Rivista di formazione e aggiornamento di pediatri e medici operanti sul territorio e in ospedale. Fondata nel 1982, in collaborazione con l'Associazione Culturale Pediatri.
Febbraio 2006 - Volume IX - numero 2
M&B Pagine Elettroniche
Appunti di Terapia
Trattamento
della leucemia linfoblastica acuta
Membro
della commissione nazionale vaccini
Indirizzo
per corrispondenza:bartolozzi@unifi.it
Di
recente è comparsa una revisione sul trattamento della
leucemia linfoblastica acuta, a opera di pediatri del mitico Jude
Children's Research Hospital di Memphis (Pui C-H, Evans VE.
Treatment of acute lymphoblastic leucemia. N Engl J Med 2006,
354:166-178).
Circa 500
casi di leucemia linfoblastica acuta (LLA) si verificano ogni anno in
Italia in soggetti in età inferiore ai 14 anni: è
questo il più comune tipo di cancro in soggetti di queste età.
L'uso
appropriato di farmaci antileucemici iniziò nel lontano 1950 e
si sviluppò progressivamente per tutti gli anni '80. Durante
gli anni '90 la percentuale di sopravvivenza a 5 anni, libera da
segni e sintomi, passò nei paesi sviluppati dal 70% all'83%.
I risultati degli ultimi anni suggeriscono che una guarigione può
essere raggiunta in una percentuale vicina al 90%.
Sfortunatamente
l'esperienza con la LLA nell'adulto è meno favorevole,
raggiungendo la guarigione soltanto nel 40% dei casi.
Fattori
che predicono la prognosi
Il
progressivo miglioramento del trattamento ha annullato l'importanza
prognostica di molte variabili cliniche e biologiche che nel passato
erano tenute in grande considerazione
Per
esempio le LLA a cellule T e le LLA a cellule B mature del bambino,
una volta associate a prognosi infausta, hanno una percentuale di
guarigione del 75-80% con un trattamento appropriato.
L'età
e il numero dei leucociti al momento della diagnosi continuano a
essere un forte indicatore prognostico, principalmente nei pazienti
con LLA da precursore delle cellule B. In questo sottogruppo un'età
fra 1 e 9 anni e una conta leucocitaria inferiore a 50.000 (50 x 109
per litro) usualmente comportano una definizione di malattia a
rischio standard.
Inoltre
le anomalie genetiche primitive delle cellule leucemiche hanno un
profondo significato prognostico. Nelle LLA da precursori delle
cellule B, l'iperdiploidia (più di 50 cromosomi per cellula
leucemica) e una traslocazione 12/21 con gene di fusione TEL-AML1,
indicano una prognosi altamente favorevole. Casi nei bambini con
trisomie 4, 10 e 17 possono avere una prognosi particolarmente
favorevole. Una ipodiploidia (meno di 45 cromosomi per cellula
leucemica) presente in meno dei 2% dei casi pediatrici, conferisce
una cattiva prognosi. Una cattiva prognosi è anche associata
con la traslocazione 4/7 con gene di fusione MLL-AF4, presente in
circa il 50% dei casi in lattanti e nel 2% dei casi in bambini;
prognosi simile nella traslocazione 9/22 con fusione BCR-ABL,
presente nel 3% dei bambini.
L'età
influenza la prognosi di queste alterazioni genetiche: fra i pazienti
da 1 a 9 anni con traslocazione 9/22 si ha migliore prognosi che
negli adolescenti e negli adulti.
Anche
fattori riguardanti l'ospite possono influenzare l'efficacia del
trattamento. Con lo stesso dosaggio di metotrexate o di
mercaptopurina, il ridotto accumulo di metabolici attivi nelle
cellule leucemiche, dovuto a un metabolismo attivo, viene comunemente
associato a una cattiva prognosi. La concomitante somministrazione di
alcuni anticonvulsivanti (come fenitoina, fenobarbital e
carbamazepina) aumentano in modo significativo la clearance dei
farmaci antileucemici, inducendo la sintesi di enzimi del gruppo
citocromo P-450, che possono interferire con l'efficacia del
trattamento. Per questa ragione si preferisce usare altri
anticonvulsivanti (gabapentin o acido valproico) che è meno
facile che inducano l'attività di questi enzimi.
