% dei
bambini nel gruppo autunno. Ugualmente per l'influenza A/H3N2 , il
70% in primavera e il 47% dei bambini nel gruppo autunno hanno
livelli anticorpali ≥ 1:32; per l'influenza B, le proporzioni
furono del 39% per i bambini del gruppo primavera e del 16% dei
bambini nel gruppo autunno.
La
reattogenicità dopo la somministrazione del vaccino trivalente
inattivato fu minima in ambedue i gruppi di bambini e non cambiò
a seconda della dose.
Mentre la
risposta immune allo stesso antigene A/H1N1, usato in primavera e in
autunno, fu simile in ambedue i gruppi, la vaccinazione con
differenti antigene A/H3N2 e B in primavera ha prodotto una risposta
immune più bassa per tutti e due gli antigeni in confronto ai
livelli ritrovati in bambini che avevano ricevuto lo stesso tipo di
vaccino in autunno. Tuttavia, ~ 70% dei bambini del gruppo primavera
ha una risposta protettiva all'antigene H3N2 dopo due dosi.
L'inizio della vaccinazione contro l'influenza in primavera fu
superiore a 1 dose di vaccino inattivato contro l'influenza in
autunno.
Gli
Autori concludono che l'obiettivo di dare due dosi di vaccino
contro l'influenza a distanza di un mese l'una dall'altra, in
bambini mai vaccinati in precedenza, all'interno della stessa
stretta stagione influenzale, è una sfida non ancora risolta:
soltanto circa la metà dei bambini da 6 mesi a 23 mesi di età
hanno ricevuto il vaccino contro l'influenza. Usando la schedula
della dose in primavera, gli autori sono stati capaci di
somministrare due dosi di vaccino inattivato trivalente contro
l'influenza in una proporzione più alta di pazienti nella
prima parte della stagione influenzale.
Negli
anni nei quali vi sia vaccino anti-influenzale a disposizione e il
vaccino avanzi alla fine della stagione, i lattanti che si vaccinano
per la prima volta e che ricevono la prima dose in primavera, hanno
una protezione più elevata e più precoce in un'alta
proporzione di lattanti in autunno. Questa strategia può
essere particolarmente vantaggiosa, secondo gli Autori, quando vi sia
un più precoce inizio della stagione influenzale, come è
avvenuto nel 2003.
La
somministrazione di una prima dose in primavera può anche
offrire, secondo gli autori, altri vantaggi: la maggior parte dei
lattanti mai vaccinati possono non eseguire la seconda dose di
vaccino inattivato contro l'influenza in autunno per la mancanza
improvvisa di vaccino o per altre ragioni, come il potenziale
suggerimento di usare nuovi antigeni. Anche con cambiamenti
stagionali negli antigeni del vaccino contro l'influenza, dando una
dose di vaccino trivalente in primavera, questi bambini sono più
protetti contro l'influenza di bambini che ricevono una sola dose
in autunno.
Insomma,
concludono gli autori, i loro dati suggeriscono che non sono
necessari antigeni influenzali uguali per vaccinare i bambini e che
modalità nuove di uso del vaccino contro l'influenza, come
la somministrazione di una dose in primavera possono portare a una
più precoce e più completa immunizzazione dei piccoli
bambini.
Considerazioni
personali
La
considerazione che mi viene in mente per prima (e quella che mi ha
fatto scegliere questa pubblicazione) è che il vaccino contro
l'influenza, comunque venga somministrato (primavera una dose e
autunno una dose, ovvero due dosi in autunno) è immunogeno e
poco reattogeno, anche in bambini fra i 7 e i 23 mesi. In un momento
in cui circola una relazione Cochrane (Lancet) che afferma che il
vaccino inattivato contro l'influenza nei bambini da 6 mesi a 23
mesi ha un effetto uguale al placebo, una pubblicazione come quella
sopra riportata fornisce un po' di ossigeno ai pediatri, amanti
delle vaccinazioni, anche se non parla direttamente di efficacia, ma
solo d'immunogenicità.
La
proposta di somministrare una dose in primavera e la seconda dose in
autunno, per bambini fra i 7 e i 23 mesi, per le difficoltà
che si incontrano a praticare le due dosi necessarie nel periodo
autunnale pre-influenzale è apparentemente intelligente, ma
cozza contro la realtà: in primavera abbiamo a disposizione il
vaccino della stagione influenzale precedente, che sarà, nella
maggior parte dei casi, differente per almeno uno o due o
eventualmente tutti i componenti, in confronto al vaccino disponibile
in autunno per la stagione influenzale successiva. La pubblicazione
lo dice chiaro: per il tipo H1N1 che è rimasto lo stesso da un
anno all'altro, la risposta anticorpale dopo la dose autunnale è
elevata come quella che si ottiene con due dosi in autunno. Ma per
gli altri due tipi, che erano diversi nei due vaccini (quello della
primavera e quello dell'autunno) la risposta fu un po' inferiore
per uno e molto inferiore per l'altro: di sicuro la differenza fu
minore quando il tipo usato nel vaccino in autunno era poco diverso
da quello usato in primavera, mentre fu più elevata quando le
differenze fra gli antigeni furono maggiori.
Quindi, a
mio parere, il suggerimento di una dose in primavera e di una in
autunno non mi sembra perseguibile, anche se intelligente; i nostri
sforzi debbono invece essere rivolti a eseguire la seconda dose, a
distanza di un mese, nel maggior numero di bambini che hanno
eseguito, per la prima volta nella loro vita, la prima dose della
vaccinazione contro l'influenza. Queste difficoltà d'altra
parte riguardano solo il primo anno di somministrazione del vaccino
anti-influenzale, perché negli anni successivi, e per sempre,
basta una sola dose.
Un altro
punto d'interesse è che il “priming”, attuato con la
prima dose, è ben evidente alla seconda dose, dopo circa 6
mesi, il che sottolinea una volta di più che l'evanescenza
dell'immunità, indotta dalla malattia o dal vaccino,
riguarda solo gli anticorpi di superficie (IgA) e non gli anticorpi
circolanti (IgG): ancor oggi, in qualche soggetto molto vecchio,
sopravvissuto alla spagnola del 1918-1919, sono ancora presenti gli
anticorpi specifici. Da tutto questo deriva il concetto di
“biblioteca anticorpale”, che ognuno porta con sé durante
tutta la vita e che aumenta anno dopo anno per la malattia o per le
vaccinazioni. Ecco perché il vecchio si ammala 10 volte più
di rado (anche se in maniera più grave) del bambino dei primi
anni, che d'altra parte (naïve nei confronti del virus
dell'influenza) si ammala più spesso (ma fortunatamente in
modo lieve) e che viene considerato oggi come “l'untore”.
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