Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
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Pediatria per l'ospedale
Trombosi
delle vene e dei seni cerebrali
(Parte
seconda)
Membro
della Commissione Nazionale Vaccini
Indirizzo
per corrispondenza: bartolozzi@unifi.it
Diagnosi
Nonostante
l'estrema
variabilità del quadro clinico, la diagnosi di trombosi
delle vene e dei seni cerebrali deve essere sospettata quando insorga
all'improvviso una cefalea inusuale o sintomi stroke - simili in
assenza di fattori di rischio vascolare, in pazienti con segni
d'ipertensione intracranica e in pazienti con infarti cerebrali
multipli. Nonostante tutto questo, l'intervallo minimo fra l'inizio
dei sintomi e la diagnosi è ancora di 7 giorni.
L'esame più
sensibile rimane la RM, in combinazione con la venografia. Se la RM
non fosse disponibile, la tomografia computerizzata (CT) può
risultare ugualmente utile per l'esame iniziale, anche se è
possibile avere dei falsi negativi. Se il sospetto è motivato
e la RM e TC sono negative, può essere utile un'angiografia
cerebrale.
Trattamento
L'associazione
di un improvviso aumento della pressione intracranica con un esteso
infarto venoso è molto pericolosa per la vita.
La priorità
del trattamento nella fase acuta è quella di stabilizzare
le condizioni del paziente e di prevenire o ridurre
l'erniazione cerebrale. Per questo va somministrato mannitolo
per via venosa; in alternativa è opportuno attuare la
rimozione chirurgica dell'infarto cerebrale o la decompressione
mediante emicraniectomia. Non è stato ancora accertato se la
somministrazione di corticosteroidi risulti utile in fase acuta.
Vanno ricercate la varie cause di trombosi e, se risulta in gioco
un'infezione, essa va correttamente trattata.
Anticoagulanti
Il più
ovvio tipo di trattamento si basa sulla somministrazione di
anticoagulanti, come l'eparina, per arrestare il fenomeno
trombotico e prevenire l'embolia polmonare, che può
complicare la trombosi dei seni. Nonostante queste premesse, il
trattamento anticoagulante ha sollevato molte controversie per la
tendenza dell'infarto venoso a divenire emorragico: tuttavia, circa
il 40% di tutti i pazienti con trombosi dei seni ha un infarto
emorragico, anche prima che sia iniziato il trattamento
anticoagulante.
Tre
piccole ricerche hanno messo in evidenza un beneficio, non
statisticamente significativo, del trattamento anticoagulante nei
confronti del placebo. La ragione principale che ha posto in
discussione l'utilizzo dell'eparina nel trattamento della
trombosi dei seni riguarda il suo profilo di sicurezza. Sebbene le
prove sopra ricordate abbiano incluso pazienti che avevano avuto
infarti emorragici prima del trattamento, nessuno di questi sviluppò,
dopo il trattamento con eparina, un aumento dello stravaso emorragico
o una nuova emorragia. Nel frattempo, due casi di embolia polmonare
si verificarono nel gruppo placebo. Oggi la maggior parte dei
neurologi inizia il trattamento con eparina immediatamente dopo la
diagnosi, anche in presenza di infarti emorragici. Questo tipo di
trattamento è stato utilizzato nell'80% di 624 pazienti,
raccolti in una recente ricerca prospettica. In questo studio il 79%
dei pazienti guarì, l'8% presentò lievi handicap, il
5% rimase fortemente handicappato e l'8% morì. Non ci sono
studi sul trattamento con i vari tipi di eparina ma, nella trombosi
delle vene delle gambe, l'eparina di basso peso molecolare,
sottocute, ha causato meno sanguinamenti dell'eparina per via
venosa, avendo una efficacia antitrombotica simile.
La durata
ottimale del trattamento anticoagulante per bocca è
sconosciuta. Trombosi ricorrenti dei seni si hanno nel 2% dei
pazienti, mentre il 4% ha un evento trombotico extracranico entro un
anno. Usualmente gli antagonisti della vitamina K sono dati per 6
mesi dopo un primo episodio di trombosi dei seni; il trattamento
viene eseguito più a lungo in presenza di fattori
predisponenti.
Trombolisi
Può
essere tentata la trombolisi endovascolare mediante la
somministrazione di un enzima trombolitico, usualmente l'urochinasi,
introdotto nel seno, qualche volta in combinazione con l'aspirazione
meccanica del trombo. Trattandosi di esperienze in singoli casi, è
impossibile concludere che i risultati associati alla trombolisi
endovascolare siano superiori a quelli dell'eparina per via
generale. Finché non siano disponibili altre esperienze, la
trombolisi endovascolare può essere applicata unicamente nei
centri nei quali lo vi sia un'esperienza nella radiologia
interventistica; d'altra parte questo tipo di trattamento va
riservato a pazienti che abbiano una cattiva prognosi.
Ipertensione
intracranica
Se non ci
sono controindicazioni, come un largo infarto o vaste emorragie,
viene sempre eseguita una puntura lombare per misurare la pressione
liquorale. Oltre che abbassare la pressione intracranica, il primo
scopo del trattamento è quello di combattere la cefalea e di
ridurre l'edema papillare.
L'acetazolamide
per bocca (500 o 1000 mg al giorno) può ridurre
l'ipertensione intracranica. Spesso, se efficace e ben tollerato,
questo farmaco può essere somministrato per settimane o mesi,
come è stato visto in pazienti con ipertensione endocranica
idiopatica. Se le punture lombari e l'acetazolamide non controllano
la pressione intracranica entro due settimane, è indicato il
drenaggio chirurgico del liquor, utilizzando un'anastomosi
lombo-peritoneale. Se il campo visivo si modifica, va presa in
considerazione la finestrazione del nervo ottico. Entrambe le
procedure sono accompagnate da complicazioni e non si sa se esse
portino a risultati di lungo termine.
Concludendo,
importanti progressi sono stati compiuti nella conoscenza dei
meccanismi fisiopatologici della trombosi dei seni. Essa, tuttavia,
rimane un impegno diagnostico che può accompagnarsi ad
alterazioni permanenti o a morte, anche se il miglioramento della
diagnosi e del trattamento portano oggi a un eccellente prognosi per
la maggioranza dei pazienti.
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