Il
polimorfismo genetico nei geni che codificano gli enzimi che
metabolizzano i farmaci, li trasportano o che codificano i loro
recettori, è responsabile di ampie differenze fra i pazienti
in termini di disponibilità dei farmaci e di effetti
farmacologici. Pazienti che ereditino una insufficienza omozigote o
eterozigote della tiopurina metiltransferasi, l'enzima che
catalizza l'inattivazione della mercaptopurina, sono a un aumentato
rischio per effetti tossici ematopoietici, ma tendono a determinare
una miglior risposta al trattamento in confronto a pazienti che non
ereditino questa deficienza, probabilmente perchè essi
ricevono una dose più elevata di mercaptopurina.
La
risposta alla terapia, che riflette la genetica delle cellule
leucemiche e la farmadinamica e la farmacogenetica dell'ospite,
rappresenta una grande forza prognostica, superiore ad altri aspetti
biologici e clinici, studiati fino a oggi. La valutazione della
malattia minima residua, con l'uso sia delle citometria di flusso
che della reazione polimerasica a catena, offre un livello di
sensibilità e specificità che non possono essere
raggiunti attraverso la tradizionale valutazione citologica. Una
malattia residua inferiore a 0,01% durante o dopo i completamento
della terapia iniziale in realtà identifica pazienti con una
prognosi eccezionalmente buona. Al contrario pazienti con un livello
dell'1% o superiore alla fine della terapia iniziale, indicente la
remissione, e quelli con un livello di 0,1% o più in un
periodo successivo, hanno una più alta incidenza di ricadute.
Gli autori trattano correntemente quelli che hanno un livello di
leucemia resisua di 0,01% o più dopo 6 settimane di terapia
inducente la remissione, con un trattamnento intensivo, un
comportamento che migliora la prognosi nei pazienti che hanno una
scarsa precoce risposta, secondo i criteri morfologici.
Fattori
che fanno prevedere effetti tossici in seguito al trattamento
In
seguito al continuo miglioramento nelle percentuali di sopravvivenza,
il principale obiettivo nei protocolli clinici è stata la
riduzione degli effetti collaterali gravi, precoci e tardivi, in
seguito al trattamento.
Sono
stati così evitati o sono stati ridotti come dosaggio farmaci
con evidenti effetti carcinogenici o con conseguenze tossiche sugli
organi principali, in pazienti portati di LLA a rischio standard. A
volte sono stati aggiunti al trattamento potenzialmente tossico,
agenti che contrastano gli effetti sfavorevoli di questi farmaci
antileucemici.
D'altra
parte è conoscenza comune che le reazioni tossiche alla
terapia sono influenzate da molti fattori, come l'età, il
sesso, la razza, la farmacogenetica. Per esempio le infezioni, che
mettono in gioco la vita e l'insufficienza di organi sono più
facili da presentarsi nei pazienti più vecchi e nei pazienti
più giovani. Inoltre gli adolescenti sono a rischio aumentato
di sviluppare osteonecrosi, iperglicemia, mucosità, tiflite e
di morire per infezione. Per tali ragioni fra le strategie per
ridurre gli effetti tossici vi è la riduzione delle dosi di
vincristina nei lattanti, l'evitare l'irradiazione intracranica
nei piccoli bambini, nelle ragazze e nei pazienti con
atassia-teleangectasia, oppure la riduzione delle dosi di metotrexato
in pazienti con sindrome di Down. Valutanto che il 10% dei pazienti
ha una deficienza della tiopurina metiltransferasi, è stata
abbassata la dose di mercaptopurina per ridurre il rischio di
mielopatia acuta e lo sviluppo tardivo del secondo cancro.
Trattamento
In
seguito al riconoscimento che la LLA è una malattia
eterogenea, è stato adottato un trattamento diverso a seconda
del fenotipo, del genotipo e del rischio di ciascuna di esse. Per
esempio la LLA a cellule B mature è il solo sottotipo che
viene trattato con chemioterapia intensiva di breve durata. Per tutti
gli altri pazienti , il tipo di trattamento è diverso, anche
se complessivamente è a favore di una terapia che induca la
remissione in seguito all'intensificazione (o il consolidamento)
del trattamento e preveda la sua continuazione per eliminare la
leucemia residua. La terapia diretta al sistema nervoso centrale
inizia precocemente e viene continuata per vari periodi di tempo, a
seconda del rischio di ricaduta del paziente, dell'intensità
del trattamento generale e se l'irradiazione del cranio sia stata o
meno eseguita. Deve essere sottolineato che l'effetto dei singoli
farmaci, nel complesso di un trattamento combinato, dipende dal
dosaggio, dalla schedala di somministrazione e dal tipo di farmaci
usati.
Lo scopo
della terapia che induce la remissione è quello di
eradicare più del 99% del carico iniziale delle cellule
leucemiche, di riportare al normale l'ematopoiesi e lo stato delle
normali attività.
Questo
stadio del trattamento quasi sempre include la somministrazione:
- di un glicocorticoide (prednisone, prednisolone o desamatazone) ,
- di vincristina e
- di almeno uno degli altri agenti (usualmente asparaginasi, un'antraciclina o ambedue).
I bambini
con LLA ad alto rischio o a molto alto rischio e quasi tutti i
giovani adulti con LLA ricevono 4 o più farmaci durante la
terapia d'induzione della remissione. In tal modo le percentuali di
completa remissione hanno raggiunto circa il 98% nei bambini e l'85%
negli adulti. Una più intensa terapia induttiva può non
essere necessaria nei bambini con LLA a rischio standard, quando essi
ricevano un'adeguata intensificazione della terapia post-induzione.
Una terapia aggressiva iniziale può infatti portare a
un'aumentata morbilità e mortalità.
Probabilmente
per la sua penetrazione nel sistema nervoso centrale e la sua lunga
emivita, l'uso del desametazone nella terapia induttiva e
post-remissione, sembra offrire il migliore controllo a livello del
sistema nervoso centrale e di tutto l'organismo, sia in confronto
con il prednisone che con il prednisolone.
Quando
l'ematopoiesi sia è normalizzata, i pazienti in remissione
sono candidati alla terapia d'intensificazione (o di
consolidamento). In questa fase il trattamento della LLA prevede
il metotrexato (ad alte dosi) con mercaptopurina, alte dosi di
asparaginasi, data per un periodo prolungato e un trattamento di
reinduzione. L'uso di un regime non esclude l'uso di un altro,
per cui in soggetti LLA ad alto rischio e ad altissimo rischio può
risultare utile l'utilizzo di tutti questi schemi terapeutici.
L'suo
di metotrexato a dosi molto alte migliora la prognosi dei pazienti
con LLA. L'uso intensivo di asparaginasi durante il periodo
postinduzione ha determinato eccellenti risultati con relativamente
bassa morbilità, specialmente in termini di complicazioni
trombotiche e di iperglicemia, che hanno impedito l'uso
dell'asparaginasi durante il periodo d'induzione della
remissione, quando vengono usati i corticosteroidi. Ci sono molte
forme di asparaginasi, ognuna con un suo profilo farmacocinetico e
quindi da usare con differenti dosaggi: in termini di controllo della
leucemia, l'intensità della dose e la durata del trattamento
con asparaginasi hanno più importanza del tipo di asparaginasi
usata: un trattamento della durata di 25-30 settimane è
risultato migliore di uno di durata inferiore alle 25 settimane.
Lareinduzione (essenzialmente una ripetizione della terapia
iniziale) è divenuto un componente importante dei protocolli
efficaci di trattamento della LLA. E' interessante notare che
l'aggiunta di vincristina e di prednisone dopo un trattamento di
reinduzione non è risultata efficace, suggerendo che i
miglioramenti osservati sono dovuti all'aumento della dose degli
altri agenti, come l'asparaginasi.
Il
trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche è
l'ultima forma d'intensificazione del trattamento. Questa
procedura migliora la prognosi degli adulti con LLA con traslocazione
4/11; se essa sia utile anche nei lattanti con lo stesso genoma
rimane ancora poco definito.
I
pazienti con LLA in generale richiedono che vi sia un
prolungamento della terapia. Tentativi di accorciare la durata
della chemioterapia moderatamente intensiva a 12-18 mesi o meno hanno
portato a scarsi risultati sia nei bambini che negli adulti. Sebbene
ormai sia chiaro che i due terzi dei bambini siano curabili con un
trattamento di soli 12 mesi, non è ancora possibile
identificare questo sottogruppo. Per tale motivo i pazienti sono
trattati per due anni o più.
Una
combinazione di metotrexato, somministrato settimanalmente, e di
mercaptopurina, data giornalmente, costituisce la base delle maggior
parte dei regimi continuativi di trattamento. La maggior parte degli
studiosi desidera mantenere il numero dei globuli bianchi al di sotto
dei 3.000/mmc, durante la terapia di mantenimento.
La
mercaptopurina è più efficace quando venga
somministrata alla sera invece che al mattino. Essa non deve essere
data con il latte e con derivati del latte che contengano xantina
ossidasi, che può rendere inefficace il farmaco. La
somministrazione settimanale per via venosa a dosaggio più
elevato è inefficace e può quindi comportare una
prognosi peggiore. I meriti del trattamento orale in confronto a alla
somministrazione parenterale di metotrexato sono incerti, ma questo
ultimo metodo di somministrazione supererebbe i problemi di
biodisponibilità e di scarsa compliance. L'elevazione dei
livelli di aminotransferasi durante il trattamento continuativo di
antimetaboliti, sembra essere causato dai metaboliti metilati della
mercaptopurina, per cui si risolve prontamente dopo la sospensione
della terapia e si correla con una prognosi buona. In assenza di
altre prove di grave tossicità epatica o di epatite virale, in
generale non è necessario sospendere o ridurre la dose durante
la continuazione della chemioterapia.
I fattori
associati a un aumentato rischio di ricadute nel sistema nervoso
centrale sono rappresentati da:
- Aspetti genetici ad alto rischio
- Immunofenotipo delle cellule T;
- Elevato numero di cellule leucemiche;
- Presenza di cellule leucemiche nel liquido cerebro-spinale.
Poiché
l'irradiazione del cranio può causare la maggior parte delle
complicazioni acute e croniche, incluso il secondo cancro, deficit
neurocognitivi tardivi ed endocrinopatie, essa è stata
sostituita dalla chemioterapia intratecale e generale.
Nella
maggior parte delle prove cliniche l'irradiazione è ancora
raccomandata per i pazienti ad altissimo rischio di ricaduta, come
quelli con leucemia del sistema nervoso centrale o quelli con LLA da
cellule T, specialmente con conta leucocitaria di più di
100.000 cellule/mmc. Gli autori stanno provando a riservare
l'irradiazione a quei pazienti che presentano una ricaduta. Che la
irradiazione del cranica sia eseguita o meno, il trattamento
intratecale deve essere somministrati nel migliore dei modi, facendo
attenzione a prevenire le punture lombari traumatiche, specialmente
alla diagnosi, quando la maggior parte dei pazienti ha un numero
elevatondi cellule leucemiche circolanti. A questo scopo i pazienti
con diagnosi di leucemia del testicolo, possono evitare
l'irradiazione del testicolo se viene somministrata una
chemioterapia sistemica.
Il
futuro
Il futuro
del trattamento della leucemia risiede nella definizione
dell'alterazione molecolare che costituisce la patogenesi della
malattia e nell'ulteriore delucidazione dei fattori farmacogenetici
dell'ospite.
Sebbene
non indirizzate a livello molecolare, sono state preparate molte
nuove formulazioni dei farmaci esistenti, per migliorarne l'efficacia
e ridurre gli effetti tossici dei composti. L'asparaginasi per
esempio è stata modificata, passando dal legame covalente al
monometossipolietilenglicol che aumenta la sua emivita e riduce
l'immunogenicità. La somministrazione di vincristina e
daunomicina in forma liposomiale diminuisce la neurotossicità
e la carditossicità.
Gli
anticorpi monoclinali (rituximab, gemtuzumab ozogamicina, alemtuzumab
ed epatruzumab) sono stati aggiunti ai regimi antileucemici per la
loro attività verso alcuni antigeni associati alla leucemia.
Infine recenti innovazioni in immunologia hanno portato
all'immunoterapia cellulare adottiva.
Tutti
insieme questi miglioramenti in un prossimo futuro potranno portare
la percentuale di guarigione delle LLA del bambino a più del
90% e quelle dell'adulto a più del 50%.
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